lunedì 20 maggio 2024

Cap. 22 - La saggezza arriva con l'età ( in italiano)


Felipe era sempre stato un uomo attivo. Quando abitava a L'Avana spesso andava a piedi al porto, portava con sé una scatola di acquerelli, un quaderno e un libro, ma con il passare degli anni cominciò a ritagliarsi dei momenti di tranquillità a casa. Dopo la passeggiata mattutina, si sedeva in giardino, dove si sentiva a suo agio, a volte leggeva, altre contemplava a lungo le piante e gli alberi.
Una mattina chiuse gli occhi e ricordò il giorno in cui lui e Olivia si erano recati per la prima volta alla tenuta Bonanza, entrambi erano rimasti immobili a guardare la facciata di quella che sarebbe stata la loro casa. Il cancello di ferro era scardinato, il giardino malandato e invaso da erbacce, il viale che conduceva alla porta d'ingresso della villa era infangato e pieno di tronchi di alberi caduti, che dovettero spostare da una parte per poter passare. Alcuni dei fusti legnosi erano marci, altri secchi, e i pochi rimasti in piedi erano soffocati dalle vigorose piante rampicanti che crescevano intorno alla corteccia, lottando per avere il sopravvento. Delle stalle e dei recinti rimanevano solo muri fatiscenti. A fatica riuscirono ad aprire la porta della villa, che era stata danneggiata dai colpi di fucile dei soldati spagnoli, in cerca di combattenti indipendentisti. Il corridoio puzzava di muffa e quando entrarono nel salotto e nelle stanze del piano terra scoprirono che tutto era in rovina: i vetri delle finestre rotti, i cardini delle porte scricchiolavano, le pareti scrostate e macchiate dall'umidità, i mobili ammassati in un angolo, la tappezzeria sporca e i caminetti anneriti da innumerevoli strati di fuliggine. Le scale erano prive di gradini, il tetto delle camere era crollato in alcuni punti e i pochi mobili rimasti erano rovinati.
Quando quel giorno Felipe riaprì gli occhi, dopo aver guardato i cespugli e gli alberi che Olivia e il giardiniere avevano piantato, si alzò per abbracciare il noce, chiudere gli occhi e abbracciare gli alberi era un gioco che faceva con suo padre quando era bambino, poi raccolse un rametto di rosmarino, lo portò vicino al naso, lo annusò e si domandò:

- Perché noi umani siamo così disattenti, fermandoci poche volte a guardare, annusare e toccare ciò che abbiamo intorno a noi?
A volte uno dei gatti della fattoria gli si avvicinava e lui lo accarezzava. La prima volta che Mariano lo vide con un gatto in grembo, gli disse:
- Non posso crederci, non hai mai accarezzato i gatti, li hai sempre scacciati!
- La saggezza arriva con l'età, commentò Felipe con un sorriso.

Anche Olivia era diventata più casalinga, ma da qualche mese si comportava in modo strano, stava perdendo la memoria del passato recente. Cominciò a dimenticare le faccende in cucina e i nomi delle cose. Non ricordava più come si chiamava il postino, il bottegaio e il medico del villaggio. Quando si rendeva conto delle sue lacune, si arrabbiava con se stessa. Il suo dolce carattere si inacidì.
Un giorno implorò Felipe:
- Aiutami a fuggire da qua, voglio andare a casa mia.
- Olivia, dove vuoi andare? Ma questa è la tua casa.
- Lontano, mi stanno spiando.
- Vieni qui, al mio fianco, io ti proteggerò. Tu hai messo su questo giardino da zero. Quegli alberi sono i tuoi, abbracciali.
Olivia circondò le braccia intorno a un albero e piano piano si calmò.
- Stavo pensando di andare alla fattoria Esperanza per portare delle banane e alcuni avocado, vuoi venire con me?
- Sì, voglio andarmene da qui, disse.
- Andiamo a piedi, se te la senti, o forse preferisci andare in macchina?
- Preferisco camminare. Aspettami, prendo il cappello di paglia.
Fin dai primi sintomi della malattia di Olivia, Felipe cercava ogni mattina di portarla a fare una passeggiata, nel pomeriggio le dettava dei brani per farla scrivere, e ogni sera le leggeva ad alta voce un capitolo di uno dei suoi romanzi preferiti. Spesso nel pomeriggio, dopo la siesta, quando Olivia apriva la scatola del cucito e si sedeva in cortile a rammendare calze e calzini, Felipe usciva di nuovo di casa. Lasciava la moglie con Fausta, una vecchia mulatta, vedova di guerra, che era stata ospitata nella loro casa de L'Avana. Era molto affettuosa con Olivia e andava d'accordo con gli altri lavoratori della villa. La coppia non aveva mai avuto domestici, ma da quando vivevano in campagna avevano assunto un giardiniere e una cuoca.
Felipe avrebbe voluto che Mariano uscisse di più, poiché da quando aveva compiuto ottant'anni lo sentiva un po' triste, aveva perso l'entusiasmo per gli incontri con i suoi compaesani catalani e aveva meno interesse per la politica, per questo andava a prenderlo in carrozza, lo portava a fare un giro e al ritorno lo invitava a casa sua per uno spuntino, in modo che Olivia lo vedesse più spesso e non si dimenticasse di lui.
Mariano si faceva portare a spasso dall'amico e si rilassava seduto nel cortile della villa Bonanza. La cuoca serviva loro una tazza di caffè con pasticcini e un vassoio di frutta, ma lui preferiva limonata con lo zucchero.
- Su, Olivia, vai a prendere la limonata per Mariano.
Olivia portava loro una brocca di spremuta di limone e si sedeva di nuovo con loro. - Cosa mi racconti oggi, Olivia? le domandava Mariano.
Lei cominciava a parlare di eventi lontani nel tempo, ricordando minuziosamente aneddoti della sua infanzia nelle baracche della piantagione, ma spesso ripeteva le stesse cose.
Un pomeriggio, mentre Olivia era intenta a prendere il bucato steso al sole, disse ai due uomini:

- Mia zia Paca mi ha detto che quelle donne hanno subito un incantesimo maligno.
- Quali donne?
- La signora Vila, la moglie del padrone della piantagione e le sue tre figlie.
- Di quale maledizione stai parlando?
- La loro crudeltà e cattiveria nei confronti degli schiavi neri farà cadere loro i capelli e diventeranno calve, disse Olivia.
- Tua zia aveva ragione, erano donne perfide. Paca cantava molto bene, vero? Dai Olivia, raccontaci di tua zia, disse Felipe.
- Voglio andare nella sua capanna!
- Olivia, tua zia non sta più nella piantagione di canna da zucchero dei Vila. Adesso tutti abitiamo qua, questa è la nostra casa....Vuoi che ti aiuti a sistemare il bucato?
- No, ho finito, adesso darò i panni a...- rimase in silenzio per qualche secondo, cercando nella sua testa il nome di Fausta -... a quella donna, perché mi aiuti a stirarli, rispose Olivia, entrando in casa.
Dopo qualche minuto sentirono Olivia cantare e si guardarono felici di sentirla canticchiare una canzone della sua infanzia.
Poi i due amici udirono la voce affettuosa di Fausta che diceva a Olivia:
- Olivita mia, finiamo di mettere a posto i panni, mi aiuti?
Felipe accese la radio, il telegiornale iniziò a trasmettere le notizie dei combattimenti della prima sanguinosa battaglia della guerra civile spagnola, la battalla Irún. I due rimasero a lungo in silenzio, ascoltando la radio e pensando a quanto fossero terribili i combattimenti che si svolgevano di casa in casa, uccidendosi tra fratelli e vicini. Alla fine del notiziario Felipe spense la radio e disse:
- Il Frente Popolar è una coalizione di sinistra troppo eterogenea, dato che ci sono al suo interno partiti con approcci molto diversi: repubblicani, socialdemocratici, liberali, socialisti, comunisti e anarchici. Tutti condividono lo spirito antifascista, ma vedi, i partiti più radicali e quelli più conservatori stanno iniziando a buttarsi i piatti in testa, come se fossero una coppia di sposini.
- Se solo i Nacionales dovessero vincere la guerra a causa della discordia tra i partiti della parte Roja, sarebbe un disastro, rispose Mariano preoccupato.
- Come tu ben sai a me piace scherzare, ma adesso parlando seriamente, devo dirti che temo per le discordie tra i Rojos e quello che mi preoccupa di più è l'appoggio che la Germania e l'Italia stanno dando ai Nacionales.
- Non dire così Felipe, spero che gli aiuti che i Rojos ricevono dall'Unione Sovietica e dal Messico siano sufficienti. Inoltre, ho sentito dire che stanno arrivando molte unità di volontari stranieri, non è vero?
- Sì, le brigate internazionali e le milizie civili stanno aiutando molto e il loro coraggio è da ammirare, ma questa povera gente combatte con armi obsolete. Spero solo che insieme riescano a salvare la Spagna dal fascismo, rispose Felipe.

- La Seconda Repubblica spagnola fu un tentativo illusorio di superare a tempo di record l'arretratezza di due secoli. Le buone intenzioni iniziali si scontrarono con l'intransigenza di alcuni e l'impazienza di altri. La Catalogna, un bastione del nuovo regime, ha sofferto duramente le conseguenze del suo fallimento. Avrei voluto uno Stato federale spagnolo e con una Repubblica catalana all'interno, disse Mariano.
- Sì, ha ragione, la Catalogna ha subito un doppio fallimento, ma non ci pensare, arriverà il giorno in cui la tua amata terra otterrà di nuovo l'autonomia che aveva: elezioni libere, un proprio governo, un presidente della Generalitat, mossos d'esquadra e il catalano insegnato nelle scuole.
- Magari, disse Mariano con tristezza.
-Anch’io lo vorrei, ma le guerre sono lunghe, non so se riusciremo a vedere la fine, ma spero con tutta l'anima di poter festeggiare con te la vittoria della democrazia, in questo o nell'altro mondo, disse Felipe sorridendo.
Un altro pomeriggio, mentre stavano sorseggiando una bevanda fresca sotto il pergolato della villa Esperanza, Mariano cominciò a lamentarsi dei suoi disturbi.
- Non verrò più a trovarti se continui a lamentarti, gli disse Felipe, rimproverandolo.
- Vuoi dire che mi sto lamentando troppo?

- Si, soprattutto quando siamo a casa tua, invece da noi, nel cortile di Olivia non ti sento mai lamentarti. Io capisco che ti dia noia il tuo mal di schiena e camminare con difficoltà, ma devi pensare che io e te siamo ancora vivi e ce la caviamo da soli, mentre ci sono persone della nostra età che giacciono ancora in un letto o al cimitero.
- Sei sempre ottimista, rispose Mariano.
- Mariano, ti ricordi la mia filosofia di vita? Domandò Felipe.
- Sì, uno dei primi giorni in cui ci siamo incontrati, mi hai parlato dei punti fondamentali da seguire per vivere meglio. Vediamo se ricordo!
- Dai, la tua testa riesce ancora a mettersi in moto!
- Uno: dobbiamo apprezzare ciò che ci è stato dato, senza sentirci inferiori nel confrontarci con chi è più ricco o più fortunato di noi - pensò per un attimo e poi tornò all’elenco - due: dobbiamo lottare pacificamente affinché non ci siano tante disuguaglianze nella nostra terra... e tre...
- Ti aiuto, tre: dobbiamo circondarci di persone buone, come te, e stare lontani da egoisti e malvagi, esclamò Felipe.
- Non so se sono stato così buono, ma forse non sono stato nemmeno troppo cattivo, rispose Mariano.
- Per me sei stato il miglior amico che abbia mai avuto. Sei sempre stato e continui a essere una persona ammirevole.
- No siguis pesat, noi, jo no soc tan bo com tu dius! (Non essere noioso, amico, non sono così bravo come dici tu!) rispose Mariano, arrossendo un po'.
- Ricordati che capisco il catalano, gli disse Felipe.

- No fotis! (Non mi dire!), rispose Mariano con una risata.
- Aggiungerei il punto numero quattro: bisogna essere umili, imparare dagli altri, sia direttamente che attraverso i testi. A me i libri hanno salvato la vita, senza di essi sarei morto o sarei un vecchio sfinito. La lettura ci aiuta a superare la gelosia, l'invidia, l'odio, il fallimento, l'egoismo, la sfortuna, la guerra, la disuguaglianza, l'ingiustizia, il lutto, la malattia... e soprattutto la paura della morte.
- Come sei esagerato! - e dopo un minuto di silenzio domandò- ma tu hai paura di morire, Felipe?
- Sì, come tutte le persone, ma più che paura ho curiosità di sapere come sarà l'altro mondo.
- Io ho davvero paura. Ogni volta che vado a Las Ovas o a Pinar del Río, quando sento le campane che suonano per la morte di qualcuno, tiro un sospiro di sollievo, pensando che per fortuna non sono per me, disse Mariano.
- Non essere pessimista, perché non facciamo una cosa?
- Vediamo cosa mi combini questa volta?
- Lasciamo scritto che, quando moriremo, vogliamo essere seppelliti senza alcuna cerimonia, le campane non devono suonare a morte e vorremmo che le persone che ci hanno voluto bene si riunissero per festeggiare quello che abbiamo fatto insieme, nella nostra fattoria, all'aperto, con musica e buon cibo e da bere.

- Mi sbalordisci, ma come sempre sono d'accordo con te. Sarebbe un buon addio. Ci penserò, gli disse Mariano sorridendo.
Mariano e Felipe morirono a distanza di un anno e non furono presenti agli eventi politici che si verificarono in Spagna e a Cuba negli anni successivi: nel 1939, la sconfitta dell'esercito Rojo fu colossale, le ultime città spagnole che sostenevano la Repubblica caddero una dopo l'altra. Francisco Franco prese il potere, s’instaurò una dittatura e molti dei repubblicani e delle loro famiglie dovettero fuggire nel sud della Francia e in Messico. La repressione, l'abrogazione dei diritti e la mancanza di libertà in tutti i campi, la censura, l'abolizione dei partiti politici, la privazione di libere elezioni e la proibizione del catalano, del basco e del galiziano, che divennero lingue silenziate, durarono fino alla morte del dittatore, il 20 novembre 1975.
A Cuba, nel 1940, in elezioni relativamente libere e senza imbrogli, Batista fu eletto presidente. Durante il suo mandato ufficiale, approvò una serie di riforme sociali e iniziò a redigere la costituzione più liberale e democratica di Cuba fino a quel momento. Ma né le riforme liberali né l'ottimismo di Batista durarono a lungo. Dopo le elezioni del 1944 si dimise e passò il potere a Ramón Grau San Martín, ma la corruzione e l'incompetenza trionfarono presto. Batista, consapevole della sua antica popolarità, probabilmente fece un accordo con la mafia statunitense, promettendo di dare loro carta bianca a Cuba in cambio di una percentuale sui profitti del gioco d'azzardo, e si preparò a ritornare. Il 10 marzo 1952, tre mesi prima delle elezioni, in cui Batista sembrava destinato a perdere, organizzò un colpo di Stato militare. Condannato duramente dai politici dell'opposizione all'interno di Cuba, ma riconosciuto dagli Stati Uniti, Batista chiarì subito che la sua seconda entrata in politica non sarebbe stata progressista come la prima: sospese diverse garanzie costituzionali, tra cui il diritto di sciopero.
Dopo il colpo di Stato di Batista, a L'Avana si formò un gruppo rivoluzionario attorno alla figura carismatica di Fidel Castro, avvocato ed eccellente oratore, che cercava di presentarsi alle elezioni, annullate del 1952. Con l'appoggio del fratello minore Raúl e del suo fedele tenente Abel Santamaría, Fidel non vide altra alternativa che l'uso della forza per liberare Cuba dal suo dittatore e il 1° gennaio 1959 rovesciò la dittatura di Batista. Cuba diventò uno Stato socialista e vennero effettuate nazionalizzazioni ed espropriazioni. Negli anni '60 le fattorie Esperanza e Bonanza, come la maggior parte delle proprietà terriere dell'isola, furono espropriate.

Gabriel, il fedele servitore di Mariano, fu un uomo longevo. Dopo la morte dei suoi padroni, lasciò la casetta bianca e andò a vivere a Las Ovas, dopo esserci comprato una casa con i soldi che Mariano gli aveva lasciato in eredità. Gabriel, all'età di settantacinque anni, si stabilì per la prima volta fuori dalla fattoria e iniziò una nuova vita: sposò María del Rosario, una donna mulatta di Pinar del Rio. Un giorno Gabriel le chiese timidamente di sposarlo e lei lo abbracciò, riempiendolo di baci. María del Rosario aveva quindici anni meno di Gabriel, era una donna paffuta e sorridente, si conoscevano da molti anni, perché ogni mese, da quando era rimasta vedova, portava alla fattoria un carretto pieno di legna da ardere. Gabriel era solito recarsi alla fattoria Esperanza a piedi, con un bastone, per visitare i figli e i nipoti dei padroni, che amava come se fossero suoi. Visse serenamente con María del Rosario fino all'età di novant'anni, morì nella sua casa, pochi anni prima del colpo di stato militare di Batista e della Rivoluzione di Fidel Castro.





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