giovedì 11 aprile 2024

Cap. 14 - Il testamento ( in italiano)


Dopo la dichiarazione d'amore di Mariano a Nieves, nella fattoria Esperanza era ritornato il buon umore. Una sera di primavera, marito e moglie si recarono insieme per la prima volta al Teatro Milanés di Pinar del Río per assistere allo spettacolo Don Juan Tenorio di José Zorrilla, interpretato da una compagnia spagnola.
- Nieves, non dimenticare mai che nell'anno 1893 fu inaugurata la prima centrale elettrica di Pinar del Río. Guarda che bella illuminazione ha il teatro, non più a gas, ma elettrica.
- Ricorderò l'anno 1893, per la tua dichiarazione d’amore, disse lei baciandolo.
- Sai che da quando ho lasciato il mio paese non avevo più assistito a uno spettacolo teatrale, le disse lui all'orecchio, mentre dal palco centrale guardavano la scena in cui Don Juan rapiva Doña Inés.
Quando uscirono dal teatro, Nieves gli disse:
- Se avremo una bambina vorrei chiamarla Inés e se fosse un maschio, Juan.
- Sono d'accordo su Juan, ma se sarà una bambina, vorrei che si chiamasse Teresa, come mia madre.
- Voi uomini dovete sempre comandare, ma questa volta te lo concedo, perché anche a me piace il nome Teresa.
Un'altra sera andarono a cena al Café-Ristorante La Perla, un rinomato locale aperto dieci anni prima, dove non erano mai stati prima di allora.
In quell'occasione, Mariano raccontò a Nieves che molti anni indietro era rimasto a bocca aperta quando era entrato per prima volta nel ristorante Les set portes di Barcellona.

- Come te, anch'io sono rimasta senza parole di fronte a tanto splendore a Madrid, quando Ángel mi portò a mangiare un cocido (stufato di carne, patate e verdure) al ristorante LHardy sulla Carrera de San Jerónimo.
La coppia di innamorati in quel periodo cominciò a uscire di più, frequentava sale di spettacoli e locali notturni e di conseguenza faceva nuove amicizie. Ángel, il figlio di Nieves, che aveva appena compiuto dodici anni, rimaneva volentieri a casa e trascorreva le serate a leggere o a giocare a carte con Gabriel e Lucas.
In quel periodo l'incertezza e la paura di una nuova guerra stavano crescendo in tutta l'isola. José Martí, dopo aver convinto Maceo e Gómez, entrambi esiliati all'estero, a unirsi al PCR, intraprese un faticoso lavoro all'estero per raccogliere risorse e cercare consensi per il movimento di liberazione cubano, che durò quasi tre anni. Nell'aprile del 1895 José Martí e i suoi alleati partirono verso Cuba e sbarcarono nei pressi di Baracoa. Il loro arrivo fu accolto con giubilo dalla popolazione e molti contadini si unirono a loro. Il poeta la chiamò La guerra necessaria. Reclutarono 40.000 uomini e si incamminarono verso ovest, dove il 19 maggio affrontarono per la prima volta l'esercito spagnolo, in una località chiamata Dos Rios.
Il primo giorno di combattimento José Martí fu colpito e ucciso sul campo di battaglia mentre guidava una carica suicida verso le linee nemiche. Se fosse sopravvissuto, sarebbe stato sicuramente eletto presidente di Cuba, tuttavia dopo la sua morte divenne un eroe e un martire.

Nonostante le difficoltà della guerra appena iniziata, nel 1895 i fuochi d'artificio scoppiarono nella tenuta Esperanza, per festeggiare la nascita di Juan, il primo figlio di Nieves e Mariano. Quando Teresa Moragas e José Defaus lessero il telegramma di Mariano che annunciava la nascita del piccolo Juan Defaus Herrera, fecero salti di gioia.
Gómez e Maceo, consapevoli degli errori commessi durante la Guerra dei Dieci Anni, marciarono verso ovest, radendo al suolo e bruciando tutti gli accampamenti e le caserme spagnole sul loro cammino. Le prime vittorie portarono a un'offensiva prolungata e, nel gennaio 1896, Maceo penetrò a Pinar del Río, mentre Gómez resisteva nei pressi de L'Avana. Proprio mentre Maceo entrava in città, a pochi chilometri di distanza Nieves partoriva José, il loro secondo figlio.
Quando Teresa lesse il telegramma che annunciava la nascita di José Defaus Herrera, fu felicissima. Suo marito, che aveva appena compiuto settant'anni, non mostrò la gioia che lei si sarebbe aspettata.
José Defaus Ballesté era sempre più triste, da tempo sentiva gli acciacchi della vecchiaia ed era spaventato perché sentiva che l'ora della sua morte si stava avvicinando. Piano piano perse l'appetito e cominciò a uscire sempre di meno.

Teresa aveva a lungo sofferto in silenzio, pensando che i tre figli lontani da casa avrebbero avuto ben poco dell'eredità del marito, ma non osava parlargliene, perché lei non possedeva nulla, era tutto suo. Tuttavia, quando José cominciò a dire che era arrivato il momento di fare testamento, Teresa osò parlare:
- Dovresti dare a Mariano, Isidro e Marieta un po' più di legittima.
- Ma Teresa, devi sapere che io sto seguendo la legge.
- Lascia stare la legge. José, devi dare loro più beni.
- Tutti e tre si sono fatti strada nella vita, non hanno bisogno dei nostri soldi. Pensa a Mariano che, sposando Nieves, è diventato proprietario terriero.

- Mariano non è il padrone, Nieves è la proprietaria di tutto. La stessa cosa accade a María, la casa appartiene a suo marito... e non dimenticare che il povero Isidro vive in una casupola in affitto. Isidro è quello più bisognoso, ma a tutti andrebbe bene avere un bel gruzzolo. La vita è piena di contrattempi, non si sa mai cosa può accadere.
- Bene,
Teresa, farò come dici tu: Francisco sarà il mio erede universale, tu sarai l'usufruttuaria di tutti i miei beni e gli altri figli riceveranno una discreta parte del patrimonio. Cosa ne diresti di 2000 pesetas?
- Ora
si che mi piaci, ma forse dovresti lasciare a Isidro qualcosa di più, sarebbe stato lui l'erede universale se non l'avessimo fatto imbarcare, disse Teresa.
- Basta
sciocchezze, il mio erede è Francisco.
- Non voglio discutere con te, ma devi ammettere che abbiamo trattato Isidro peggio
degli altri. È per questo che non viene spesso qua, credo che sia arrabbiato con noi.
-
Io sono tranquillo, credo di avergli fatto un grande favore, allontanandolo dalla brutta strada.

- L'ultima volta che è venuto da noi mi ha detto che si sentiva la pecora nera della famiglia, ma speriamo che tutto questo risentimento svanisca. E poi ho paura che guadagni poco facendo il bottaio.
- Sei sempre così esagerata! Vedrai che Isidro sarà contento della sua parte di eredità.
Teresa era preoccupata per Isidro e per qualche giorno smise di pensare a Mariano, ma presto, ascoltando la radio, sentì che era iniziata una nuova guerra dall'altra parte dell'Atlantico e tornò ad essere in ansia per lui. Le notizie da Cuba erano distorte. Teresa non capiva bene cosa stesse realmente accadendo sull'isola.
Mentre a Cuba gli spagnoli rispondevano con forza e atrocità agli attacchi di Maceo e Gómez e cominciavano ad adottare tattiche brutali per limitare i movimenti dei ribelli e indebolire la resistenza clandestina (i contadini venivano imprigionatati in campi di concentramento e chiunque sostenesse la ribellione veniva giustiziato), in Spagna, per la paura di perdere la colonia, crescevano il patriottismo e il sostegno alla guerra. Il 7 dicembre 1896, i ribelli subirono un duro colpo militare quando Antonio Maceo fu ucciso a sud del L'Avana mentre cercava di fuggire verso est.

A quel punto, Cuba si trovò nel caos: migliaia di persone erano morte, il Paese era in fiamme. Furono mesi terribili. Alla fine del 1897, il governo spagnolo si ritrovò con le casse vuote e un esercito dimezzato a causa delle malattie tropicali e della resistenza dei ribelli. Tuttavia, le truppe fedeli alla Spagna controllavano ancora tutte le città, i porti e le infrastrutture vitali di Cuba. Il governo statunitense si lamentava che la guerra aveva danneggiato i loro interessi e chiese riforme alla Spagna per ottenere la pace, ma la guerra sembrava non avere fine, poiché i ribelli non erano stati completamente sconfitti.
Nel gennaio 1898 la corazzata Maine fu inviata a L'Avana per proteggere i cittadini americani. Il compito non fu mai portato a termine: il 15 febbraio 1898 la Maine esplose inaspettatamente nel porto de L'Avana, uccidendo 266 marinai. Gli spagnoli sostennero che si era trattato di un incidente, gli americani diedero la colpa della bomba agli spagnoli e alcuni cubani accusarono gli Stati Uniti di aver usato il fatto come pretesto per intervenire. Nonostante le varie indagini condotte negli anni successivi, la vera origine dell'esplosione è forse uno dei grandi misteri della storia. Dopo il disastro del Maine, gli americani offrirono 300 milioni di dollari alla Spagna per Cuba e, quando l'accordo fu rifiutato, scoppiò la guerra.

Gli americani affondarono le navi spagnole in sole quattro ore al largo della baia di Santiago de Cuba. L'unica grande battaglia terrestre ebbe luogo il 1° luglio 1898, quando l'esercito americano attaccò le posizioni spagnole sulla collina di San Juan, a ovest di Santiago. Nonostante l'inferiorità numerica e le armi limitate e obsolete, gli spagnoli assediati resistettero per due settimane: fu l'inizio della fine per gli spagnoli, che dovettero arrendersi senza condizioni agli americani il 17 luglio 1898.
Mentre la Spagna perdeva Cuba, José Defaus Ballesté moriva nella sua casa di Malgrat senza potersi congedare da tutti i suoi figli. La sua morte fu rapida: una sera ebbe un infarto che lo lasciò immobile a letto per ventiquattro ore. Sua moglie, i suoi figli, Francisco e Marieta e la nuora, Teresita, non lo lasciarono un solo momento, né di giorno né di notte. Nell’agonia, Teresa continuava a dire al marito che Mariano e Isidro sarebbero arrivati presto. José fu cosciente fino alla fine e raccomandò alla moglie di abbracciare i figli a nome suo, non appena fossero arrivati e di dare loro i beni che lui aveva disposto.
- Francisco, prenditi cura di tua madre, di tua moglie e dei tuoi figli, ora sarai tu il capofamiglia.
- Lo farò, fidati di me, padre.
- E tu Marieta, non dimenticare tua madre.
- Padre, sai che non dimenticherò mai madre, rispose Marieta.

- Grazie Teresa, per l'amore che mi hai dato e per aver dedicato tutta la tua vita a me e ai nostri figli. Senza di te non sarei stato un padre giusto, né un marito fedele, né un buon cristiano, sarei stato una nullità.
- Non dire così, mi fa piangere, rispose Teresa accarezzandogli la testa.
- Ma prima di morire, voglio confessarti una cosa che ho fatto e che forse tu non avresti permesso... Potete lasciarci soli per qualche minuto?
- Certo, padre, disse Marieta, uscendo dalla stanza con Francisco e Teresita, che aveva cominciato a piangere.
- Non ci crederai a quello che sto per confessarti.
- Non sforzarti di parlare! Per me fa lo stesso, sapere o non sapere.






 

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