Avevo
cominciato ad avvertire i primi sintomi della menopausa qualche anno
prima. Non avevo caldane, anzi mi sentivo bene fisicamente, ma
qualcosa era cambiato in me: ero più fragile, percepivo che la mia
pelle era più spenta e per la prima volta è nata in me la paura
d'invecchiare.
In quei tempi sono stata trasferita ad una prestigiosa
scuola fiorentina, dove non mi sentivo a mio agio, non per colpa
degli studenti, bensì a causa dei colleghi.
Quando entravo nella cupa sala dei docenti, la mia
allegria svaniva. Sentivo una tale tensione nell'aria, che le mie
cellule s'intimorivano. Poverine erano già a corto di ormoni, solo
mancava loro quell'energia negativa che ogni mattina assimilavano.
La pelle della maggior parte dei mie colleghi era grigia
e incartapecorita, come loro. Erano diffidenti verso le persone
nuove, mi sembravano infelici, alcuni addirittura malati.
C'era una collega di scienze che sempre mi guardava
male, era gelosa di me, perché portavo spesso in laboratorio i
ragazzi. Un'insegnante di matematica indossava dei guanti di cotone,
perché aveva paura di prendere delle malattie. Due professoresse di
lettere mi sussurravano, guardandosi intorno perché nessuno
sentisse, di stare attenta a quello che dicevo nella sala dei
docenti, perché mi si poteva ritorcere contro. Non ne potevo più di
quel posto, mi sembrava un manicomio, preferivo, durante
l'intervallo, stare da sola, o scambiare qualche parola con il
tecnico, con i custodi o con i ragazzi.
Prendere un tè lentamente mi rasserenava, poi di corsa
in bagno e nuovamente in classe.
Il bagno della scuola era anonimo, ma era molto luminoso
e aveva un piccolo specchio, è stato li che ho visto la mia pelle
diventare sempre più spenta e cupa.
- Devo ascoltare il mio corpo, pensai.
La mia immagine in quello specchio mi diede una scossa e
mi fece reagire:
- La prima cosa che dovevo fare era chiedere il
trasferimento e allontanarmi da quel Liceo, la seconda era far
rinascere la mia pelle, cioè curarla e coccolarla, spazzando via
quell'epidermide di tristezza che si depositava sopra, la terza non
temere la menopausa, dissi a me stessa.
Ricordo che la parola menopausa la avevo sentita per
prima volta da Anita, la llevadora del mio paese, un giorno in
cui era venuta a trovare mia madre. Avrò avuto dodici o tredici
d'anni, ero sdraiata su un divano a leggere un libro nella stanza
accanto a dove loro parlavano, quindi senza volere ho sentito tutto
ciò che la llevadora raccontava a mia madre per consolarla e
riconfortarla.
Cominciò dicendo che verso i cinquanta anni, tutte le
donne subiamo dei cambiamenti ormonali e che bisogna accettarli, ma
allo stesso tempo lottare e consumare tutte le nostre energie per
sentirci belle e amate. Mia madre diceva che si sentiva grassa e poco
attraente e che temeva di non piacere più a mio padre. Anita con la
sua voce delicata le raccontò una storia molto intima, non so se
realmente fosse la sua, ma fece un effetto così benefico a mia madre
che dopo quel 'incontro con Anita diventò più allegra e
comunicativa .
La llevadora diceva che fino a qualche anno prima, era
sempre stato suo marito, Anselmo, a cercarla e a coinvolgerla in
appassionati atti d'amore. Era così affettuoso che lei non aveva mai
dovuto richiedere le sue coccole. Ricordava felice che era stato lui
a salvarla dalla tristezza in cui era piombata dopo la morte del loro
primo figlio. Le veniva in mente Anselmo, quando ogni giorno
ritornava a casa dalla barberia, dove lavorava, carico di
libri, ma soprattutto di premure e di attenzioni. Ma da qualche anno
Anselmo era meno affettuoso, poche volte toccava appassionatamente la
pelle di Anita. I suoi massaggi e le sue carezze benefiche erano
quasi un ricordo.
- Forse non mi ama più pensava Anita.
L'anziano maestro del paese, a forza di leggere poesie
al barbiere e fargli lezioni clandestine di lingua castigliana e
catalana, fece di lui un uomo colto e riflessivo. Anselmo continuò a
legger libri e frequentò assiduamente las tertulias1
del maestro repubblicano, nel caffè
Liceu, antico circolo
ricreativo del paese.
- Forse non mi desidera più, perché è diventato
vegetariano, si diceva Anita.
La llevadora aveva letto da qualche parte, che gli
uomini vegetariani, dato che attraverso gli alimenti ingeriscono poco
Zinco, elemento presente soprattutto nella carne, sintetizzano meno
testosterone e quindi la loro attività sessuale si riduce.
- Forse non mi cerca, perché ha trovato un'altra donna,
rimuginava Anita.
Quel giorno si guardò attentamente allo specchio e
scoprì che la sua pelle era spenta e che due pelli bianchi le
spuntava dal mento.
- Devo fare qualcosa per amare la mia pelle, così potrò
riavvicinarla a quella di Anselmo, si diceva.
Capì che non poteva sempre aspettare le mani di suo
marito. Erano le sue dita quelle che dovevano muoversi, adesso era
lei la risorsa del loro amore, sarebbe stata lei a coccolare,
accarezzare, vezzeggiare e conquistare Anselmo.
L'indomani la llevadora andò da Alicia, la
depiladora del paese. Le mani di Alicia caramellarono con un olio
naturale il suo corpo e un bellissimo massaggio rimise al mondo la
pelle di Anita. Anche il suo viso fu sistemato, alcuni piccoli
ritocchi fecero svanire i pelli superflui. Una maschera di fango le
coprì lentamente il volto e Anita sentì un gran benessere.
Anita non raccontò ad Anselmo delle sue visite al
salone di Alicia, le piaceva avere quel piccolo segreto. Finalmente
sentiva la sua pelle rinnovata.
Quel giorno guardandomi allo specchio del bagno anonimo
della scuola ho imparato ad apprezzare e a convivere con la mia
menopausa. Da allora, quando non devo andare a lavorare, mi alzo
prima di lui, mi godo una bella colazione e dopo entro nuovamente nel
lettone per riconfortare la mia pelle, cercando carezze e coccole dal
mio amato, regalandogli in cambio massaggi amorosi. Questo mi fa sentire la pelle più luminosa
e a non avere paura di invecchiare.
1 Riunione di persone
intorno al tavolo di un caffè
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