lunedì 6 giugno 2022

L' appuntamento - Cap.1

 

Elisa usciva di casa per inerzia. Quando tornava dall'ufficio, si sedeva esausta sul divano, si toglieva le scarpe e, mentre si massaggiava i piedi gonfi, si diceva ad alta voce:

Se sono stressata e ho mal di testa è colpa mia, avrei dovuto saper dire di no agli incarichi che non sono di mia competenza. Se sono ingrassata da schifo è colpa mia, dovrei fare una vita meno sedentaria. Se le mie vecchie amiche non mi chiamano più è colpa mia, sono troppo insofferente.

Verso le otto ordinava una pizza, o si riscaldava del cibo surgelato, e si sedeva a mangiare davanti alla televisione. Prima di guardare un film che facesse per lei, continuava a rimuginare su tutto ciò che le era andato storto durante la giornata.

Ma la mattina, dopo una bella dormita, i suoi sensi di colpa si affievolivano un po' e cercava di convincersi che tante volte la colpa era degli altri o forse di nessuno.

Elisa aveva superato da poco la sessantina. Era vedova da quattro anni. Durante i primi tempi aveva continuato a uscire con gli amici che frequentava prima col marito. Erano quattro coppie affiatate. Ogni sabato sera la invitavano a cena in trattoria. Lei voleva bene a quelle persone, ma insieme a loro si sentiva più sola che mai e ogni settimana le pesava di più.

Oltre alla compagnia e all'amore incondizionato che le aveva dato Fabio, il premuroso marito, le mancavano i lunghi viaggi. Aveva provato a partire con un gruppo di colleghe, ma non era la stessa cosa, non sentiva più quella felicità che aveva provato girando il mondo col marito.

Da quando era rimasta vedova, ogni giovedì mattina, la chiamava Carlo, che era stato il miglior amico di Fabio:

- Passerò da te verso le cinque, le diceva con la sua bella voce profonda.

Elisa sospettava che Fabio, prima di morire, avesse fatto promettere a Carlo che avrebbe avuto cura di lei. Il primo giorno che si incontrarono, Elisa si sentì a disagio, trovandosi da sola davanti a Carlo, ma ben presto si abituò a quelle visite settimanali.

A Elisa piaceva l’aroma del caffè che ogni giovedì si diffondeva nella cucina, le ricordava Fabio mentre preparava, con cura maniacale, la piccola macchinetta. Elisa non amava bere caffè, preferiva il tè.

Il vassoio che lei appoggiava sul tavolino del salotto, conteneva due tazze di porcellana bianca, con i rispettivi piattini e cucchiaini, la macchinetta del caffè, una grande teiera fumante, due tovaglioli di cotone giallo e un piatto con dei biscotti al burro che Elisa comprava in un negozio sofisticato del centro.

Appena sentiva il campanello, Elisa accendeva il giradischi e sceglieva il disco più adatto come colonna sonora della conversazione. Da un tempo a questa parte inseriva il disco Kind of blue, di Miles Davis.

Mentre bevevano a piccoli sorsi, chiacchieravano del più e del meno. Più che altro parlava Elisa, raccontando dei figli, che nel frattempo si erano sposati, poi delle piccole soddisfazioni che le davano i nipotini, ma non mancavano le lamentele verso i colleghi di lavoro. Alla fine quasi sempre rammentava il marito scomparso, ma non menzionava mai il cupo periodo della malattia. I loro incontri del giovedì duravano dai quaranta ai cinquanta minuti.

Carlo era sposato, aveva due figli sulla trentina e lavorava come direttore di un hotel a quattro stelle. Elisa si chiedeva come mai un uomo così impegnato trovasse il tempo di andare da lei ogni settimana. Carlo non era mai mancato all'appuntamento, tranne un paio di volte, ma sempre aveva avvisato il giorno prima con una telefonata.

Dopo circa un anno, Elisa cominciò a raccontargli dei suoi disagi e sensi di colpa.

- Macché, macché sensi di colpa. Dovresti smetterla di martoriarti con pensieri negativi. Bisogna che tu faccia conoscenza di nuove persone, lontane dal tuo cerchio abituale.

Elisa lo guardò fisso e con una voce tremante gli disse:

- E’ facile da dirsi, ma io senza Fabio sono persa, mi sento fuori luogo ovunque. Non ho più l’età di incontrare gente nuova, né tanto meno di riaccompagnarmi.

- Macché, macché, disse di nuovo Carlo, sei giovane e carina, sei ancora in tempo per rifarti una vita.

Nel congedarsi, Elisa abbracciò Carlo più forte delle altre volte.

Carlo era arrivato da Elisa in anticipo. Mentre sorseggiava lentamente la tazza di caffè, prese le redini della conversazione.

- Ti ricordi di cosa abbiamo parlato la settimana scorsa?

- Certo.

- Elisa, ti voglio raccontare una storia.

L'altro giorno sono capitati nel mio ufficio due ottantenni. Erano in piedi davanti a me, mentre parlavo al telefono. Li osservavo dalla scrivania, ascoltando una cliente che si lamentava per il chiasso che avevano fatto i vicini di stanza. I due avevano lo sguardo rivolto sul pavimento. Quando riattaccai il telefono loro rimasero in silenzio. Dopo un po’ l'uomo, abbastanza giovanile nonostante l'età, iniziò a parlare, la donna, anche lei di bell’aspetto, stava zitta. Cominciò elogiando l’albergo, poi la cittadina e andò avanti così per qualche minuto. Poi si sedette e mi disse:

- Il nostro letto è sprofondato, ma le confesso che è successo per colpa nostra.

- Ma non ci siamo fatti mica male, anzi delle belle risate, disse la moglie, diventata improvvisamente arzilla.

Chissà cosa era successo in quella stanza, mi sono detto, ma non ho voluto darle importanza, anche perché avevo già previsto che le spalliere e le strutture dei letti fossero restaurate e rinforzate, quindi li ho fatto sistemare in un'altra camera. Dopo effusivi ringraziamenti se ne sono andati sollevati.

I due vecchietti, la mattina in cui sono partiti, sono ritornati nel mio ufficio, per ringraziarmi di nuovo, volendomi dare una lauta mancia, che io non ho accettato.

Ho fatto chiamare un tassì e mentre accompagnavo la coppia verso il parcheggio di fronte all’albergo, mi sono meravigliato che entrambi fossero così vispi e lesti di gambe.omo con un ghigno, che poi è diventato una risatina contagiosa, mi disse:

- Nonostante l’età, noi due abbiamo una vita sessuale attiva.

- Fare l’amore fa bene alla salute: rafforza il cuore e le ossa,diminuisce lo stress e combatte il mal di testa, disse lei scandendo ogni parola, mentre sorrideva.

- Il sesso è l’elisir di lunga vita, è molto meglio che un antidepressivo, concluse lui.

Mentre mi salutavano con una stretta di mano, mi colpirono di nuovo i loro occhi sprizzanti di allegria.

Elisa si alzò per girare il disco, si servì un altra tazza di tè e disse laconica:

- È un racconto veramente buffo.

- Non è solo buffo, sono certo che le storie degli altri ci insegnano a vivere.

- Non esagerare.

- Cosa avresti fatto tu nella loro situazione, le domandò Carlo.

- A me non potrà mai capitare questo.

- Ma cerca di metterti nei panni della donna, disse Carlo.

- Mi sarei molto vergognata, ma allo stesso tempo sarei stata felice di avere un marito cosi passionale, disse dopo aver riflettuto un po’.

- Vedi, che ti farebbe bene aprirti al mondo e chissà, potresti incontrare un altro uomo.

- Queste cose succedono solo agli altri.









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