giovedì 25 maggio 2023

La traversata atlantica - Cap. 3

 


Varcarono lo Stretto di Gibilterra col mare grosso. Il vento soffiava forte, le onde erano grandi con creste di schiuma bianca. La maggior parte dei passeggeri lasciò il ponte per proteggersi dalla pioggia.

Per molti passeggeri la traversata stava diventando insopportabile e la cabina era l’unico luogo per non farsi vedere in quella brutta situazione. Quelli di prima classe, nei giorni di tempesta, nonostante sapessero che stare rinchiusi all'interno della nave era un modo sicuro per intensificare gli effetti del mal di mare, uscivano raramente dai loro confortevoli alloggi. Quelli di seconda e soprattutto quelli di terza, che dormivano ammucchiati nelle cuccette, invece salivano ogni tanto sul ponte per prendere una boccata d'aria fresca e quindi soffrivano meno di mal di mare e senza dubbio la sala da pranzo della nave era il luogo dove fraternizzare con gli altri viaggiatori e con il Capitano. In quei giorni di pioggia, il farmacista Sarrá e il Capitano conversarono a lungo con Mariano Defaus Moragas, seduti intorno a un tavolo.

Mariano era un ragazzo di bella presenza, non molto alto, di capelli rossicci e con gli occhi azzurri. Nonostante le continue burrasche, trascorreva molto tempo a guardare il mare, protetto dal suo lungo cappotto.
Ci vollero alcuni giorni per raggiungere le Isole Canarie. Nel porto di Santa Cruz de La Palma Mariano vide un gruppo di bambini che stava pescando e che ogni tanto buttava delle pietre e prendeva a calci dei grandi pesci.
- Che tipo di pesci sono? Sono squali? Domandò Mariano al farmacista.
- Non saprei, gli squali stanno lontani dalla costa e cercano sempre di nuotare in acque profonde e aperte, ma di tanto in tanto si avvicinano ai porti.
- E sono pericolosi?
- Non avere paura, è difficile essere attaccati da uno squalo. Quelli lì mi sembrano innocui, potrebbero essere pesci martello.

Appena ormeggiati sul porto di Santa Cruz, il capitano tornò a casa per trascorrere un paio di giorni con moglie e figli e lasciò il comando della nave nelle mani di Miguel Gutiérrez Marín, il giovane primo ufficiale. Prima della partenza, Miguel ottenne un permesso di qualche ora per visitare la madre che viveva in una casupola vicino al molo.
Mariano non scese dalla nave, rimase immobile sul ponte alcune ore, osservando l'andirivieni delle navi nel porto. Passò le lunghe giornate a parlare con Miguel, dato che la maggior parte dei passeggeri, dopo il trambusto del mal di mare, aveva lasciato la nave in modo da godersi la terraferma.
- Come mai trasportano così tante cassette di cipolle?

- Le cipolle vengono coltivate sull'isola da diversi anni e per questo motivo ne vengono trasportate grandi quantità alle Antille spagnole, dove il loro consumo è notevole, rispose Miguel.
- Non avrei mai immaginato un commercio così intenso tra La Palma e Cuba.
- Questo commercio non solo avviene legalmente, ma lascia anche la porta aperta a un po' di contrabbando, in genere la merce viene imbarcata o sbarcata nei piccoli porti del nord dell'isola, ma non dire al capitano che ti ho raccontato tutto questo.
- Non si preoccupi, terrò la bocca chiusa. Suppongo che a Cuba ci siano diversi abitanti provenienti dalle isole Canarie, vero?
- Cuba è zeppa di persone originarie delle Canarie e ti dirò di più, i cubani parlano come noi. Se La Palma è la nostra terra d'origine, Cuba è per molte famiglie di queste isole una patria amata. Lì abbiamo genitori, fratelli e sorelle e amici, che condividono le nostre gioie e i nostri dolori e un sentimento simile si risveglia nei nostri cuori, rallegrandoci per la prosperità di quella terra lontana e rattristandoci per le sue disgrazie.

- Miguel, lei parla molto bene, è un grande oratore.
- Ti prego dammi del tu. Da ragazzo lavoravo per un giornale di La Palma, El grito del pueblo. Sono entrato come fattorino, ma per fortuna dopo un po’ mi hanno dato l'opportunità di scrivere alcuni articoli. Il quel periodo mio padre, che faceva parte dell'equipaggio di questa nave, è morto in un'imboscata dei pirati. Il capitano, gli ufficiali, l'equipaggio e alcuni passeggeri combatterono coraggiosamente e salvarono la nave, ma purtroppo alcuni di loro morirono. Il capitano pregó l'armatore di assumermi. Ho dovuto lasciare il mio umile lavoro nel giornale e, come puoi vedere, ora sto navigando per il mondo.
- Non ci posso credere che ci siano ancora dei pirati.
- Ne sono rimasti pochi, non ti preoccupare. C'erano anche pirati e corsari delle Canarie, ma non dire nemmeno questo al Capitano.
- Vai d'accordo col capitano?
- Sì, anche se sembra scontroso, è una bravissima persona. Sa comandare, senza essere cattivo. Mio padre gli parlava sempre di me e dei miei fratelli. Si stimavano e rispettavano, per questo quando sono rimasto orfano mi ha procurato questo lavoro con cui mi guadagno da vivere e aiuto mia madre, la quale vende pesce in una bancarella con i miei zii, ma stenta a crescere i miei quattro fratelli.
Mariano raccontò a Miguel le sue sventure e da quel giorno diventarono amici. Un pomeriggio, in cui gli alisei soffiavano forte e la nave navigava spedita, Mariano disse al farmacista di aver confidato al giovane ufficiale di essere un fuggiasco.

- Ormai la cosa è fatta, ma non dire più a nessuno che sei fuggito dalla Spagna per non andare in guerra. Non si sa mai!
Mariano gli promise che non ne avrebbe
parlato con nessun altro, né sulla nave né arrivati a Cuba.
Pedro, il più giovane dei tre fratelli con cui Mariano
condivideva la cabina, il giorno stesso in cui si lasciarono alle spalle le Isole Canarie, gli domandò:
- E tu, Mariano, perché non scendi mai dalla nave?
- Mi vergogno a dirtelo...
È che per adesso non ho un soldo, ma quando arriverò a Cuba riscuoterò una certa somma da uno dei creditori di mio padre, gli disse Mariano, arrossendo un po' per la bugia che stava dicendo.
- Perché non me l'hai detto
prima? Ti avrei anticipato dei soldi per sbarcare a Santa Cruz, dove tutto è a buon mercato. Abbiamo dormito in una pensione vicino al porto, i cui padroni sono persone molto gentili. L’oste è un'ottima cuoca, ci ha preparato una sopa di picadillo, un maialino arrosto e il giorno dopo abbiamo mangiato vari tipi di pesce prelibato, con patatas arrugadas e ci siamo rimpinzati di banane cotte. Ah, dimenticavo, il vino rosso de La Palma è molto buono. Cosa ti sei perso, ragazzo mio! A proposito, che farai quando arriverai a Cuba?
- Il s
ignore Sarrá vuole che diventi il suo aiutante di farmacia, ma io vorrei cercare di inserirmi nel mondo del commercio.
-
Abbiamo un appuntamento all’Avana con un bottegaio di Mataró, cugino di un nostro vicino di casa di Barcellona, il quale vuole vendere la licenza del suo negozio perché ha deciso di ritornare nella sua città natale, sembra che i Tropici non facciano bene alla sua salute. La sua è una bottega di generi alimentari, ma si occupa anche della vendita di cereali da semina. Speriamo che non prendere una fregatura!
- Se è un cugino del
vostro vicino di casa, non credo che voglia truffarvi, disse Mariano.
- I miei fratelli dicono che bisogna stare attenti. Sono pi
uttosto sospettosi e per adesso non hanno intenzione di entrare in società con nessuno. Io invece mi fido di te, abbiamo trascorso diverse settimane insieme e sono sicuro che sarai all’altezza quando si tratterà di fare affari. Giocando con te a carte ho notato che sei sveglio e che non imbrogli mai. Se concludiamo un buon affare con il bottegaio di Mataró, cercherò di convincere i miei fratelli a farti diventare socio della nostra attività.
- Ti sono molto grato, Pedro. Ho un po' di esperienza nel commercio delle sementi, dato che mio padre
da diversi anni gestisce una piccola azienda commerciale che porta il suo nome, Semillas José Defaus Ballesté. Beh, fatemi sapere se avete bisogno di un socio.
Mentre Mariano e Pedro
stavano sognando un futuro prospero, il secondo ufficiale arrivò gridando:
-
Al ladro, al ladro!
- Ma
cosa sta succedendo? Dissero insieme.
- S
embra che ci siano dei clandestini a bordo. Hanno rubato nella cabina dei signori Valls. Controllate tutti i vostre averi per essere sicuri di non essere stati derubati.
Mariano cominciò a sudare, pen
sando alle sue monete d'argento, che stanco di portarle appresso, qualche giorno prima le aveva nascoste in una fessura dellarmadio della cabina, ma non poteva dirlo a Miguel in presenza di Pedro.
In pochi secondi i suoi piani si sgretolarono ed egli ricordò
il racconto della lattaia, quello che Teresa Moragues Gibert, sua madre, gli raccontava da piccolo:

La giovane lattaia uscì dalla fattoria per andare a vendere il latte appena munto, prese la strada più breve per la città. Andava a passo spedito e la sua mente non smetteva mai di rimuginare. Continuava a pensare a come avrebbe investito il denaro che avrebbe ricavato dalla vendita del latte.
- Comprerò una dozzina di uova, quando i pulcini
nasceranno li scambierò con un maialino di latte, lo alleverò e diventerà un maiale enorme che scambierò con un vitello e poi .......
La ragazza era così assorta che non si accorse che c’era un sasso in mezzo al sentiero, inciampò e cadde. La sua brocca si ruppe in mille pezzi, il latte si rovesciò e i suoi sogni svanirono.

Mariano deglutì e, sforzandosi di sembrare calmo, disse all'ufficiale:
-
Ti aiuterò a dare la caccia ai ladri.
- Andiamo a cercar
li in cantina dove potrebbero essere nascosti.
-
Verrò anch’io con voi, ma prima voglio andare in cabina per avvertire i miei fratelli e controllare se siamo stati derubati, disse Pedro.
-
Ti aspettiamo giù.
Mentre scendevano, Mariano pregò Miguel di aiutarlo a recuperare le monete d'argento.
- È l'unica
risorsa che ho per iniziare la mia nuova vita.
- Non preoccuparti, li
acchiapperemo, ma che stupidi questi ladri, rubare durante la traversata è come chiudersi in gabbia e buttare via la chiave! Di solito i furti avvengono quando attracchiamo nei porti.
- Anche a me sembra una cosa stupida, ma forse quando si è disperati e si muore di fame si fanno
sciocchezze gli disse Mariano.
- Segui
mi e non ti preoccupare, troveremo i briganti.
- Miguel, una volta recuperato il bottino, promettimi che i ladri
non saranno uccisi, lo pregò Mariano.
- Non
temere, li chiuderemo nella gattabuia, disse Miguel.
Dopo pochi minuti arrivarono di corsa il capitano, il farmacista Sarrá e il signor Valls.
- Abbiamo trovato la cassa
forte, mia moglie l'aveva nascosta senza dirmelo. Mi dispiace di aver dato l'allarme, disse il signor Valls quasi senza respiro.
-
Era da immaginarselo, per quanto mi ricordi non c'è mai stata una rapina durante la traversata, sarebbe una follia, commentò il capitano.
I tre
fratelli raggiunsero il gruppo facendo un gran chiasso e dicendo di non essere stati derubati.

Il capitano, felice di aver evitato il peggio, invitò Mariano e i suoi compagni di cabina a cena al suo tavolo. Tutti si divertirono chiacchierando, scherzando e ridendo al ricordo della faccia spaventata del signor Valls quando scoprì che il suo cofanetto era scomparso, ma quelli che si divertirono di più furono i tre negozianti di Barcellona che mangiarono, bevvero e cantarono come mai in vita loro.
Andarono tutti a letto un po’ alticci, i tre fratelli si addormentarono subito, ma Mariano non riusciva a prendere sonno, pensava continuamente a come avrebbe dovuto fare per guadagnarsi da vivere.
Prese un foglio di carta, una penna e un calamaio per scrivere una lettera alla madre, ma prima di farlo compilò un elenco:

Uno, devo stare più attento al mio denaro, devo portarlo sempre con me e quando arriverò all'Avana devo depositarlo in banca.
D
ue, sarebbe auspicabile riconoscere le persone fidate ed evitare i truffatori.
Tre, dovrei bere poco, un ubriaco dice sempre delle sciocchezze e si può mettere nei guai.
Quattro, bisogna stare attenti e tenere gli occhi ben aperti durante le risse.
Cinque, devo cercare di imparare dalle persone che stimo.

Sei, non voglio perdere le buone amicizie che ho fatto sulla nave.
Sette, sarebbe meglio procedere con cautela prima di mettersi in affari con altri.
Otto, dovrei smetterla di sognare continuamente di investire le mie monete.
N
ove, non voglio dimenticare la mia famiglia .........

Mentre scriveva l'ultima frase gli si stavano chiudendo gli occhi. Si alzò e decise che avrebbe scritto la lettera a sua madre il giorno successivo. Si sdraiò di nuovo sulla branda, un po’ più rilassato. Quella notte non ebbe bisogno di coprirsi le orecchie con la sciarpa per non sentire il russare di Pedro e dei suoi fratelli, dopo pochi minuti si addormentò.
Le ultime settimane di navigazione attraverso l'Atlantico furono più tranquille di quanto tutti si aspettassero. Non ci furono grandi tempeste e arrivarono all'Avana un giorno prima del previsto.










lunedì 15 maggio 2023

La travesía atlántica - Cap. 3

 


Cruzaron el estrecho de Gibraltar con mar gruesa. El viento soplaba a ráfagas, las olas eran grandes con crestas de espuma blanca. La mayor parte de los pasajeros fue dejando la cubierta para protegerse de la lluvia.

La travesía para muchos viajeros se iba volviendo insoportable, el camarote era el sitio ideal para resguardar la privacidad de ese mal trance. Los pasajeros de primera clase durante los días de tormenta, a pesar de que supieran que estar enjaulados dentro del barco era una manera segura de intensificar los efectos del mareo, salían poco de sus aposentos, en cambio los de segunda y sobre todo los de tercera, que dormían amontonados en literas, subían de vez en cuando a la cubierta para tomar un poco de aire fresco, mareándose mucho menos. Todos compartían una categoría, los de primera nunca se mezclaban con las clases inferiores. Sin lugar a dudas el comedor del barco era el lugar donde confraternizar con los otros viajeros y con el Capitán. En aquellas jornadas de lluvia el farmacéutico Sarrá y el Capitán entablaron largas conversaciones con Mariano Defaus Moragas, sentados alrededor de una mesa.

Mariano era un muchacho bien plantado, no muy alto, de pelo rojizo y ojos azules. A pesar del viento y del grande oleaje transcurría mucho tiempo mirando el mar, resguardado por su largo abrigo.

Tardaron algunos días en llegar a las islas Canarias. En el puerto de Santa Cruz de La Palma Mariano vio a un grupo de niños que pescaba. De vez en cuando daban patadas o tiraban piedras a unos peces muy grandes.

- ¿Qué tipo de peces son? ¿Son tiburones? Le preguntó Mariano al farmacéutico.

- No sé, los tiburones se mantienen alejados de la costa y siempre buscan nadar en aguas abiertas y profundas, sin embargo de vez en cuando se acercan a los embarcaderos.

- ¿Y son peligrosos?

- No temas, es difícil ser atacado por un tiburón. Esos me parecen inofensivos, quizás sean peces martillo.

Cuando amarraron en el puerto de Santa Cruz, el Capitán volvió a su casa para pasar un par de días con su esposa e hijos y dejó el mando del navío en manos de Miguel Gutiérrez Marín, el joven primer oficial. Miguel antes de partir obtuvo un permiso de algunas horas para ir a visitar a su madre que vivía en una casucha cerca del muelle.

Mariano no se bajó del barco, se quedó largas horas en la cubierta observando embobado las idas y venidas de los navíos del puerto. Pa aquellos días hablando con Miguel, pues la mayor parte de los pasajeros, después de tanto ajetreo y mareos, había dejado el barco para disfrutar la tierra firme.

- ¿Cómo es que cargan tantas cajas de cebollas?

- Hace varios años que en la isla se cultivan cebollas y por eso salen grandes cantidades hacia las Antillas españolas, donde su consumo es considerable, le contestó Miguel.

- Nunca hubiera imaginado tanto tráfico comercial entre La Palma y Cuba.

- Este comercio no solamente se produce de manera legal, sino que también deja abierta la puerta a cierto contrabando, generalmente la mercancía se embarca o desembarca en los puertos pequeños del norte de la isla, pero no se lo digas al Capitán que te he contado todo eso.

- No se preocupe, tendré la boca cerrada. Supongo que habrá muchos canarios en Cuba ¿No?

- Cuba está abarrotado de canarios y te voy a decir más los cubanos hablan como nosotros. Mira, si la Palma es nuestro suelo natal, Cuba es para muchas familias de estas islas hogar querido. Allí tenemos padres, hermanos y amigos que participan de nuestras alegrías lo mismo que de nuestros sinsabores y un sentimiento análogo se despierta en nuestros pechos, alegrándonos con las prosperidades de aquel suelo lejano y entristeciéndonos con sus desgracias.

- Miguel, usted habla muy bien, es todo un orador.

- Por favor tutéame. Cuando era chiquillo estuve trabajando en un periódico palmero, El grito del pueblo. Al principio era el muchacho de los recados pero poco a poco me dejaron escribir algún que otro artículo, que todavía me los sé de memoria. Lo malo es que mi padre, que era un miembro de la tripulación de este buque, murió en una emboscada pirata. El capitán, los oficiales, la maestranza, muchos subalternos y algunos pasajeros lucharon con valentía y salvaron el velero, pero desgraciadamente algunos de ellos murieron. El Capitán le pidió al armador de la embarcación que me contratara. Tuve que dejar mi humilde empleo en la prensa y como ves, ahora voy navegando por esos mundos de Dios.

- No me digas que todavía hay piratas.

- Ya quedan pocos, no te preocupes. Había también piratas y corsarios canarios, pero eso tampoco se lo digas al Capitán.

- ¿Te llevas bien con el Capitán?

- Sí, aunque parezca hosco es muy buena persona. Sabe mandar, sin ser malo. Mi padre le hablaba siempre de mí y de mis hermanos. Se apreciaban y respetaban, por eso cuando me quedé huérfano me consiguió ese empleo con el que me gano la vida y ayudo a mi madre, la pobre se las apaña vendiendo pescado en una parada con mis tíos, pero no da abasto para criar a mis cuatro hermanos.

Mariano le contó a Miguel sus desventuras y desde aquel día se hicieron amigos. Una tarde en que soplaban con fuerza los vientos alisios y el barco navegaba con furor, Mariano le comentó al farmacéutico que le había dicho al joven oficial que era un fugitivo.

- Ahora ya está hecho. Miguel me parece un chico de fiar, pero no le cuentes a nadie más que has huido de España para no ir a la guerra. ¡No se sabe nunca!

Mariano le prometió que no hablaría jamás de ello con nadie, ni en el barco ni en Cuba.

Pedro, el menor de los tres hermanos con los que Mariano compartía camarote, justo el día en que dejaron las islas Canarias atrás, le preguntó:

- ¿Y tú Mariano por qué no te bajas nunca del buque?

- Me da vergüenza decírtelo... es que hoy por hoy no tengo ni un duro, pero cuando llegue a Cuba voy a cobrar una cierta cantidad de un acreedor de mi padre, le dijo Mariano enrojeciendo un poco por la mentira que estaba diciendo.

- ¿Por qué no me lo dijiste? Yo te hubiera adelantado un poco de dinero para desembarcar en Santa Cruz de la Palma, donde todo era muy barato. Dormimos en una pensión humilde, pero los hosteleros eran gente muy maja. La dueña era una excelente cocinera, nos hizo una sopa de picadillo, un cochinillo asado y al día siguiente comimos varios tipos de pescado riquísimo, con papas arrugadas y nos hartamos de plátanos cocidos. ¡Ah! Se me olvidaba decirte que es buenísimo el vino tinto palmero. ¡Lo que te perdiste muchacho! ¿Por cierto qué vas a hacer cuando llegues a Cuba?

- El señor Sarrá quiere que me convierta en su ayudante de farmacia, pero yo quisiera dedicarme al comercio.

- Cuando lleguemos a La Habana mis hermanos y yo tenemos una cita con un tendero de Mataró, un primo de un vecino nuestro de Barcelona, para que nos traspase su tienda de comestibles, pues él quiere volver a su ciudad natal, dice que no le prueba el Trópico. Es un colmado donde vende de todo, incluso semillas para la siembra. ¡Esperemos que no haya gato encerrado!

- Si es un primo de vuestro vecino, no creo que os vaya a timar, dijo Mariano.

- Mis hermanos dicen que hay que andar con los pies de plomo. Ellos son más desconfiados que yo y por ahora no hablan de añadir socios. Yo en cambio confío en ti, hemos pasado varias semanas juntos y estoy seguro que no te va a temblar el pulso a la hora de negociar. Jugando a las cartas he notado que eres listo y que no haces trampas. Si cerramos un buen trato con el tendero de Mataró, intentaré convencer a mis hermanos para que entres como socio en nuestro negocio.

- Te lo agradezco mucho, Pedro. Tengo un poco de experiencia en el comercio de semillas ya que mi padre hace varios años fundó una pequeña empresa comercial llamada Granos y semillas José Defaus Ballesté. Bueno, ya me avisarás si queréis dar entrada a un socio.

Mientras Mariano y Pedro soñaban con un futuro próspero, llegó el segundo oficial gritando:

- Al polizón, al polizón.

- ¿Pero qué ocurre Miguel?

- Hay polizones a bordo. Han robado en el camarote de los señores Valls. Registrad vuestras talegas para ver si los rateros os han desplumado.

Mariano empezó a sudar, pues pensó en las monedas de plata que le habían entregado sus padres, cansado de llevarlas encima, pocos días antes las escondió en una grieta del armario del camarote. No podía decírselo a Miguel mientras Pedro estuviera presente.

En pocos segundos sus proyectos se desmoronaron y recordó el cuento de la lechera, el que a menudo le contaba Teresa Moragues Gibert, su madre:

La joven lechera salió de la granja para ir a vender la leche recién ordeñada, tomando el camino más corto para el pueblo. Iba a paso ligero y su mente no dejaba de trabajar. No hacía más que darle vueltas a cómo invertiría las monedas que iba a conseguir con al venta de la leche.

- Compraré una docena de huevos, cuando nazcan los pollitos los cambiare por un lechón, criaré un cerdo enorme que cambiaré por una ternera y luego …..

Tan ensimismada iba la muchacha que se despistó y no se dio cuenta que había una piedra en medio del camino, tropezó y cayó de bruces al suelo. Su cántaro se rompió en mil pedazos, la leche se desparramó y sus sueños se volatizaron.

Mariano tragó saliva y esforzándose para parecer tranquilo, le dijo al oficial:

- Te voy a ayudar a cazar a los ladrones.

- Vayamos a registrar la bodega donde quizás se escondan.

- Iré con vosotros pero primero voy a pasar por nuestro camarote, para ver si nos han robado y para avisar a mis hermanos, les dijo Pedro.

- Te esperamos en la quilla.

Mientras bajaban Mariano le rogó a Miguel, que lo ayudara a recuperar sus monedas de plata.

- Es lo único que tengo para empezar mi nueva vida.

- No te preocupes, los vamos a detener. ¡Pero qué tontos que son esos ladrones, robar durante la travesía, es cómo encerrarse en una jaula y tirar la llave! Generalmente los robos tienen lugar cuando atracamos en el muelle.

- A mí también me parece una estupidez, pero quizás cuando uno está desesperado y muerto de hambre comete tonterías, le dijo Mariano.

- Sígueme, no te preocupes, vamos a encontrar a esos desgraciados.

- Miguel, una vez recuperado el botín, prométeme que no mataréis a los rateros, le suplicó Mariano.

- No temas, no les haremos nada, los encerraremos en el calabozo, dijo Miguel.

Al cabo de pocos minutos llegaron corriendo el Capitán, el farmacéutico Sarrá y el señor Valls.

- Hemos encontrado el cofre, lo había escondido mi mujer, sin avisarme. Siento haber dado la alerta, dijo sofocado el señor Valls.

- Ya me parecía a mí, que yo recuerde jamás se ha cometido un robo durante la travesía, sería una cosa descabellada, comentó el Capitán.

Pablo, Pepe y Pedro, los tres tenderos alborotados alcanzaron al grupo, diciendo que a ellos no les faltaba nada.

El Capitán, contento de que se hubiera evitado aquel percance, invitó a Mariano y a sus compañeros de camarote a cenar en su mesa. Se lo pasaron todos muy bien charlando, bromeando y riendo al recordar la cara de espanto del señor Valls cuando descubrió que había desparecido su caja de caudales, sin embargo los que más disfrutaron fueron Pablo, Pepe y Pedro que cantaron, comieron y bebieron como nunca en su vida.

Se acostaron todos alegres, los tres hermanos se durmieron enseguida, en cambio Mariano no lo conseguía, le daba vueltas y más vueltas a cómo podía ganarse la vida.

Cogió una hoja de papel, pluma y tintero y se dispuso a escribir una carta a su madre, sin embargo antes hizo una lista:

- Tengo que tener más cuidado con mi dinero, he de llevarlo siempre encima y al llegar a La Habana ingresarlo en el banco.

- Voy a ir despacio en los asuntos de negocios. Sería mejor que dejara de soñar continuamente con invertir mis monedas, no quiero que me pase como a la lechera.

- He de reconocer a la gente de fiar y evitar a los cantamañanas. Al principio es mejor que deje que ellos hablen.

- Es mejor beber poco, un borracho siempre dice y hace tonterías. Y hay que estar alerta y con los ojos bien abiertos cuando hay barullo y peleas.

- He de procurar aprender de las personas que aprecio.

Y mientras escribía la última frase se le iban cerrando los ojos. Se levantó, se dijo que la carta a su madre la iba a escribir al día siguiente y guardó el papel y la pluma. Se echó de nuevo en la litera, ya más sosegado. Aquella noche no necesitó taparse con la bufanda las orejas para no oír los ronquidos de los tres hermanos, pues se durmió inmediatamente.

Cuando les faltaba una semana para llegar a Cuba, Mariano, una noche después de cenar, se armó de valor y le pidió a María una cita para verse a solas. María aceptó y al día siguiente se encontraron en la parte de la cubierta donde habían quedado. Pasaron toda la noche hablando y antes de despedirse Mariano le dio la dirección de la farmacia Sarrá y ella la de la finca de sus dueños y se prometieron escribirse.

Las últimos días de navegación por el Atlántico fueron más tranquilos de lo que todo el mundo se esperaba. No hubo grandes tormentas y llegaron a La Habana un día antes de lo previsto.