lunedì 4 marzo 2024

Prologo (in italiano)

 


In una notte afosa di fine estate 1837, Mariano Defaus Moragas morì nella sua casa, aveva compiuto ottantuno anni da qualche settimana.

Pochi giorni prima di morire disse a Nieves:
- Nel
la soffitta c'è un baule con dentro una valigia, portamela. La chiave è nel cassetto centrale della mia scrivania.
Nieves si affrettò a salire le scale per prendere ciò che Mariano
le aveva richiesto, ma prima avvisò Felipe per farlo rimanere al suo capezzale.
Il b
aule non veniva aperto da tempo. Era l’unico bagaglio che accompagnava Mariano quando era arrivato alla fattoria Esperanza. Nieves cercò nel cassetto la chiave. Fece fatica ad aprirlo perché la serratura era arrugginita. Mentre ci riprovava sentì un brivido lunga la schiena, temeva di trovare lettere compromettenti. Aveva fiducia in Mariano, ma sapeva per esperienza che ogni persona potrebbe avere dei segreti.
Aprì il ba
ule, dove c'erano un vecchio cappotto di lana nera, una logora coperta grigia, uno zaino di stoffa sbiadita e due libri dalle copertine sciupate. Ne prese uno, il cui titolo era Marina, una zarzuela di Francisco Camprodón. Lo sfogliò e capì che si trattava della storia d'amore tra il capitano di una nave e Marina, una ragazza orfana. In una delle prime pagine lesse: Costa de Levante, spiaggia di Lloret.
-
La spiaggia di Lloret mi dice qualcosa.. credo che una volta Mariano mi parlò di questo piccolo villaggio di pescatori a pochi chilometri a nord da dove lui era nato, si disse.
Poi ricordò il giorno in cui Mariano
le raccontò che durante il viaggio da Barcellona a L’Avana aveva letto e riletto quel libro decine di volte. Poi pensò alla traversata oltreoceano che invece lei aveva fatto e mormorò:

- Se avessi saputo leggere, il mio viaggio da Cadice a L’Avana non sarebbe stato così lungo e faticoso.
L'altro libro era
Cor de Roure di Ramón Picó Campamar, un altro drammaturgo. Gli diede una rapida occhiata, ma riuscì a capire ben poco, perché era scritto in catalano; era anche esso un'opera teatrale, ma ambientata in un castello della Catalogna medievale.
Nieves aveva un buon orecchio
musicale e una gran memoria. Quando Mariano parlava al telefono in catalano, prima con sua madre, poi con suo fratello o con uno dei suoi amici al Casal Català di Pinar del Río, capiva un po' di quello che dicevano. La traduzione del titolo poteva essere Cuore di Quercia, ma non ne era sicura.
- Mariano
ha sempre amato il teatro, pensò.
Rimise i libri nel ba
ule, tirò fuori la valigia, la accarezzò e quando stava per aprirla le sue mani si bloccarono.
- Non posso farlo, si disse.
Entrò ansimante nella stanza dove giaceva Mariano,
il quale era stato trasferito al piano terra, per evitare di dover salire e scendere le scale in continuazione.
Olivia aggiustò i cuscini in modo che lui potesse piegarsi in avanti e
Felipe gli avvicinò la valigia e la aprì.
C'erano
quattro pacchi di lettere e su ognuno c'era un cartellino con un nome: Madre, Felipe, Maria e Isabel. Quello della madre era il più voluminoso.
- Vorrei che
uno di voi mi leggesse una lettera di ogni plico, disse Mariano, facendo un grande sforzo.
- Abbiamo tempo,
adesso riposati, cominceremo domani, gli disse Felipe.
Nieves e Felipe presero l'abitudine di leggergli una lettera all’imbrunire, ma con il passare dei giorni il malato smise di parlare, entrando in uno stato di agonia. Nei pochi momenti di lucidità rimasti, Mariano sapeva che il tempo gli stava per scadere e con le sue ultime forze iniziò a scorrere gli eventi della sua vita, non ebbe rimpianti e si sentì soddisfatto dell'amore che aveva dato e ricevuto. Nell'inaspettato miglioramento che gli agonizzanti hanno prima di morire, lui riuscì a dire a Nieves, quasi senza fiato:
-
Estava tot escrit (era tutto scritto).
- Non sforzarti
a parlare, adesso chiudi gli occhi, gli disse lei dolcemente.
- Non voglio fiori al mio funerale.
- Non
ti preoccupare, ci penserò io a tutto.
- Ho lasciato una lettera
sulla scrivania con le mie volontà.
- Non ti affaticare... Ti amo, il primo giorno che ti ho visto
ho sentito un pizzico di felicità nel mio cuore, ma non te l'ho mai confessato, ora voglio che tu lo sappia, disse Nieves, baciandolo.
-
Non era Ángel il tuo grande amore? Gli domandò lui, alzando un po' la testa.
- No,
sei stato sempre tu, rispose lei.
- Anch'io ti
ho amata dall’inizio, le disse Mariano e chiudendo gli occhi cadde in un sonno profondo.
Nieves rimase a
l suo fianco, ma si addormentò, senza nemmeno rendersene conto. Dopo poco sentì la freddezza della mano del moribondo e chiamò immediatamente Felipe e Olivia, i quali erano nella stanza accanto a riposarsi. I tre rimasero immobili per qualche minuto di fronte al corpo morto, sentivano conforto nel guardarlo intensamente, ma poi iniziarono a toccargli le mani, ad accarezzargli il viso e ad abbracciarlo.

Felipe si occupò di avvisare i figli del defunto, i quali arrivarono poco dopo. Nieves inviò un telegramma ai parenti catalani, i quali telefonarono lo stesso giorno per porgere le loro condoglianze.
La serenità con cui Mariano aveva lasciato questo mondo consolò tutti e rese più facile il loro lutto. I funerali si svolsero il giorno seguente in una cappella vicino alla fattoria Esperanza, in presenza dei familiari più stretti. Dopo la cerimonia, Mariano fu sepolto nel piccolo cimitero della tenuta, accanto alla tomba di Ángel Herrera.









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