L'altra sera abbiamo invitato a casa
nostra un gruppo di vecchi amici a cena. La maggior parte di loro abita in campagna, chi nel Chianti, chi nel alto Mugello, chi a pochi chilometri di Firenze.
- Hanno lasciato l'aria
fresca delle colline per venire in città dove si boccheggia, mi
dicevo il giorno prima, più che preoccupata contenta che avessero
accettato il nostro invito, nonostante l'ondata di caldo.
Il giorno prima sono andata al mercato di S. Ambrogio, mi sono fermata dal pescivendolo e sono rimasta incantata di fronte ai frutti di mare esposti sul bancone. Subito ho deciso che avrei cucinato qualcosa che ci riportasse alla vecchia casa colonica dove avevamo abitato insieme agli inizi degli anni ottanta.
Era tanto che non ci vedevamo, ma già dal primo momento ci siamo sentiti bene insieme, come se ci fossimo lasciati il giorno prima
La paella era quasi pronta quando sono arrivati gli ultimi commensali.
Prima ci siamo messi intorno al tavolo a mangiare degli antipasti e una insalata mista, poi ho servito la paella. Quasi tutti hanno fatto il bis.
- Meno male che l'ho fatta abbondante, mi sono detta.
Dopo la macedonia e il gelato ci siamo seduti sul divano o in poltrona vicino alle grandi finestre, da dove entrava una piacevole brezza. Ogni tanto qualcuno andava a fumare una sigaretta alla finestra, mentre gli altri prendevamo un caffè o un bicchierino di liquore.
Era tanto che non ci vedevamo, ma già dal primo momento ci siamo sentiti bene insieme, come se ci fossimo lasciati il giorno prima
La paella era quasi pronta quando sono arrivati gli ultimi commensali.
Prima ci siamo messi intorno al tavolo a mangiare degli antipasti e una insalata mista, poi ho servito la paella. Quasi tutti hanno fatto il bis.
- Meno male che l'ho fatta abbondante, mi sono detta.
Dopo la macedonia e il gelato ci siamo seduti sul divano o in poltrona vicino alle grandi finestre, da dove entrava una piacevole brezza. Ogni tanto qualcuno andava a fumare una sigaretta alla finestra, mentre gli altri prendevamo un caffè o un bicchierino di liquore.
Durante la lunga serata
abbiamo parlato di noi, alcuni già in pensione, altri in procinto di
andarci, ma tutti pieni di progetti, come la gestione di un bed and breakfast in campagna, l'apertura di una piccola galleria, un viaggio intercontinentale, la ristrutturazione di
una casa colonica nell'Appennino irpino, un giro in bicicletta per il nord di Italia, ecc.
Poi abbiamo toccato il
tema dei figli, ma non più di tanto. Soprattutto abbiamo fatto
emergere ricordi, storie e aneddoti comuni, di luoghi e di
persone che avevamo frequentato in quegli anni.
A un certo punto è
uscito fuori un viaggio itinerante in tenda, in una Citroen, due cavalli,
per la penisola Iberica che avevano fatto Antonio, Rossana e Manuel;
allora è spuntata, Nuria, l'amica catalana con cui dovevano
incontrarsi a Barcellona. Quando loro sono arrivati lei non era in casa, quindi dopo averla aspettata quasi un'ora le avevano lascito un bigliettino sulla porta.
Io
ricordavo qualcosa di quell'episodio che mi aveva raccontato Nuria,
la quale mi diceva di aver incontrato attaccato alla porta un messaggio intrigante che diceva:
-
Antonio è in prigioni a Madrid, noi stiamo andando a raggiungerlo.
Lei non sapeva se credere a quelle parole, ma conoscendo la natura
ironica degli amici italiani, sperava tanto che non fosse vero. Per
fortuna dopo qualche giorno venne a sapere che era tutto uno
scherzo.
Antonio
e gli altri due dicevano di non ricordarsi di aver lasciato il
bigliettino sulla porta, allora io ho proposto:
- Allora chiamiamo Nuria!
Abbiamo
parlato con Nuria a lungo attraverso una video chiamata, lei quella
sera era andata in campagna a una festa da amici, alcuni dei quali
anche noi conoscevamo. Da loro stava cominciando a imbrunire e ancora
dovevano apparecchiare, da noi era già notte ed eravamo a tavola da
un pezzo.
È
stata veramente una coincidenza, rivederci, amici catalani e italiani,
anche se virtualmente, dopo tanti anni. Eravamo tutti contenti di festeggiare l'inizio d'estate e per molti anche l'inizio di una
nuova vita lontana dagli impegni lavorativi.
Nuria
ha confermato la sua versione del bigliettino, dicendo che le era
dispiaciuto non essere stata in casa, ma quel giorno di agosto di
quaranta anni prima era dovuta partire all'improvviso perché la
madre era caduta dalla scala,
mentre sistemava un armadio.
Nuria aveva lasciato la chiave di casa al portiere, il quale, al momento dell'arrivo dei tre italiani, si era assentato per una commissione.
- Quante ore avrò trascorso ad aspettare davanti a un portone chiuso! Senza i telefonini, come facevamo a fissare un appuntamento e a incontrarci? Domandò Rossana.
- Ci arrangiavamo! I nostri incontri dipendevano un po' dal fato, aveva il suo fascino lasciarsi trasportare dal destino; poi in questo modo ci vedevamo obbligati a scrivere dei bigliettini o a lasciare dei lunghi messaggi nella segreteria di un telefono fisso, adesso con i nuovi cellulari nessuno scrive più lettere o lascia lunghi messaggi vocali, ho risposto io.
Verso mezzanotte ci siamo congedati promettendoci di rivederci presto, ma prima ci siamo scambiati i recapiti: indirizzo, numero di cellulare e mail.
Mentre loro uscivano di casa e noi eravamo ancora in piedi vicino alla porta aperta, la luce delle scale improvvisamente si è spenta. È saltata la corrente di tutto il condominio. Per un attimo ho visto i loro cellulari illuminarsi, come delle lucciole nelle notti d'estate in campagna. Quell'immagine dei nostri amici scendendo le strette scale in fila indiana, ognuno con a propria torcia, mi ha ricordato la scorta di candele che avevamo nella vecchia casa colonica e il clima intimo che si creava quando le accendevamo nelle notti di tormenta. A volte durava poco il guasto elettrico, altre volte delle lunghe ore. Ricordo una sera in cui ho scritto una lettera a mia madre alla luce di candela.
- Meno male che abbiamo dei lumini, mi sono detta andando verso la cucina con la luce del mio telefonino.
Ho trovato in un armadio un bicchiere di vetro con dentro inserita una candela rossa. L'ho accesa, nonostante la corrente elettrica fosse ritornata in quel momento e ho cominciato a scrivere la storia del bigliettino sulla porta.
Nuria aveva lasciato la chiave di casa al portiere, il quale, al momento dell'arrivo dei tre italiani, si era assentato per una commissione.
- Quante ore avrò trascorso ad aspettare davanti a un portone chiuso! Senza i telefonini, come facevamo a fissare un appuntamento e a incontrarci? Domandò Rossana.
- Ci arrangiavamo! I nostri incontri dipendevano un po' dal fato, aveva il suo fascino lasciarsi trasportare dal destino; poi in questo modo ci vedevamo obbligati a scrivere dei bigliettini o a lasciare dei lunghi messaggi nella segreteria di un telefono fisso, adesso con i nuovi cellulari nessuno scrive più lettere o lascia lunghi messaggi vocali, ho risposto io.
Verso mezzanotte ci siamo congedati promettendoci di rivederci presto, ma prima ci siamo scambiati i recapiti: indirizzo, numero di cellulare e mail.
Mentre loro uscivano di casa e noi eravamo ancora in piedi vicino alla porta aperta, la luce delle scale improvvisamente si è spenta. È saltata la corrente di tutto il condominio. Per un attimo ho visto i loro cellulari illuminarsi, come delle lucciole nelle notti d'estate in campagna. Quell'immagine dei nostri amici scendendo le strette scale in fila indiana, ognuno con a propria torcia, mi ha ricordato la scorta di candele che avevamo nella vecchia casa colonica e il clima intimo che si creava quando le accendevamo nelle notti di tormenta. A volte durava poco il guasto elettrico, altre volte delle lunghe ore. Ricordo una sera in cui ho scritto una lettera a mia madre alla luce di candela.
- Meno male che abbiamo dei lumini, mi sono detta andando verso la cucina con la luce del mio telefonino.
Ho trovato in un armadio un bicchiere di vetro con dentro inserita una candela rossa. L'ho accesa, nonostante la corrente elettrica fosse ritornata in quel momento e ho cominciato a scrivere la storia del bigliettino sulla porta.
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