martedì 25 giugno 2019

Il biglietto sulla porta


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L'altra sera abbiamo invitato a casa nostra un gruppo di vecchi amici a cena. La maggior parte di loro abita  in campagna, chi  nel Chianti,  chi nel alto Mugello,  chi a pochi chilometri di Firenze.
- Hanno lasciato l'aria fresca delle colline per venire in città dove si boccheggia, mi dicevo il giorno prima, più che preoccupata contenta che avessero accettato il  nostro invito, nonostante l'ondata di caldo.
Il giorno prima sono andata al mercato di S. Ambrogio,  mi sono fermata dal pescivendolo e sono rimasta incantata di fronte  ai frutti di mare esposti  sul bancone. Subito ho deciso che avrei cucinato qualcosa che ci riportasse alla vecchia casa colonica dove avevamo abitato insieme agli inizi  degli anni ottanta. 
Era tanto che non ci vedevamo, ma già dal primo momento ci siamo sentiti bene insieme, come se ci fossimo lasciati il giorno prima
La paella era quasi pronta quando sono arrivati gli ultimi commensali.
Prima ci siamo messi intorno al tavolo a mangiare degli antipasti e una insalata mista, poi  ho servito la paella. Quasi tutti hanno fatto il bis.
- Meno male che l'ho fatta abbondante, mi sono detta.
Dopo la macedonia e il gelato ci siamo seduti sul divano o in poltrona vicino alle grandi finestre, da dove entrava una piacevole brezza. Ogni tanto qualcuno andava a fumare una sigaretta alla finestra, mentre gli altri prendevamo un caffè o un bicchierino di liquore.
Durante la lunga serata abbiamo parlato di noi, alcuni già in pensione, altri in procinto di andarci, ma tutti pieni di progetti, come la gestione di un bed and breakfast in campagna,  l'apertura di una piccola galleria, un viaggio intercontinentale, la ristrutturazione di una casa colonica nell'Appennino irpino,  un giro in bicicletta per  il nord di Italia, ecc.
Poi abbiamo toccato il tema dei figli, ma non più di tanto. Soprattutto abbiamo fatto emergere ricordi, storie e aneddoti comuni, di luoghi e di persone che avevamo frequentato in quegli anni.
A un certo punto è uscito fuori un viaggio itinerante  in tenda, in una Citroen, due cavalli, per la penisola Iberica che avevano fatto  Antonio, Rossana e Manuel; allora è spuntata, Nuria, l'amica catalana con cui dovevano incontrarsi a Barcellona. Quando loro sono arrivati lei non era in casa, quindi  dopo averla aspettata quasi un'ora le  avevano lascito un bigliettino  sulla porta.
Io ricordavo qualcosa di quell'episodio che mi aveva raccontato Nuria, la quale mi diceva di aver incontrato attaccato alla porta un messaggio intrigante che diceva:
- Antonio è in prigioni a Madrid, noi stiamo andando a raggiungerlo.
Lei non sapeva se credere a quelle parole, ma conoscendo la natura ironica degli amici italiani, sperava tanto che non fosse vero. Per fortuna dopo qualche giorno venne a sapere che era tutto uno scherzo.
Antonio e gli altri due dicevano di non  ricordarsi di aver lasciato il bigliettino sulla porta, allora io ho proposto:
- Allora chiamiamo Nuria!
Abbiamo parlato con Nuria a lungo attraverso una video chiamata, lei quella sera era andata in campagna a una festa da amici, alcuni dei quali anche noi conoscevamo. Da loro stava cominciando a imbrunire e ancora dovevano apparecchiare, da noi era già notte ed eravamo a tavola da un pezzo.
È stata veramente una coincidenza, rivederci, amici catalani e italiani, anche se virtualmente, dopo tanti anni. Eravamo tutti contenti  di festeggiare l'inizio d'estate e per molti anche l'inizio di una nuova vita lontana dagli impegni lavorativi.
Nuria ha confermato la sua versione del bigliettino, dicendo che le era dispiaciuto non essere stata in casa, ma  quel giorno di agosto di quaranta anni prima era dovuta partire all'improvviso perché la madre era caduta dalla scala, mentre sistemava un armadio. 
Nuria aveva lasciato la chiave di casa al portiere, il quale, al momento dell'arrivo dei tre italiani, si era assentato per una commissione.
Quante ore avrò trascorso ad aspettare davanti a un portone chiuso! Senza i telefonini, come facevamo a fissare un appuntamento e a incontrarci?  Domandò Rossana.
- Ci arrangiavamo! I nostri incontri dipendevano un po' dal fato,  aveva il suo fascino lasciarsi trasportare dal destino; poi in questo modo ci vedevamo obbligati a scrivere dei bigliettini o a lasciare dei lunghi  messaggi nella segreteria  di un  telefono fisso, adesso  con i nuovi cellulari nessuno scrive più lettere o lascia  lunghi messaggi vocali, ho risposto io.
Verso mezzanotte ci siamo congedati promettendoci di rivederci presto, ma prima ci siamo scambiati  i  recapiti: indirizzo, numero di cellulare e mail. 
Mentre loro uscivano di casa e noi eravamo ancora in piedi vicino alla porta aperta, la luce delle scale improvvisamente si è spenta. È saltata la corrente di tutto il condominio. Per un attimo ho visto i loro cellulari illuminarsi, come delle lucciole nelle notti d'estate in campagna. Quell'immagine dei nostri amici scendendo le strette scale in fila indiana, ognuno con a propria torcia, mi ha ricordato la scorta di candele che avevamo nella vecchia casa colonica  e il clima intimo che si creava quando le accendevamo nelle notti di tormenta. A volte durava poco il guasto elettrico, altre volte delle lunghe ore. Ricordo una sera in cui  ho scritto una lettera a mia madre alla luce di candela.
- Meno male che abbiamo dei lumini, mi sono detta andando verso la cucina con la luce del mio telefonino.
Ho trovato in un armadio un bicchiere di vetro con dentro inserita una candela rossa. L'ho accesa, nonostante la corrente elettrica fosse ritornata in quel momento e ho cominciato a scrivere la storia del bigliettino sulla porta.











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