domenica 16 agosto 2020

Tre donne

 

Nina pedalava mentre pensava alle due donne che aveva appena salutato.

- Sono contenta di avere come amiche Francesca e Arianna, con loro mi trovo proprio bene, disse a se stessa sorridendo.

Pedalata dopo pedalata, a Nina vennero in mente, come se fossero dei fotogrammi di un film, alcune scene del passato.

Il primo ricordo era di quindici anni prima, poco dopo la morte della madre, quando Nina era andata a trovare l’anziano padre. Il marito e i figli adolescenti erano rimasti a Firenze. Chiamò le vecchie amiche di scuola e organizzò una cena. Erano anni che non le vedeva, solo con Gaia era rimasta in contatto, si scrivevano e telefonavano spesso.

Fu molto contenta di quell’incontro, soprattutto perché lei e Gaia ripresero a sentirsi con Dora, come quando erano adolescenti.

Quando il padre, alcuni anni dopo, morì, Nina ritornò per alcuni giorni al paese.

Vide Gaia e Dora, molto meno di quello che avrebbe voluto.

Una sera invitò le due amiche a cena e poté chiacchierare con loro nel cortile della vecchia casa. Ricordarono i tempi in cui abitavano in un appartamento con altri studenti a Barcellona. Ognuna tirò fuori degli aneddoti buffi che le fecero piangere, da quanto ridevano. Verso le undici e mezza cominciò a piovere e dovettero sparecchiare in fretta e furia ed entrare in casa.

- Vorrei tanto che le nostre cene durassero tutta la notte, ma purtroppo devo andare via, domani ho una riunione importante, disse, con un tono un po’ triste, Gaia che era diventata una donna in carriera, nonostante l’impegno che le procuravano i suoi vivaci bambini.

- Anch’io devo proprio scappare, domani sarà una lunga coda davanti lo sportello, non ci voglio pensare, disse, con una voce languida, Dora, che lavorava in banca, senza entusiasmo, soprattutto dopo la morte improvvisa del marito.

Mentre attraversava piazza Duomo le vennero in mente le amiche degli anni ottanta, quando si era trasferita a Firenze.

Molte delle sue compagne di Facoltà, una volta finita l’Università, erano tornate al paese d’origine, altre avevano cambiato città per motivi di lavoro, altre erano sparite. Solo Eleonora e Agnese erano rimaste in contatto con lei. Eleonora era andata a insegnare a Grosseto, dove pensava di rimanerci solo un anno, ma alla fine ci si era stabilita definitamente, visto che aveva rotto col fidanzato. Da allora non voleva più sentire parlare di andare a vivere con un uomo.

Agnese invece aveva seguito il marito in Puglia. All’inizio non era del tutto convinta che fosse stata una buona idea allontanarsi dalla Toscana, ma presto si scoprì innamorata dal centro storico della vecchia città portuale, dove avevano una casa. Da allora si sentiva soddisfatta, anche perché nel frattempo aveva intrapreso una bella carriera universitaria.

Era da qualche anno che Nina non vedeva Eleonora e Agnese, ma le tre donne si erano promesse di organizzare ben presto una rimpatriata.

Poi i suoi pensieri volarono verso gli anni novanta, quando nacquero i suoi due figli. In quel periodo conobbe molte donne, nei giardinetti, negli asili nido, nelle scuole materne e nelle scuole elementari, e diventò amica di alcune di loro.

Con le mamme degli amichetti dei figli aveva meno confidenza che con Gaia e Dora, o con Eleonora e Agnese, ma c’era più solidarietà, perché da subito si erano aiutate a vicenda. Soprattutto quando i bambini si ammalavano all’improvviso e le mamme non riuscivano a trovare una baby sitter in tempo. Per fortuna c’era sempre una di loro che non lavorava o lo faceva di pomeriggio e quindi si offriva di accudire il bambino malato.

Due di quelle donne erano straniere. Ivy era inglese e Annie francese. Le tre donne cominciarono a frequentarsi assiduamente e diventarono amiche.

Mentre i bambini giocavano, le donne parlavano fitto fitto, spesso della loro terra e della difficoltà di trovare lavoro. Erano arrivate in Italia per studiare. In seguito si erano sposate con uomini italiani. Dopo molti anni di gavetta tutte e tre erano riuscite a diventare insegnanti in una scuola privata di lingue.

Sia Ivy che Annie, cominciarono piano piano a perdere l’entusiasmo di vivere a Firenze e dicevano ogni tanto a Nina:

- Se potessi, me ne andrei dall’Italia. Quanto mi manca il mio paese!

Nina, invece si era inserita bene a Firenze. Non sentiva troppa nostalgia per la sua terra, tuttavia le piaceva ritornarci una volta l’anno.

Dopo alcuni anni Ivy si trasferì in campagna e Annie ritornò definitivamente in Francia con marito e figli. Nonostante la lontananza le tre donne continuavano a sentirsi.

Nina stava percorrendo Via Ghibellina in bicicletta, quando pensò alle amicizie che aveva fatto nel mondo del lavoro.

Dopo aver vinto il concorso per insegnare nelle scuole superiori, dovette cambiare diverse Istituti e girare per tutta la provincia prima di riuscire a ottenere una cattedra in città. Aveva quasi cinquanta anni quando fu trasferita in una scuola vicino a casa. In tutti quegli anni aveva avuto delle buone colleghe, ma dopo gli innumerevoli trasferimenti, le aveva perse di vista.

Con Flavia e Sara fu diverso, nonostante fossero più giovani di lei e avessero ancora dei figli adolescenti e quindi impegni familiari molto diversi dai suoi, diventarono ben presto sue amiche. Le aveva conosciute meglio un anno in cui tutte e tre furono nominate membri della stessa commissione degli esami di Maturità. Da allora le tre colleghe cominciarono a collaborare e cercavano di aiutarsi quando dovevano affrontare e risolvere problemi sia scolastici che familiari.

Flavia era impulsiva, mentre Sara era più paziente. Le tre donne amavano insegnare, ma non è che parlassero sempre di scuola, cercavano anche di divertirsi insieme. Qualche sera, quando Flavia e Sara potevano lasciare i figli con i mariti, compagni o nonni, le tre donne andavano al cinema insieme.

Era quasi arrivata a casa quando pensò di nuovo a Francesca e Arianna e a come le aveva conosciute pochi anni prima.

Prima di compiere sessanta anni, Nina si era iscritta in palestra, non solo perché vedeva il suo corpo invecchiare, ma anche perché da quando i figli erano andati a vivere per conto proprio, aveva più tempo libero.

In palestra conobbe molte persone. All’inizio si divertiva, ma dopo un anno si era annoiata di seguire le stesse lezioni di ginnastica aerobica o posturale, forse per questo cominciò il corso di yoga.

Dopo qualche mese che faceva yoga conobbe Francesca, la sua dirimpettaia di tappeto e subito dopo Arianna, che si sedeva sempre accanto a Francesca. Entrambe erano di qualche anno più giovani di lei. Qualche volta, dopo la lezione, le tre donne si fermavano all’uscita della palestra a chiacchierare.

Un giorno fissarono per vedersi a cena fuori dall’ambiente della palestra e piano piano cominciarono a conoscersi meglio.

Francesca era sposata e lavorava come grafica pubblicitaria ed era molto estroversa e ridanciana. Aveva il dono di raccontare storie. Essendo altruista di natura, dedicava volentieri un po’ del suo tempo alle persone anziane di famiglia, la madre, la zia e la suocera, a cui dava una mano quando si trovavano in difficoltà; inoltre aveva tante amiche, per questo era piena di aneddoti da raccontare.

Anche Arianna era allegra e chiacchierona. Lei era la più giovane del gruppo e quella che aveva più novità da condividere. Aveva due figlie ventenni ed era separata da diversi anni. Spesso raccontava alle amiche delle sue figlie insoddisfatte, delle due cagne agitate che le distruggevano l’ appartamento e del suo lavoro di giornalista, piuttosto faticoso e stressante, ma soprattutto si dilungava parlando delle sue storie d’amore piuttosto travagliate.

Quella sera avevano deciso di andare insieme in un locale all’aperto, per salutarsi prima delle vacanze estive. Si erano date appuntamento in piazza del Carmine. Tutte tre erano arrivate puntuali.

Dopo aver legato le biciclette in una rastrelliera della piazza andarono a piedi al Giardino della Torretta, così si chiamava il posto dove avevano deciso di mangiare un boccone. Mentre cercavano un tavolo libero, osservarono le persone eleganti, che bevevano e mangiavano. Le tre donne pensarono la stessa cosa:

- Meno male che non abbiamo trovato un tavolo libero, questo ambiente è troppo sofisticato per noi.

Uscirono da quel giardino con un sospiro di sollievo.

Camminarono in silenzio qualche minuto e poi Arianna disse:

- Andiamo dal Vinaio di Via dell’Orto? Fanno delle schiacciate e delle pizze molto buone.

Sia Nina che Francesca dissero che andava bene.

Arrivarono a un locale piccolino dove c’erano quattro tavoli fuori nella strada. Si sedettero nell’unico tavolo libero che trovarono.

Ordinarono tre birre, un piatto di olive e due pizze da dividere, a un cameriere con le braccia colme di tatuaggi. Nina notò che i loro vicini di tavolo, allegri e chiassosi, erano un po’ stravaganti, alcuni con i capelli rasta, altri con piercing al naso e tatuaggi dappertutto. Poi, guardandosi meglio intorno, si resero conto che tutte le persone che frequentavano quel locale erano dei giovani piuttosto alternativi.

A un certo punto, quando Arianna stava raccontando per filo e per segno come aveva conosciuto il suo ultimo fidanzato, si avvicinò a loro un uomo esile, tra i quaranta e i cinquanta, con una birra in mano e una sigaretta in bocca e disse con un sorriso sarcastico:

- Posso sedermi al vostro tavolo a rompervi i coglioni?

- Scusa, adesso stiamo parlando, sarebbe meglio di no, rispose Francesca con un tono gentile, ma deciso.

L’uomo se ne andò verso un gruppo di ragazzi che si erano raggruppati per sentire la musica che proveniva dal piccolo antro. Forse non fu del tutto contento del rifiuto, ma per fortuna bevendo una birra dopo l’altra, ben presto si dimenticò delle tre donne. Dopo, quando entrarono nel locale per pagare, lo videro un po’ perso e barcollante.

Nel salutarsi si dissero che era stata una serata buffa:

- Siamo passate da un ambiente elegante e raffinato a uno strambo e insolito, ma ci siamo divertite un sacco, disse Nina congedandosi dalle amiche.

Nina arrivò a casa verso mezzanotte, lasciò la bicicletta nell’atrio e salì le scale lentamente.

Appena aprì la porta di casa, il marito, che era seduto sul divano, le domandò come era andata la cena e lei rispose:

- E’ stata una serata bizzarra. Aspetta mi cambio e poi ti racconto.

Andò in camera, si levò le scarpe, si spogliò e si mise la camicia da notte.

Mentre si lavava i denti pensò che il numero tre era un numero perfetto:

Tra tre donne c’è sempre intesa, equilibrio, armonia, comprensione, complicità e tanto affetto, si disse, con la bocca piena di dentifricio, guardandosi alla specchio.