martedì 23 aprile 2024

Cap.16 - Il segreto ( in italiano)


 

José Defaus Ballesté spostò piano piano su un lato la testa, appoggiata sul cuscino, e dopo un respiro affannoso, sussurrò alla moglie:
- Il parroco e io siamo ricorsi a uno stratagemma per anticipare il matrimonio di Francisco e Teresita.
- Non stancarti! È acqua passata.
José era debole, ma raccolse tutte le sue forze per scrollarsi di dosso il peso del segreto che da tanti anni gli premeva sul petto, ma si rese conto che mentre lui parlava sua moglie era calma, come se sapesse già cosa le avrebbe confessato.
- Nessuno doveva sapere che Teresita era incinta - fece una pausa prima di continuare - ma il matrimonio non poteva celebrarsi subito, poiché, essendo gli sposi cognati, il vescovo aveva bisogno di più tempo per concedere il permesso.
- Il matrimonio è valido, non è vero? Allora, non mi interessa come avete risolto e adesso non parlare più.
- Certo che è valido, non c’è stato nessun imbroglio - fece una lunga pausa per respirare - potevano sposarsi, la legge ecclesiastica e civile lo permetteva, ma era una cosa lunga, il permesso ci avrebbe messo diversi mesi ad arrivare e noi non potevamo aspettare.
- José, riposati, me ne parlerai un altro giorno.
- No, devo farlo adesso, voglio liberare la mia coscienza. Il parroco, senza commettere alcun sacrilegio e salvando la nostra reputazione, aveva pensato a tutto. Te l'abbiamo nascosto per non farti soffrire.
- Davvero, non mi interessa quello che avete fatto. Quello che voglio è che tu guarisca, adesso non parlare più, dai non essere testardo, José.

- L'atto di matrimonio non poteva essere registrato il giorno stesso delle nozze, bisognava aspettare un po’ di tempo... finché una sera Francisco e Teresita furono chiamati a firmare i documenti in sacrestia - guardò la moglie e scegliendo con cura le parole disse lentamente - l'atto fu registrato quando la bambina Teresa aveva tre mesi e loro diventarono ufficialmente marito e moglie. Scusami se te l'ho tenuto nascosto.
- Non c'è nulla da perdonare, è tutto risolto. Ora riposa e cerca di dormire, gli sussurrò la moglie, senza mostrare alcuna perplessità.
Teresa si fidava del marito e, sebbene a un certo punto avesse sospettato qualcosa di strano, non aveva mai voluto sapere cosa stesse combinando per risolvere gli affari di famiglia.
I nipotini del moribondo, Teresa, Maria, Francisco e Josep, erano in cortile e non riuscivano a capire cosa stesse succedendo. Teresa, la maggiore, piangeva istericamente, Maria cercava di consolarla, il piccolo Josep giocava correndo e cantando un ritornello a voce alta. Francisco, da tutti veniva chiamato Cisco, nonostante avesse otto anni, ordinò ai fratelli di smettere di urlare e fare confusione.

- State buoni, io vado a vedere come sta il nonno e tu Teresa smetti di piangere, disse Cisco con serietà.
Il ragazzino entrò nella stanza dove giaceva il nonno e si avvicinò al letto. Il malato sembrava tranquillo, così Teresa disse al nipote:
- Dai, saluta il nonno che sta per addormentarsi.
Cisco si avvicinò al malato, gli posò le labbra sulla fronte e disse alla nonna:

- La fronte del nonno è gelida.
Teresa si accorse che la carnagione del marito era diventata bianca, gli toccò le mani e sentì che erano fredde.
- Presto venite, José è morto, gridò Teresa singhiozzando.
Quella sera, José Defaus Moragas passò all'altro mondo nel sonno, senza venire a sapere che Cuba non apparteneva più alla Spagna. Nemmeno José Martí riuscì a vedere come le sue lotte e i suoi versi avrebbero portato all'indipendenza, anche se in realtà non fu l'indipendenza che lui aveva sognato, poiché Cuba divenne una Repubblica sotto la tutela degli Stati Uniti.

Mentre quel giorno di fine luglio 1898 José Defaus stava esaurendo le ultime ore di vita, suo figlio, Mariano, all'alba, si preparava per andare a prendere il primo treno per L'Avana, dove voleva acquistare dei prodotti che non era riuscito a trovare al mercato di Abastos de Pinar del Río.
Da quando era stato inaugurato l'ultimo tratto della linea ferroviaria che collegava L'Avana a Pinar del Río, era meno faticoso recarsi a L'Avana, il viaggio era diventato più veloce e confortevole. Mariano andò a prendere il treno alla stazione di Las Ovas, dove fu accompagnato in carro da Lucas. La piccola stazione, inaugurata il 16 luglio 1893, fu costruita prima dell'arrivo del treno, in un'area confinante con la città che cominciava a essere disboscata. Un gruppo di operai costruì l’edificio di legno a un piano. Lo verniciarono di blu e per proteggere i viaggiatori dalla pioggia costruirono un grande portico sostenuto da quattro colonne dipinte di gialle. Le finestre e la porta furono verniciate di bianco e il tetto di grigio.

Lui si sedette fuori su una delle panchine di legno. Mentre aspettava il treno, guardando la vegetazione intorno alla stazione, ricordò che anche a Malgrat c’erano delle palme, che il signor Prats, un ricco compaesano che aveva fatto fortuna emigrando a Cuba, aveva fatto trapiantare. Da bambino andava spesso con suo padre a passeggiare vicino alla lussuosa casa del signor Prats, circondata da un grande giardino con piante esotiche; mentre il padre ammirava la villa, lui guardava le palme e i bellissimi fiori viola della pianta di Jacaranda.

Quando arrivò il treno smise di pensare con nostalgia al paese dove era nato e cominciò a leggere un libro. Il treno arrivò in tarda mattinata alla vecchia stazione di Villanueva de L’Avana. A Mariano piaceva camminare lentamente osservando la gente, perciò decise di passeggiare per i quartieri della città vecchia. Le strade erano affollate di persone di ogni tipo: ricchi, poveri, servi, liberti, soldati, venditori ambulanti e negozianti che uscivano dai loro negozi (drogherie, alimentari, banchi di frutta, sartorie, tabaccherie, ecc.) urlando quanto fosse buona la loro merce. Un'esuberante donna di colore si avvicinò a Mariano senza nessun ritegno, lui le disse che non era interessato ai suoi servizi e lei si allontanò, facendo l’offesa.
Piano piano l'odore e il trambusto della città lo riportarono al giorno in cui era arrivato a Cuba insieme al signor Sarrá, con una valigia di cartone e uno zaino. Ricordava ancora il disaggio che gli procuravano la smania e la sfacciataggine delle donne cubane. Sorrise al pensiero della svolta impensabile della sua vita. Allora era un ragazzo timido e timoroso di diciassette anni, adesso era un uomo coraggioso di quarantadue, soddisfatto della vita e della famiglia. Voleva bene a Nieves, la moglie, ad Angel, il suo figlioccio diciassettenne e ai tre figli: Juan, di quasi quattro anni, José, di un anno e mezzo, e Teresa, nata due mesi prima. Si ripromise, appena fosse stato riaperto il nuovo studio fotografico di Pinar del Río, di farsi fotografare con tutta la famiglia, per poter inviare la foto ai genitori. Quel giorno non poteva sapere che Nieves gli avrebbe dato altre due bambine, Ramona e Clotilde.

- Ho una moglie, tre figli e un figlioccio che amo da morire e una famiglia in Spagna che spero di rivedere presto, sono felice, disse a se stesso, guardando una donna mulatta che camminava sorridente con un mucchio di bambini.
Mentre pensava a tutto ciò, era arrivato al negozio dei tre fratelli, Pau, Pepe e Pere, i quali lo accolsero con grande gioia. Il grande e il mezzano soffrivano di gotta e reumatismi, ma se la cavavano abbastanza bene, mentre Pere, quello che non si ammalava mai, aveva scoperto di avere i calcoli renali.
- Non potete immaginare quanto siano dolorose le coliche renali.
- Dovresti bere più acqua, sono sicuro che tanto alcol non fa bene ai reni.

- Beviamo qualcosa per festeggiare il tuo arrivo!
- Non prendermi in giro, insieme a me non berrai neanche un goccio di liquore, rispose Mariano.
La sera aveva un appuntamento con Felipe nella Plaza de Armas. All'ora stabilita, gli si avvicinò la carrozza a cavalli dell’amico.
- Dai, Mariano, sali.
- Felipe, come sempre così puntuale!
La carrozza fece un lungo giro per la città mentre i due amici parlavano:
- Felipe, non ti ho mai detto perché sono fuggito dalla Spagna.
- Anche se la Guardia Civil venisse a cercarti, per me saresti sempre un amico.

- Devi sapere che sono un fuggiasco - disse Mariano con un'espressione timida e dopo qualche secondo aggiunse - mio padre mi preparò il terreno per farmi fuggire dopo essere stato denunciato da una donna; è stata una ragazzata, ma mi ha segnato per tutta la vita. Per mio padre era un disonore che un figlio fosse stato chiamato a presentarsi in tribunale e, temendo i pettegolezzi, fece sapere a tutti che la mia partenza a Cuba era dovuta al fatto che ero stato sorteggiato per andare al servizio militare e quindi ben presto avrei ricevuto la cartolina di leva.
- Scusa la mia curiosità, ma cosa avete fatto di male a quella donna per convincerla a denunciavi?
- Se hai un po' di tempo, te lo racconterò, sono emozionato perché non l'ho mai detto a nessuno, nemmeno il signor Sarrá era a conoscenza della mia vera storia.
- Non ti preoccupare, quello che mi dirai non uscirà dalla mia bocca.
Mariano cominciò dall'inizio a raccontare la birbonata che lui e il suo amico Pepito avevano portato a termine

- Con l'arrivo della ferrovia e le prime industrie, in paese era stato aperto un locale notturno, una casa de barrets.
- Casa de barrets, vuole dire bordello, vero? Domandò Felipe.

- Sì, barret significa cappello da uomo. Il bordello, si trovava nella parte alta del paese, a El Castell, un quartiere popolare, così chiamato per la presenza di una torretta medievale. Era gestito da Lola, una vedova che si faceva chiamare Señora Iglesias. Lì diverse femmine si offrivano al piacere degli uomini. In genere si trattava di operaie, vedove o altre donne bisognose che svolgevano quel mestiere per sfamare i figli, ma durante le festività arrivavano prostitute da Barcellona.

- Huy, huy, huy!!!! La faccenda diventa piccante, disse Felipe ridendo.
- Era frequentato da maschi di tutte le età, compresi i giovanissimi...
era consuetudine che gli uomini ricchi accompagnassero di nascosto i loro figli da Lola, per la loro iniziazione sessuale e si diceva che la vedova Iglesias fosse la più esperta in quel campo.

- Che usanze!
- Da non crederci, i più puritani si lamentavano e davano la colpa al bordello e alle prostitute della perdizione dei loro figli, ma loro erano i primi a frequentarlo.
- Che ipocriti! - Felipe lo guardò accigliato e con le sopracciglia inarcate - A Cuba la prostituzione non è nascosta e anche se non è autorizzata, è praticata ovunque, come succede a L'Avana, dove c'è una prostituta in ogni angolo di strada, ma le autorità chiudono un occhio, finché qualcuno non presenta una denuncia, ma questo non succede quasi mai.
- Pepito e io eravamo dei mocciosi di sedici anni, intenzionati a scoprire cosa succedeva là dentro. Una sera ci siamo nascosti dietro a dei cespugli e abbiamo atteso l'arrivo dei clienti. All’imbrunire ci siamo avvicinati alla casa e, nascosti dietro un muro, abbiamo sbirciato dalle finestre...le stanze erano poco illuminate, ma le ombre facevano intravedere il desiderio maschile e i servizi sessuali offerti dalle donne.
- Accidenti, posso immaginare come avete reagito quando siete stati scoperti!

- Non correre troppo Felipe, quel giorno non ci siamo fatti scovare da nessuno mentre guardavamo l'andirivieni dei clienti. Era la vigilia di una festività e c'erano più donne del solito e tanti uomini. Alcuni di loro li conoscevamo, perché erano persone importanti del paese, altri operai che spendevano lì il loro salario settimanale. Accanto c'era un locale, chiamato La Cueva, così buio da sembrare una grotta, dove gli uomini andavano a bere vino, prima e dopo essere andati dalla vedova Iglesias.

- Arriva al punto, Mariano.

- Ci siamo ritornati altre due o tre volte, nell'ultima abbiamo scoperto due prostitute mai viste prima, erano belle e un po' più giovani di quelle che lavoravano di solito lì. Avremmo voluto un appuntamento con loro, ma non avevamo un quattrino. Pepito, che era ragazzo sveglio, aveva escogitato un piano per non dover pagare: Bisognava ricattare Lola, mi diceva.
La vedova era seduta dietro un bancone e quando ci vide disse: - Qui bisogna pagare in anticipo. - Se non ci farai passare, spiffereremo al sindaco che alcuni uomini illustri del paese, addirittura un prete, frequentano il tuo locale, disse Pepito.
- Birbanti! Urlò Lola. Poi la vedova cominciò a urlare come una pazza e subito chiamò l'ufficiale giudiziario che si trovava in una stanzetta con una delle donne. Pepito non aveva previsto quell’inconveniente. In pochi minuti si scatenò l'inferno, l'ufficiale giudiziario arrestò noi e altri ragazzi, che aspettavano il loro turno e si erano immischiati nella rissa, e la vedova ci denunciò.
- E cosa disse tuo padre quando lo scoprì?
- Non era arrabbiato per la ragazzata, bensì per le conseguenze. Per questo motivo, quando il verbale del tribunale arrivò in municipio, il sindaco, che era amico suo, lo fece chiamare e fece in modo che nessuno sapesse che ero stato denunciato. Tutto il paese pensò che io fossi scappato per non arruolarmi nell'esercito: era più nobile essere un disertore che un ribelle o un criminale.
- Sono sempre amico tuo, non preoccuparti, non hai fatto nulla di male, l'unica cosa che ti può accadere è che tu non possa far ritorno in Spagna. Mi informerò e ti farò sapere.
Quella stessa sera Mariano confessò a Nieves il segreto che aveva tenuto nascosto per tanti anni. Lei lo guardò negli occhi e disse scherzando:
- Che delusione, tutto qui?








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