mercoledì 22 febbraio 2023

Il dubbio

 


Quella mattina di primavera, seduta nella sala d’attesa della dottoressa Pezzali, non sapevo ancora che stavo per sciogliere l'ultimo legame che mi era rimasto col paese dove ero nata e cresciuta. Da quando ero partita, quarant'anni prima, con l'ultimo treno da Barcellona verso l’Italia, avevo via via abbandonato il parrucchiere, l’estetista, il medico e la ginecologa di fiducia. Non riuscivo però ad staccarmi da Adrià Galcerán, il dentista, da cui ogni anno, quando andavo a visitare la famiglia durante le vacanze estive, mi recavo per un controllo.

Adrià aveva ereditato dal padre, Andreu Galcerán, lo studio dentistico, il primo aperto in paese. Fino alla generazione di mio nonno i denti li toglieva il barbiere, ma in seguito chi poteva permetterselo si spostava nella cittadina più vicina per farsi curare da un vero dentista. I genitori di Andreu, commercianti di farine e gestori del forno più grande del paese, decisero che lui avrebbe dovuto studiare a Barcelona in un collegio di gesuiti, mentre il secondogenito, Josep, fu avviato al lavoro di fornaio ancora adolescente, nell’anno in cui il fratello maggiore iniziava l’Università.

Le male lingue del paese dicevano che i coniugi Galcerán avevano sbagliato di grosso, avrebbero dovuto fare studiare Josep, più vispo di Andreu che invece avrebbe dovuto fare il fornaio.

Quando mia madre mi portò per prima volta nel suo studio, Andreu Galcerán non arrivava alla cinquantina ma i folti baffi grigi sul suo viso paffuto lo facevano sembrare più anziano. Era un uomo alto e grosso, parlava poco, ma quando lo faceva brontolava. La sua forza apparente svaniva quando si muoveva senza brio da una stanza all’altra dello studio medico che aveva sistemato nella parte posteriore della sua abitazione.

Immobile, sdraiata sulla poltrona sopportavo a malapena il respiro affannoso di quell’uomo che sbuffava sul mio viso. Al posto dei guanti usava due guaine di gomma, una sul pollice e l'altro sull'indice della mano destra, quel sapore di gomma mi procurava nausea, ma mi imponevo di resistere per non vomitare. Scrutavo con attenzione il lucernario che illuminava la stanza e contavo le macchie, le crepe e gli altri dettagli del soffitto mentre lui controllava i miei denti, ma quando usava il trapano chiudevo gli occhi aspettando che quel martirio finisse al più presto, poi borbottava qualche parola incomprensibile e mi accompagnava alla porta trascinando il suo goffo corpo.

Di solito uscivo stordita e con la guancia gonfia, ma prima di rientrare a casa spesso mi fermavo alla panetteria. Entrando avvertivo il profumo del pane appena sfornato e l’odore del lievito madre. Per un po’ rimanevo incantata a guardare il fornaio mentre tagliava con destrezza le lunghe schiacciate morbide e i pezzi di dolce e con uno strofinaccio levava dalla bilancia e dal bancone le briciole e la polvere di farina, proveniente dai sacchi che s’intravedevano nel retrobottega. Le volte in cui dovevo aspettare il mio turno ammiravo la disposizione ordinata delle pagnotte, dei panini e delle baguette negli scalfali.

- Prendi una magdalena, è molto soffice, non ti darà fastidio alla bocca che il macellaio di mio fratello ti ha massacrato, mi diceva il fornaio scherzando.

- La prendo volentieri anche se fino a stasera non la potrò mangiare.

A quel tempo Andreu era un fumatore accanito, accendeva una sigaretta tra una visita e l'altra, ma qualche volta lo faceva addirittura a metà visita, mentre con la bocca aperta il paziente di turno era in attesa che l'otturazione facesse presa. Quando qualche anno dopo fu obbligato a smettere di fumare per problemi al cuore, cominciò ad ingrassare a dismisura divorando voracemente i ricchi piatti che ogni giorno la moglie Raquel gli preparava.

Raquel era stata la ragazza più bella del paese, l’ultima figlia di una famiglia numerosa. La sua grande ambizione l’aveva fatto accettare la proposta di matrimonio di Andreu, nonostante fosse innamorata del fratello. Josep, a quel tempo era un bel ragazzo, alto e asciutto, simpatico e sempre di buon umore, e più di una ragazza del paese lo avrebbe voluto come marito, ma lui, non potendo sposare Raquel, si decise a scegliere la sua migliore amica. Nonostante le due coppie si frequentassero nel paese si mormorava che tra i due fratelli non corresse buon sangue.

Adrià, il figlio di Andreu, appena laureato dovette indossare il camice bianco e sostituire il padre, morto all’improvviso per arresto cardiaco. Adrià si muoveva con garbo fra le attrezzature dentistiche e trattava in modo affabile pazienti e infermiere. Ogni volta che mi recavo nel suo studio rimanevo incantata dalle sue chiacchiere, forse era il suo metodo per mettere i pazienti a proprio agio, pensavo, il caso è che quell’uomo ci sapeva fare.

Continuai per anni ad andare da Adrià Galcerán fino a quando mi si ruppe un dente. Mentre mio marito mi consigliava di andare dal suo dentista che a me non piaceva affatto, mi venne in mente la dottoressa Pezzali di cui che mi aveva parlato una amica. Fissai un appuntamento per la settimana successiva. Arrivai puntuale.

- E’ stata molto fortunata, la signora che era dietro di lei ha cancellato la visita, quindi siamo in grado di iniziare il trattamento oggi stesso, mi disse la dentista sorridendo.

La dottoressa Pezzali, infagottata con un camice e berretto verdi, muoveva con cura gli strumenti che via via inseriva nella mia bocca, spiegandomi dettagliatamente cosa stava facendo e questo modo di procedere mi ricordava Adriá Galcerán. Ho chiuso gli occhi e la mia mente è volata verso il mio dentista catalano.

- Sei una delle miei pazienti più affezionate, non credo che nessuno faccia mille chilometri per venire da me, disse sorridendo Adriá l’ultima volta che sono stata da lui.

- E tu sei il mio dentista di fiducia.

- Tra non molto andrò in pensione, lascerò lo studio a mio figlio, quindi credo che ci vedremo di meno, per questo oggi ti voglio raccontare una vicenda della mia famiglia. Al funerale di mia madre ho scoperto per puro caso che alcune pettegole alle mie spalle diceva che essendo Josep ed io come due gocce d’acqua lui doveva essere mio padre. E’ stato un duro colpo sentire quelle parole e io ho cominciato a dubitare, evitavo di andare a trovare i mie zii, ma non sapevo bene cosa fare. Dopo la morte di mia zia ho avuto il coraggio di chiedere a zio Josep di sottoporsi insieme a me al test del DNA; non ci crederai, abbiamo scoperto che lui non è mio padre, disse Adriá.

- Come l’avete presa entrambi?

- Mio zio era sconvolto. Mi ha confessato che pensava di essere mio padre fin dal giorno della mia nascita, perché aveva avuto una breve relazione con mia madre, poco prima che lei si sposasse; poi lei, appena rientrata dal lungo viaggio di nozze, annunciò di essere incinta e gli fece capire che il figlio non era suo ma del marito. Lo zio ha dubitato tutta la sua vita, ma mia madre aveva sempre negato. In verità anch’io ero scioccato anche se avrei dovuto essere sollevato. Ti rendi conto di quanto avrà sofferto lo zio vivendo col quel dubbio? E mio padre, avrà anche lui dubitato?

Poi Adriá si sedete per prendere fiato. Era la prima volta che lo vedevo in quello stato di inquietudine.

- Ci sono molte cose che succedono e rimangono nascoste, ma voi avete fatto bene a voler sciogliere il dubbio. Per fortuna i tempi sono cambiati, il paese si è ingrandito e la gente non s’interessa più degli affari degli altri come una volta, provai a dire per allentare la tensione.

- Se vuoi che ti dica la verità, ora come ora non me ne importa niente di quello che dice o dirà la gente, adesso che Josep è rimasto da solo gli ho proposto di venire a stare da me.

Ritornai alla realtà, quando la dottoressa Pezzali, dopo un breve silenzio, disse che l’intervento era finito, in quel momento pensai che avevo finalmente trovato la mia nuova dentista.





mercoledì 15 febbraio 2023

La bugia

 


Quella mattina di primavera, seduta nella sala d’attesa della dottoressa Pezzali, non sapevo ancora che stavo per sciogliere l'ultimo legame che mi era rimasto col paese dove ero nata e cresciuta. Da quando ero partita, quarant'anni prima, con l'ultimo treno da Barcellona verso l’Italia, avevo via via abbandonato il parrucchiere, l’estetista, il medico e la ginecologa di fiducia. Non riuscivo però ad staccarmi da Adrià Galcerán, il dentista, da cui ogni anno, quando andavo a visitare la famiglia durante le vacanze estive, mi recavo per un controllo.

Adrià aveva ereditato dal padre, Andreu Galcerán, lo studio dentistico, il primo aperto in paese. Fino alla generazione di mio nonno i denti li toglieva il barbiere, ma in seguito chi poteva permetterselo si spostava nella cittadina più vicina per farsi curare da un vero dentista. I genitori di Andreu, commercianti di farine e gestori del forno più grande del paese, decisero che lui avrebbe dovuto studiare a Barcelona in un collegio di gesuiti, mentre il secondogenito, Josep, fu avviato al lavoro di fornaio ancora adolescente, nell’anno in cui il fratello maggiore iniziava l’Università.

Le male lingue del paese dicevano che i coniugi Galcerán avevano sbagliato di grosso, avrebbero dovuto fare studiare Josep, più vispo di Andreu che invece avrebbe dovuto fare il fornaio.

Quando mia madre mi portò per prima volta nel suo studio, Andreu Galcerán non arrivava alla cinquantina ma i folti baffi grigi sul suo viso paffuto lo facevano sembrare più anziano. Era un uomo alto e grosso, parlava poco, ma quando lo faceva brontolava. La sua forza apparente svaniva quando si muoveva senza brio da una stanza all’altra dello studio medico che aveva sistemato nella parte posteriore della sua abitazione.

Immobile, sdraiata sulla poltrona sopportavo a malapena il respiro affannoso di quell’uomo che sbuffava sul mio viso. Al posto dei guanti usava due guaine di gomma, una sul pollice e l'altro sull'indice della mano destra, quel sapore di gomma mi procurava nausea, ma mi imponevo di resistere per non vomitare. Scrutavo con attenzione il lucernario che illuminava la stanza e contavo le macchie, le crepe e gli altri dettagli del soffitto mentre lui controllava i miei denti, ma quando usava il trapano chiudevo gli occhi aspettando che quel martirio finisse al più presto, poi borbottava qualche parola incomprensibile e mi accompagnava alla porta trascinando il suo goffo corpo.

Di solito uscivo stordita e con la guancia gonfia, ma prima di rientrare a casa spesso mi fermavo alla panetteria. Entrando avvertivo il profumo del pane appena sfornato e l’odore del lievito madre. Per un po’ rimanevo incantata a guardare il fornaio mentre tagliava con destrezza le lunghe schiacciate morbide e i pezzi di dolce e con uno strofinaccio levava dalla bilancia e dal bancone le briciole e la polvere di farina, proveniente dai sacchi che s’intravedevano nel retrobottega. Le volte in cui dovevo aspettare il mio turno ammiravo la disposizione ordinata delle pagnotte, dei panini e delle baguette negli scalfali.

- Prendi una magdalena, è molto soffice, non ti darà fastidio alla bocca che il macellaio di mio fratello ti ha massacrato, mi diceva il fornaio scherzando.

- La prendo volentieri anche se fino a stasera non la potrò mangiare.

A quel tempo Andreu era un fumatore accanito, accendeva una sigaretta tra una visita e l'altra, ma qualche volta lo faceva addirittura a metà visita, mentre con la bocca aperta il paziente di turno era in attesa che l'otturazione facesse presa. Quando qualche anno dopo fu obbligato a smettere di fumare per problemi al cuore, cominciò ad ingrassare a dismisura divorando voracemente i ricchi piatti che ogni giorno la moglie Raquel gli preparava.

Raquel era stata la ragazza più bella del paese, l’ultima figlia di una famiglia numerosa. La sua grande ambizione l’aveva fatto accettare la proposta di matrimonio di Andreu, nonostante fosse innamorata del fratello. Josep, a quel tempo era un bel ragazzo, alto e asciutto, simpatico e sempre di buon umore, e più di una ragazza del paese lo avrebbe voluto come marito, ma lui, non potendo sposare Raquel, si decise a scegliere la sua migliore amica. Nonostante le due coppie si frequentassero nel paese si mormorava che tra i due fratelli non corresse buon sangue.

Adrià, il figlio di Andreu, appena laureato dovette indossare il camice bianco e sostituire il padre, morto all’improvviso per arresto cardiaco. Adrià si muoveva con garbo fra le attrezzature dentistiche e trattava in modo affabile pazienti e infermiere. Ogni volta che mi recavo nel suo studio rimanevo incantata dalle sue chiacchiere, forse era il suo metodo per mettere i pazienti a proprio agio, pensavo, il caso è che quell’uomo ci sapeva fare.

Continuai per anni ad andare da Adrià Galcerán fino a quando mi si ruppe un dente. Mentre mio marito mi consigliava di andare dal suo dentista che a me non piaceva affatto, mi venne in mente la dottoressa Pezzali di cui mi aveva parlato una amica. Fissai un appuntamento per la settimana successiva. Arrivai puntuale.

- E’ stata molto fortunata, la signora che era dietro di lei ha cancellato la visita, quindi siamo in grado di iniziare il trattamento oggi stesso, mi disse la dentista sorridendo.

La dottoressa Pezzali, infagottata con un camice e berretto verdi, muoveva con cura gli strumenti che via via inseriva nella mia bocca, spiegandomi dettagliatamente cosa stava facendo e questo modo di procedere mi ricordava Adrià Galcerán. Ho chiuso gli occhi e la mia mente è volata verso il mio dentista catalano.

- Sei una delle miei pazienti più affezionate, non credo che nessuno faccia mille chilometri per venire da me, disse sorridendo Adrià l’ultima volta che sono stata da lui.

- E tu sei il mio dentista di fiducia.

- Tra non molto andrò in pensione, lascerò lo studio a mio figlio, quindi credo che ci vedremo di meno, per questo oggi ti voglio raccontare una vicenda della mia famiglia, prima che ti arrivi da altre fonti. Al funerale di mia madre ho scoperto per puro caso che alcune pettegole alle mie spalle diceva che, essendo mio zio ed io come due gocce d’acqua, Josep doveva essere mio padre. E’ stato un duro colpo sentire quelle parole e io ho cominciato a dubitare, evitavo di andare a trovare i mie zii, ma non sapevo bene cosa fare. Dopo la morte di mia zia ho avuto il coraggio di chiedere a zio Josep di sottoporsi insieme a me al test del DNA e abbiamo scoperto che lui è il mio vero padre, disse Adriá con voce tremante.

- Non ci posso credere! Come l’avete preso entrambi?

- Sono impazzito dal dolore, per me è inconcepibile che mia madre avesse custodito tutta la vita quel segreto. Mio zio Josep mi confessò che lui lo sospettava fin dal giorno della mia nascita, perché aveva avuto una breve relazione con mia madre, poco prima che lei si sposasse; poi lei, appena rientrata dal lungo viaggio di nozze, annunciò di essere incinta e fece capire al cognato che il figlio non era suo ma di Andreu. Josep dubitava, ma mia madre negava. Io sentivo che zio Josep era affezionato a me come un padre, ma non ho mai sospettato che lo fosse davvero mio padre. Come ha potuto fare questo mia madre? Ti rendi conto della menzogna in cui abbiamo vissuto per tutti questi anni?

Mentre Adriá pronunciava quell’ultima frase le sue labbra cominciarono a tremare e dovete sedersi. Poi si asciugò il viso con un fazzoletto e riprese a parlare:

- Mio zio è sconvolto come me. Non deve essere stato facile vivere sospettando la sua paternità.

- Pensi che tuo padre lo sapesse?

- Questo no lo sapremo mai. Ci vorrà tempo per riprenderci da questo trauma emotivo.

- Immagino quanto avrete sofferto tu e tuo zio, ma avete fatto bene a voler scoprire la verità. Per fortuna i tempi sono cambiati, il paese si è ingrandito e la gente non s’interessa più degli affari degli altri, provai a dire per allentare la tensione.

- Se vuoi che ti dica la verità, ora come ora non me ne importa niente di quello che dice o dirà la gente, adesso che Josep è rimasto da solo gli ho proposto di venire a stare da me.

Ritornai alla realtà, quando la dottoressa Pezzali, dopo un breve silenzio, disse che l’intervento era finito, in quel momento pensai che avevo finalmente trovato la mia nuova dentista.