mercoledì 10 aprile 2024

Cap 13 Il pergolato ( in italiano)

 



Il patto di Zanjón del 1878 tra spagnoli e rivoluzionari pose fine alla Grande Guerra. Ad eccezione di alcuni mesi, tra il 1879 e il 1880, nella cosiddetta Piccola Guerra in cui si riaccese la lotta, con il passare del tempo sembrava che il fervore politico di una volta avesse ristagnato, tuttavia José Martí e i suoi seguaci stavano preparando il terreno per l'indipendenza cubana. Ma il carismatico leader cubano dovette aspettare qualche anno prima di uscire allo scoperto, fino a quando, nell'aprile del 1892, fondò il Partito rivoluzionario cubano.
In un pomeriggio di fine estate del 1893, Felipe e Olivia arrivarono alla tenuta Esperanza su una carrozza a cavalli. Mariano saltò di gioia vedendo i suoi amici e lasciò da parte il lavoro che stava svolgendo nel capanno dei semi.
- Era ora che ti facessi vivo, amico mio! E tu Olivia, come sei bella! disse, abbracciandoli.
Li accompagnò in giardino e li fece sedere sotto il pergolato.
- Come mai siete da queste parti?
- Passavamo vicino a Pinar del Río e ci faceva piacere venire a trovarvi.
- Anche io sono felice di rivedervi, disse Olivia.
- Manderò subito chiamare Nieves.
Mariano chiamò Gabriel, uno dei suoi più fedeli collaboratori. Gabriel, un uomo mulatto sulla quarantina, si avvicinò lentamente, mentre si puliva gli stivali sull'erba, e strinse la mano agli ospiti. Aveva il viso segnato dal sole e dalle intemperie, gli occhi vivaci e lo sguardo gentile.

Pochi minuti dopo arrivò Nieves, ansimante, di corsa e si gettò subito tra le braccia dei nuovi arrivati.
- Che gioia rivedervi e che sorpresa,
vi trovo bene, disse Nieves.
- Siamo un po'
stanchi di correre da un posto all'altro, vorremo mettere radici, dai Felipe, racconta i nostri progetti, disse Olivia.
- Se tutto va bene,
andremo ad abitare a L'Avana, rispose Felipe.
- Sono content
a che finalmente vi sistemiate in un posto da starci a lungo... ma scusatemi... noi due andiamo un attimo in giardino, voglio far vedere le mie piante a Olivia, disse Nieves, prendendo l'amica a braccetto.
Con que
lla scusa, le due donne si allontanarono per parlare tranquillamente delle loro cose e per permettere ai due uomini di chiacchierare a loro agio:
-
Parlami di questa vostra novità, vi fermerete veramente a L'Avana? Domandò Mariano.
- Beh,
ho abbandonato il movimento indipendentista, rispose Felipe.
- Che cosa è successo?
Domandò esterrefatto Mariano.
- José Martí e i suoi alleati, dopo aver fondato il PRC, si stanno organizzando per combattere contro gli spagnoli. Mi hanno
isolato perché io ancora penso che si possa ottenere l'indipendenza in modo pacifico.
- Mi dispiace, Felipe.
- Sono scoraggiato o meglio d
eluso, poiché credevo veramente in José Martí e lo ammiravo. Fino ad oggi, con il suo enorme potere di persuasione e il suo carisma personale, è riuscito a esercitare un'influenza positiva sulle figure che non erano convinte della necessità di un partito per strutturare la nuova rivoluzione e ha cercato in tutti i modi di evitare che lo spirito di discordia e di rivalità tra i veterani del '68 si spargesse nel PRC, ma ultimamente si è lasciato trascinare dall'ala bellicosa del partito.
- José Martí è da ammirare, ma non sono riuscito a capire cosa
abbia intenzione di fare attraverso il PRC.
- Il PR
C non è un partito politico, non ha scopi elettorali, è un'associazione politica nata per rendere indipendente Cuba e le altre province d'oltremare.
- E
tu speravi che attraverso il PRC si sarebbe ottenuta l'indipendenza cubana in forma pacifica?
- Sì, ma
adesso mi sembra che sarà impossibile. Soprattutto ora che José Martí, attraverso il PRC, sta raccogliendo fondi per formare un grande esercito per combattere contro gli spagnoli.
- Forse non verranno alle armi! È ancora troppo presto per dirlo, gli disse Mariano.
- Non
farti illusioni, sono l'unico del movimento che ha votato per l'indipendenza pacifica.
- Perché i poeti rivoluzionari finiscono sempre per versare sangue?
Disse Mariano quasi sospirando.

- Céspedes fu costretto a farlo, perché oltre a combattere per l'indipendenza, aveva un altro obiettivo: voleva la libertà degli schiavi. Purtroppo, gli schiavi che parteciparono alla guerra erano carne da cannone, e la maggior parte di quelli che rimasero nelle piantagioni furono maltrattati, feriti, violentati o uccisi dagli spagnoli che avanzavano per riconquistare le terre perdute. Ci fu un grande massacro. Ma ora è diverso, bianchi, neri e mulatti possiamo preparare insieme petizioni e cause per ottenere l'indipendenza. Non so se la gente sa che nel PRC militano eccellenti avvocati… José Martí, anche se è sempre stato un sovversivo, gli spagnoli lo hanno già cacciato da Cuba due volte, sa che non può ripetere gli errori della Grande Guerra, quelli che hanno provocato tante ingiustizie e disastri. Anche se al momento gli spagnoli si rifiutano di trattare con lui, bisognerebbe aspettare, senza ricorrere alle armi.
- Capisco bene che tu possa sognare una lotta pacifica, perché lo spero anch'io, ma forse ci sbagliamo entrambi e non esiste sulla faccia della terra una rivendicazione senza violenza e senza provocare migliaia e migliaia di morti e feriti, rispose Mariano.

- Non siamo soli... basti pensare che il movimento pacifista in Europa è nato nel 1819 e che l'uso della resistenza passiva, come strumento per sviluppare la lotta pacifica all'interno della legge, ha cominciato a essere utilizzato nelle lotte nazionaliste e costituzionaliste dopo le guerre napoleoniche... dopo qualche anno il movimento pacifista ha cominciato a prendere forma in tutta Europa attraverso conferenze internazionali come quella di Bruxelles del 1848, promossa da Elihu Burritt e anticipatrice di quella di Parigi del 1849, presieduta da Victor Hugo.
Mariano lo ascoltava ammirato e gli disse:

- Felipe, tu sei molto informato, sai ogni cosa!
- Non interrompermi, altrimenti perdo il filo del discorso... e la conferenza pacifista di Ginevra del 1867 fu boicottata da Marx e dai marxisti e con la paradossale presenza di presunti sostenitori dell'azione violenta, come Mikhail Bakunin o Giuseppe Garibaldi, che si batteva per la conquista dello Stato Pontificio sulla via dell'unità d'Italia. Ti rendi conto di quale paradosso sia il nostro mondo?
- Un grande nonsenso! disse Mariano pensieroso e dopo un paio di secondi aggiunse- se la rivoluzione non violenta prendesse piede in Europa, forse a Cuba avremmo la speranza di evitare una nuova guerra, ma temo che sarà un processo molto lento.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, ognuno pensando agli orrori della nuova guerra che minacciava Cuba, poi Felipe recitò la prima strofa della poesia di José Martí, Yo soy un hombre sincero (Io sono un uomo sincero):
Sono un uomo sincero
Da dove cresce la palma,
E prima di morire voglio
Versare i miei versi d
el anima.
- Come può essere bellicoso uno che scrive una poesia come questa?Concluse Felipe.
- Credo che José Martí sia ormai convinto che senza la lotta armata Cuba non raggiungerà mai l'indipendenza e questo pensiero mi fa soffrire, rispose Mariano.
- Anche a me fa male, dopo tutti i miei sforzi per attuare nella nostra isola tattiche rivoluzionarie non violente, come azioni legali, petizioni e proteste, mi sento impotente.
- Che cosa farai adesso?
- Continuerò a lottare pacificamente a modo mio, Olivia ed io ci trasferiremo a L'Avana e lì ritornerò a fare il semplice cocchiere. Ora non devo più nascondermi, nessuno si ricorda più di me. Voglio insegnare a tutti i bambini poveri di Cuba a leggere e scrivere. Olivia ed io organizzeremo scuole itineranti.
- Felipe, Felipe, perché non lasci la politica di una volta per tutte e vieni in campagna? Qui potresti anche insegnare ai bambini, oltre a leggere e scrivere, quanto sia importante raggiungere la libertà e l'uguaglianza tra bianchi e neri, in forma non violenta.

- È quello che sto facendo, sto lasciando la politica, mio malgrado. Ma mi dispero pensando che nel 1886 è stata approvata la legge che ha messo definitivamente fine alla schiavitù e che a Cuba c'è ancora molta discriminazione razziale: nelle piantagioni e nei quartieri poveri delle città ci sono omicidi, sessualità forzata, aborti, punizioni fisiche e altri abusi da parte dei bianchi nei confronti dei neri.
- Non ti preoccupare, prima o poi i neri saranno uguali ai bianchi, avranno gli stessi diritti, ma non so se riusciremo a vederlo... Cosa ne direste di venire ad abitare in campagna? Gli domandò Mariano euforico
- Non so, non so, ci penseremo, rispose Felipe con una smorfia buffa.
Le due donne ritornarono ridendo e si sedettero accanto ai loro mariti.
- A cosa penseremo? Domandò Olivia al marito.
- Mariano mi ha chiesto se ci piacerebbe vivere in campagna, rispose Felipe.
- Beh, in questo momento, proprio qui accanto c'è una piccola fattoria, chiamata Bonanza, che è in vendita, e nessuno la vuole perché un'ala della villa è stata abbattuta dai ribelli durante la Grande Guerra, disse Mariano.
- Come sei esagerato! Non possiamo lasciare tutto in questo momento. E poi, dove troveremo i soldi per comprare una tenuta? Per il momento abiteremo a L'Avana, Emilia, la vedova di José Sarrá, ci ha offerto una casa di sua proprietà a un ottimo affitto.
- Come sta Emilia?
- Molto bene, ha ereditato una fortuna alla morte del marito e ha nominato Josep, responsabile della farmacia de L'Avana. Credo che all'epoca Josep fosse già socio della farmacia Reunión. Ebbene, il testamento di José Sarrá era una cosa molto complicata, si dice che all’inizio avesse lasciato una buona fetta di eredità a Ignasi e Josep, i due nipoti, ma Emilia, grazie alla sua influenza nelle alte sfere, è riuscita a far sì che l’eredità andasse esclusivamente alle figlie. Ignaci, scoprendo di non ricevere nulla, è ritornato in Spagna indignato. Josep, invece, è rimasto a lavorare nella farmacia e piano piano ne è diventato padrone.
- Non avevo notizie di Josep da anni, ti dissi a suo tempo in una lettera che aveva molte manie e che ho avuto problemi con lui, quando suo zio dovette ritornare a Barcellona e lo mise a capo della farmacia.
- Beh, non lo riconosceresti, è cambiato molto, sembra un uomo diverso. Dirige ancora la farmacia, sono passati più di dieci anni da quando l'ha riformata. Emilia si fidava di lui e andavano molto d'accordo. Ma ho sentito dire che ha ipotecato la sua casa di Malgrat per comprare la farmacia da Emilia. Ha collaborato anche alla fondazione del Collegio dei Farmacisti de L'Avana, di cui è stato presidente per diversi anni e piano piano ha investito i suoi guadagni acquistando case e terre, diventando un ricco uomo d'affari. Dovresti vedere il nuovo stabilimento, rimarresti di stucco, hanno molti clienti.

- Sono felice che la farmacia abbia così tanto successo.
- Credo che gran parte del merito vada a Celia, sua moglie, originaria delle Isole Canarie, poiché quando l'ha sposata ha abbandonato il lavoro di laboratorio, dove si era rinchiuso tutto il giorno. Seguendo i consigli della moglie, si è dedicato, prima a ammodernare e a ingrandire la farmacia, poi ad altri affari redditizi, disse Olivia.
- È stata una fortuna che la moglie lo abbia tenuto lontano dalle provette e dagli alambicchi, altrimenti sarebbe impazzito, disse Mariano, sorridendo.
- L'ultima volta che l'ho visto mi ha detto che aveva molte proprietà a L’Avana, più di quaranta case, ma temeva perdere tutto nel caso fosse scoppiata un'altra rivoluzione. Come potete immaginare, non è affatto un sostenitore di José Martí, ma una volta mi disse che lo ammirava, non per le sue idee rivoluzionarie, bensì per la sua intelligenza e audacia e si vantava anche che fosse nato vicino alla sua farmacia, nella stessa Calle Teniente Rey e che fosse figlio di catalani.
- Sì, il suo attaccamento alla Catalogna fu sempre esagerato, quasi patologico. Non poteva stare più di un anno senza tornare a Barcellona.
- Cosa intendi per patologico? Domandò Olivia.

- Beh, era troppo esagerato, pretendeva di riprodurre la sua terra natale a Cuba. Voi sapete quanto io ami la mia terra di origine e quanto mi emozioni al sentir parlare catalano, ma non è possibile trattare male una povera cuoca perché non sa preparare una fetta di pane col pomodoro, come si usa in Catalogna. Non fraintendetemi, sono davvero contento che sia guarito dalle sue ossessioni, disse Mariano.
- Ti capisco, Josep è sempre stato stravagante - rimase in silenzio per un attimo e un sorriso gli attraversò il viso -
è intelligente ma un po’ matto, disse Felipe.
- Josep è molto
furbo, anche se ci fosse un'altra rivoluzione non credo che abbandonerebbe la sua Farmacia, gli rende troppo. Lui si che è fortunato a poter ritornare ogni tanto a Barcellona – tacque per un attimo e poi aggiunse - anche a me piacerebbe ritornare nella mia terra, ma per adesso mi sembra impossibile, disse Mariano a bassa voce, come se si vergognasse.
- Ora parliamo di voi, come
ve la passate? Domandò Felipe.
- Stiamo bene, a entrambi manca Ángel, ma siamo orgogliosi di aver portato avanti il suo progetto...
perché non vi fermate qualche giorno da noi? rispose Mariano.
- Olivia, posso insegnarti a fare il pane e a cuocere vasi di
coccio, disse Nieves.
- Felipe,
io ti porterò sui campi di cereali, così potrai vedere le novità e nel frattempo potremo parlare delle nostre cose, disse Mariano scherzoso.
-
Se vi fermate da noi per qualche giorno, ci farebbe tanto piacere, disse Nieves.
Olivia e Felipe accettarono l'invito e
scaricarono dalla carrozza il loro piccolo bagaglio. Quella sera cenarono sotto la pergola che Mariano aveva fatto crescere con cura, poiché ai tropici la vite non viene molto bene, ma lui seppe trovare il microclima ideale per le piante, che suo amico Miguel gli aveva portato da uno dei suoi innumerevoli viaggi.
Olivia e Nieves chiacchierarono allegramente durante la cena, scoprendo di essere sulla stessa lunghezza d'onda. Nieves si
recò in camera da letto insieme al figlio, il quale aveva appena compiuto undici anni. Anche Olivia si coricò presto per lasciare gli amici da soli.
I due uomini continuarono
a lungo a parlare di politica e un po’ prima dell’alba, quando stavano per alzarsi dalle poltrone per andare a letto, Mariano confessò a Felipe che lui e Nieves dormivano in stanze separate.
- Non
ci posso credere, Mariano, non è possibile che tu non ti corichi con tua moglie. Io vi vedo innamorati, ma cosa è successo fra di voi?
- Io la amo molto, ma non ho il coraggio di fare il primo passo. Ho paura di offenderla e soprattutto che
lei mi rifiuti.
- Mariano, non puoi aspettare tutta la vita, devi agire, domani devi
infilarti nel letto di tua moglie.
- Ci proverò, sono mesi che ci penso,
ma non oso.

Due giorni dopo, all'alba, fecero colazione tutti insieme sotto il pergolato. Nieves aveva sfornato il pane e Mariano aveva disposto sul tavolo banane, avocado, caffè e una brocca di latte appena munto. La colazione fu per i grandi una vera e propria festa, anche per Angelito che si divertì tutto il tempo a giocare a domino con Felipe. Erano le nove quando si recarono alle scuderie. Mentre Felipe saliva sulla carrozza, Mariano gli fece l'occhiolino.
Felipe sorrise al segnale dell'amico che
indicava che finalmente era andato a letto con la moglie. Mentre si stavano salutando allegramente, fermi al cancello della tenuta, era arrivato il postino con una lettera.
Mariano, dopo aver visto scomparire
in lontananza la carrozza di Felipe, guardò la lettera con attenzione, strappò la busta, estrasse il foglio e ne lesse lentamente il contenuto. Nieves guardò l’espressione del viso del marito per capire se fosse una buona o una cattiva notizia.
- È una lettera di Isabel, annunciò Mariano alla moglie.

Santa Clara 16 settembre 1893

Caro Mariano,
sono passati diversi anni dalla mia ultima lettera. Scrivo
io stessa e non qualcun altro per me (ho imparato a leggere e scrivere grazie a un sacerdote). Spero che tu sia in buona salute, grazie a Dio anch’io sto abbastanza bene, beh, ho avuto qualche problema. Adesso ti spiego:

Non ti ho mai parlato di mio figlio Lucas, che ora ha diciassette anni, l'ho avuto prima di conoscerti, dopo essere stata violentata da un caposquadra della fattoria dove lavorava Amelia, mia madre. Ricordi che ti ho raccontato le atrocità e le ingiustizie che ha subito come schiava? Nemmeno lei sapeva del bambino. E’ stato allevato da Rogelia, la vecchia chiromante che gli ha fatto anche da madre. Lucas è un ragazzo intelligente e allegro, ha imparato il mestiere di falegname grazie a Tomás, mio marito. Tomás è rimasto con lui il giorno del vostro matrimonio, per questo tu e Nieves non lo conoscete. All'epoca non ti ho parlato di Tomás, perché non vivevamo ancora insieme. Per fortuna lui si è subito affezionato al ragazzo. Rogelia, che amavo tanto, è morta otto anni fa e Tomás è venuto a vivere da noi.
Ma
adesso mio figlio deve nascondersi perché ha insultato un sergente dell'esercito spagnolo. Lucas è latitante, ma non ha fatto nulla di male. So che ti chiedo troppo, ma ti prego di nasconderlo nella vostra fattoria, te ne sarei grata per tutta la mia vita.

Sono passati sette anni da quando ho sposato Tomás, un uomo buono che si è sempre preso cura di Lucas come un figlio, ma la sua salute è delicata e per adesso non può più fare nulla per lui. In questo momento mio figlio si trova nella parrocchia di Santa Clara, Mosén Román, quello che mi ha insegnato a scrivere, lo ha nascosto negli scantinati della chiesa, ma in qualsiasi momento potrebbero essere acchiappato... non può rimanere lì a lungo. Per il resto, non mi posso lamentare, sto ancora lavorando nella locanda del villaggio, pulendo le stanze e servendo ai tavoli. Spero che tutto vada bene anche per voi nella fattoria Esperanza. Mi è piaciuto venire al vostro matrimonio. Tua moglie è molto carina e affettuosa, spero che siate felici. E i tuoi amici sono molto simpatici.
Un grande abbraccio a te e a Nieves
Isabel

Mariano consegnò la lettera a Nieves. Lei sorrideva, mentre la leggeva, pensando a quanto fosse stata sciocca a essere gelosa di Isabel, che conosceva a malapena, ci aveva parlato solo per qualche minuto il giorno del matrimonio, ma le era piaciuta. Marito e moglie si guardarono e, senza bisogno di parlarne troppo, decisero che Lucas sarebbe stato il nuovo falegname della tenuta Esperanza.









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