mercoledì 22 giugno 2022

L'appuntamento - Cap. 3

 


Elisa aveva notato che Carlo da un po’ di tempo aveva smesso di raccontale storie, percepiva in lui una sorta di tristezza, ma non capiva cosa gli fosse successo.

Un giorno Carlo invitò Elisa a cena. Lei restò a bocca aperta. Prese coraggio e gli domandò:

- E tua moglie? Ultimamente non me ne parli mai, è successo qualcosa?

- Scusa se non ti ho detto niente. Laura ed io abbiamo passato un brutto periodo, ma adesso sta andando meglio.

- Ma cosa è successo?

Carlo si schiarì la voce:

Laura è cambiata. Quando le facevo notare che era diventata strana e sulle sue, lei dava la colpa alla menopausa. Ma ogni giorno era più insopportabile, mi rimproverava i ritardi e le assenze notturne, cosa che non aveva mai fatto prima. All'inizio arrivavo tardi a casa per le beghe dell’albergo, ma dopo ho iniziato a frequentare locali notturni. La nostra casa mi opprimeva, cercavo di starci il meno possibile. Rincasavo quando Laura era a letto.

Andavo a giocare a carte. Un cliente mi aveva introdotto in un club esclusivo dove si giocavano somme elevate. Il più delle volte ci rimettevo parecchi soldi. C’è voluto ben poco a passare ad altri giochi d’azzardo.

Non avevo capito che Laura era caduta in depressione. Le medicine le davano la forza per alzarsi e andare al lavoro, ma io non riuscivo a parlare con lei e ogni giorno ci allontanavamo di più.

Dopo un po’, Laura iniziò a stare meglio, ma io ero ormai perso nel mio mondo. Un giorno è venuta a sapere che l’albergo era rimasto un lungo periodo chiuso, per lavori di manutenzione.

Laura ha cominciato a sospettare che io avessi una doppia vita e quando ha scoperto la mia dipendenza dal gioco, si è arrabbiata per tutte le bugie che le avevo detto, io per difendermi l’ho trattata male.

- E’ tutta colpa tua se io di notte andavo a giocare, le ho urlato.

Ero furioso, fuori di me, come mai prima. Laura ha preso la valigia e se ne è andata di casa. Mi sono rinchiuso per due giorni in camera. Sdraiato sul letto, guardavo lo spazio del materasso che lei aveva lasciato vuoto e rimuginavo sulle cause di quel disastro: avevo dedicato troppe ore al lavoro e avevo dato per scontato che Laura sarebbe stata sempre accanto a me.

Ad un tratto ho aperto gli occhi. Sono uscito di camera, sapendo di dover fare qualcosa per non perderla. Ero disperato, correvo in qua e in là, sono andato a cercarla dappertutto, l’ho trovata a casa della sorella. Abbiamo parlato tutta la notte, le ho promesso che avrei fatto di tutto per smettere di giocare. I nostri figli non hanno saputo niente di tutto ciò, vivono lontano da noi e li vediamo poco. La psicoterapia di gruppo mi sta aiutando molto.

- Vai da un psicoterapeuta?

- Si, ho cominciato da poco. Vado da lui una volta la settimana. Siamo un gruppo di sei persone, tutti con dipendenze o problemi emotivi. Lui ci fa parlare delle nostre esperienze, paure, insoddisfazioni e ansie. Cerca di farci aiutare reciprocamente.

Elisa non seppe cosa dire e rimase zitta.

Anche Carlo tacque per alcuni secondi e poi aggiunse:

- Adesso lavoro meno e la sera cerco di andare con Laura a passeggiare o al cinema.

- Sono contenta di sapere che state cercando di riavvicinarvi, ma io mi sento un po' in colpa per questi anni in cui mi hai dedicato un po’ del tuo tempo libero, tempo sottratto a Laura, disse Elisa.

- Ma che dici? Venire da te ogni giovedì mi ha dato la forza per andare avanti. Con te dimenticavo i miei problemi. Ci siamo aiutati a vicenda. Non trovi?

- Se lo dici tu!

- E’ stata Laura a proporre di invitarti a cena. Ci sarà anche la sorella, un cugino e un amico, tutti molto carini e simpatici. Senti che coincidenza, ho incontrato Michele, il cugino, uscendo dal portone del palazzo dove vado a fare la terapia. Lui si è trasferito li da poco. Né io ne Laura lo sapevamo.

- Il cugino di tua moglie?

- Si, ma in realtà sarebbe un biscugino. Dai devi venire a cena da noi, io preparerò il primo e Laura il secondo.

- Va bene, verrò. Cosa posso portarvi?

- Non serve niente, ma se ti fa piacere, una bottiglia di vino è sempre gradita.

Elisa a tavola parlò con Michele, il quale si era separato da poco dalla moglie. Tutta la serata la trascorse accanto a lui ed scoprì che avevano molti interessi in comune, anche a lui piaceva andare in giro per il mondo. Quella sera inaspettatamente si divertì.

Michele non le parlò né del figlio né della falegnameria. Lo fece diverse settimane dopo quando andarono a teatro.

Finito lo spettacolo, a cena Michele, dopo essersi scolato mezza bottiglia di vino, le disse che da poco aveva aperto, col beneplacito del Comune, un laboratorio di falegnameria per recuperare i giovani a rischio del quartiere. Suo bisnonno, suo nonno e poi suo padre erano falegnami, lui aveva deciso di rompere quella tradizione per andare in città a studiare ingegneria. Quando il padre morì, lui ereditò la bottega, all’inizio non sapeva cosa farsene. Non la voleva vendere. Raggiunta la pensione investì tutti i suoi averi in quel progetto. Le confessò la sua paura di fallire. Poi le raccontò dell’incidente del figlio e della separazione dalla moglie. Anche Elisa, dopo il terzo bicchiere, si lasciò andare e gli parlò della malattia del marito, del suo rapporto difficile col cibo e col suo naso.

Cominciarono a uscire insieme ogni venerdì sera.

Una notte Elisa rimase da Michele. La casa era grande, con tante finestre e balconi. Era arredata con pochi mobili moderni. La camera era minimalista ma il letto era un pezzo di antiquariato. Non era un letto a baldacchino, ma era piuttosto alto da terra. Michele le raccontò che quel letto era appartenuto alla sua bisnonna. La notte delle nozze si era nascosta sotto il letto e non voleva uscire in nessun modo. Il povero sposo s’infilò sotto il letto e a forze di coccole riuscì a tirarla fuori.

Elisa si chiuse in bagno. Si sedette sul bordo della vasca e si domandò:

- Ma ce la farò dopo tanto tempo?

Fece la doccia e si tranquillizzò.

Michele era già sotto le lenzuola quando Elisa uscì dal bagno. Lei stette qualche secondo a guardarlo, poi si fiondò sul letto con un piccolo salto. Il letto sprofondò. Scoppiarono entrambi a ridere ed a Elisa venne in mente la storia dei due vecchietti dell’albergo di Carlo.

Carlo, dopo il periodo di crisi, delegò molte delle sue mansioni dell’albergo a un bravo dipendente. Ogni tanto, quando usciva dal lavoro sentiva l’impulso di andare a giocare, si sedeva su una panchina. Stava fermo per un po’ e si concentrava guardando le lancette dell’orologio. Era l’orologio di suo nonno, lo aveva trovato in un cassetto. Il tic tac lo calmava. Dopo alcuni minuti si alzava e andava a casa.

Laura e Carlo, all’imbrunire si davano appuntamento per andare a passeggiare lungo il fiume. A casa parlavano poco, invece all’aperto imbastivano lunghi discorsi. A Laura sarebbe piaciuto che Carlo le parlasse di Elisa e sapere cosa si dicevano ogni giovedì. Ma la volta che glielo aveva domandato, lui era rimasto sul vago e sembrava infastidito.

A volte Carlo invitava Elisa a passeggiare con loro. Laura avrebbe voluto dire al marito che la presenza di Elisa le procurava disagio, ma non lo faceva. Vedendoli insieme sentiva un malessere strano, quella donna, che cercava di attirare l’attenzione con le sue solite moine e noiose lamentele, la infastidiva.

Michele si univa rare volte a loro, solo quando riusciva a chiudere presto il laboratorio di falegnameria.

Una sera mentre camminavano cominciarono a parlare di cibo. Elisa disse:

- Ieri Michele ha cucinato a casa mia. Ha preparato tagliatelle con pomodorini e asparagi e di secondo filetti al pepe verde. Era tutto delizioso.

- Ma non eri una vegetariana convinta? Anzi talebana! Disse Laura.

- Ma cosa vuole questa, disse tra sé e sé Elisa.

A Carlo non sfuggì la battuta di Laura e disse:

- Vi ho mai parlato del mangiatore di carne?

- Non credo, disse Elisa.

- Nemmeno io ne ho sentito parlare, rispose Laura.

- Era un nostro cliente che ogni settimana prenotava una cena e una camera per una notte. Già dal primo giorno ne ero incuriosito, mi ricordava un ospite vorace di carne della pensione che gestivano i miei genitori quando ero piccolo. Una sera mi sono seduto al suo tavolo mentre fumava un piccolo sigaro. Lui era in imbarazzo, ma la volta successiva cominciò a chiacchierare con me del più e del meno. Dopo diverse settimane mi raccontò la sua storia.

- Quante persone sole ci sono negli alberghi! Esclamò Laura.

- Sentite che storia bislacca! Disse Carlo.

Il volto di Elisa si illuminò, amava ascoltare la voce di Carlo mentre si tuffava in un storia. Laura guardava di sbieco Elisa. Avrebbe voluto che non ci fosse. Sentiva che quella donna le toglieva la venerazione che in quei giorni Carlo aveva per lei.

A lui piaceva cucinare e altrettanto mangiare. Usciva la mattina del lunedì e del mercoledì a comprare il pane e faceva un piccolo giro intorno alla piazza. Il venerdì andava a fare la spesa al mercato, dal suo macellaio di fiducia, prendeva carne macinata, filetti di manzo, spezzatino, cotolette di agnello e un po’ di rosticciana. Aveva una cucina ben attrezzata e molto ordinata. Dietro alla porta teneva appesi i grembiuli. Nel sottoscala aveva un congelatore dove conservava ogni ben di Dio. Mi disse che la sua specialità era lo stufato di cinghiale.

- Ma come era fisicamente il mangiatore di carne ? Descrivicelo, gli domandò Elisa.

- Non interrompermi, altrimenti perdo il filo, disse serio Carlo.

Era un uomo robusto, ma essendo alto mascherava bene il suo corpo grassoccio. Le guance erano paffute e cosparse di macchie rosse. Indossava quasi sempre gli stessi abiti, d’inverno un maglione di lana beige e pantaloni di velluto a coste marroni, d’estate una maglietta bianca e pantaloni di cotone grigio. Abitava da solo. Ogni tanto si tagliava un sigaro a metà, lo accendeva e si sedeva sulla poltrona a divorare romanzi. Aveva lavorato come contabile in un grande maglificio. Da quando era andato in pensione non si relazionava con nessuno, salvo con una collega dell’ufficio. La donna era da anni separata, ma il suo ex marito, essendo uno scansafatiche, ogni volta che si metteva nei guai le chiedeva aiuto. La sua era una vita complicata.
L’uomo ogni domenica invitava la donna a pranzo. Apparecchiava con cura maniacale la tavola e serviva con eleganza gli appetitosi piatti, illustrandone gli ingredienti.

Per lui lei era più che una amica, ma non si era mai deciso ad esternare i suoi sentimenti. Sebbene lei fosse attratta dalla vita parsimoniosa e routinaria dell’uomo ne biasimava la mancanza di vitalità e coraggio.

Per due anni nessuno era mancato all’appuntamento, finché un giorno l’uomo ebbe un attacco di gotta e il dottore gli proibì di mangiare la carne.
Chiamò subito la donna, per raccontarle della sua malattia e lamentarsi della dieta che doveva fare.
- Devi seguire i consigli del medico. Promettimi che lo farai, gli disse
lei.

- Ci proverò, ma che ne sarà del nostro appuntamento? Disse lui.

- Possiamo continuare a vederci come prima, se d’ora in avanti dalla tua tavola sparirà la carne. Altrimenti non contare su di me. Ti posso insegnare a cucinare piatti vegetariani. Vieni da me quando vuoi, anche domani.

L’uomo, giorno dopo giorno, si proponeva di andare da lei, ma non ci riusciva. Tuttavia ogni domenica continuò a preparare succulenti arrosti e stufati, apparecchiando per un unico commensale.

- Che schifo cucinare tanta carne. Mi viene voglia di vomitare solo a pensarci, disse Elisa.

- Non esagerare! Disse Carlo.

- Secondo me il mangiatore di carne sarebbe dovuto andare subito dalla donna. Avete presente i piccoli meteoriti che, cadendo su pianeti remoti, portano semi di vita? Anche lui, nonostante le sue fissazioni, le avrebbe portato un soffio di novità. E’ stato uno sciocco, disse Laura.

- Anch’io sono stato stupido a cacciarmi nei giochi d’azzardo. Non è sempre facile agire con saggezza, disse Carlo.

- Ma adesso, grazie alla terapia di gruppo, ne sei uscito, no? Domandò Elisa.

- Cerco di fare del mio meglio, tagliando corto Carlo.

Laura ogni volta che ascoltava dal marito le parole, giochi d’azzardo, si sentiva a disagio e cercava di cambiare discorso:

- Come mai i protagonisti delle tue storie sono sempre uomini?

- In albergo ci sono tanti uomini soli, le donne di solito vengono accompagnate, rispose Carlo.