Seduta sul
lettone ho cominciato a scrivere una lettera. Era sabato mattina e non lavoravo. U. era andato in bicicletta con
degli amici e volevano pedalare fino a Panzano.
La giornata
era bella, astronomicamente era il primo giorno di autunno, ma il
cielo era limpido come d'estate. C'era un silenzio strano, forse
perché quella mattina iniziavano le prove dei campionati mondiali
di ciclismo e i fiorentini erano rimasti
a casa a guardarsi intorno un po' intimoriti, senza
osare prendere le automobili. Mentre cominciavo a scrivere le due prime
parole, Caro Michele, è
suonato il campanello. Sia mio figlio che io ci siamo catapultati in
corridoio con l'intenzione di aprire la porta.
Ho risposto io al citofono.
- Chi è? - Ciao Violeta, sono io, finalmente ti ho trovata, mi sei mancata tanto. Ha detto una bella voce di donna
- Mi sembra che ci sia un errore, qui non c'è nessuna Violeta
- Scusi ho sbagliato. Sto cercando una amica, mi ha detto la voce sconosciuta, con un lieve accento sudamericano.
- Non si preocupi, provi a suonare il campanello di sopra, lì abitano delle studentesse. Buona giornata.
- Grazie tante. Arrivederci.
Siamo tornati entrambi nel proprio letto, lui a dormire
e io a scrivere la lettera.
La sera prima U. mi aveva fatto sentire due canzoni di Violeta Parra e la bella voce di quella cantante mi ha
accompagnato tutta la mattina. Gracias a la vida è una canzone bellissima, ma ho anche apprezzato molto la carta1 che per me era quasi sconosciuta.
Dopo aver scritto la prima lettera ne ho cominciata un'altra, questa volta a mia figlia che attualmente studia a Madrid; mentre scrivevo ho pensato alle lunghe lettere che mi madre mi faceva arrivare tutte le settimane, da quando ero partita per l'Italia. Le aveva scritte per quasi trent'anni.
Dopo aver scritto la prima lettera ne ho cominciata un'altra, questa volta a mia figlia che attualmente studia a Madrid; mentre scrivevo ho pensato alle lunghe lettere che mi madre mi faceva arrivare tutte le settimane, da quando ero partita per l'Italia. Le aveva scritte per quasi trent'anni.
Ho conservate tutte le sue lettere nonostante alcune avversità: si sono
salvate dall'alluvione dei primi anni novanta in Casentino, che allagò il garage
dove erano sistemate in degli scaffali. Con molta pazienza U. ed io
le abbiamo asciugate al sole nel giardino della casa di Poppi e per
fortuna le parole di mia madre non sono andate perdute.
Anche lei aveva conservato tutte le lettere che io le
avevo scritto in tutti quegli anni. Quest'estate quando alla fine di agosto abbiamo chiuso la casa le ho riportate in una grande valigia a Firenze. Le ho messe in uno scaffale vicine a quelle di mia madre e mi sono ripromessa di
rileggerle tutte.
Qualche mese dopo la morte improvvisa di mia madre, avvenuta sei anni prima, ho
cominciato un racconto su i giorni tristi passati in ospedale accanto a lei, ma non sono riuscita a finirlo dal gran dolore che sentivo mentre scrivevo.
Dopo un po' di tempo ho cominciato di nuovo il racconto, ma neanche quella volta l'ho portato a termine perché era sempre troppo doloroso per me
rivivere quei momenti.
Quella mattina, dopo aver scritto entrambe le lettere, mi
sono alzata, ho acceso il computer e ho finito il racconto sulla
morte di mia madre, tutto questo grazie allo stato d'animo che mi avevano procurato le canzoni di Violeta Parra che ancora continuavano a danzare per
testa e forse anche a quella bella voce sconosciuta che cercava una certa
Violeta.
Era quasi l'una quando stavo finendo, esausta ma felice,
l'ultima frase del racconto e in quel momento ho sentito la porta che si apriva: era U. che stava rientrando dal
suo giro in bicicletta per le colline del Chianti.
Di corsa sono andata a comprare il pane e il giornale
prima della chiusura dei negozi, ma poi ho rallentato subito i miei passi
e sono andata a cercare dei francobolli e delle buste, per poter imbucare
le lettere.
Mi sono seduta in un tavolino di un bar e ho scritto
con la penna stilografica l'indirizzo dei destinatari.
Mentre la penna scivolava, lasciando l'inchiostro nero
sulla carta bianca, ho pensato che quei semplici gesti insieme alle
piccole azioni quotidiane era una delle tante cose per cui valeva la pena
vivere, subito mi è ritornata in mente la canzone di Violeta Parra e mi sono chiesta: chi sa se la donna sconosciuta avrà ritrovato Violeta?
1. lettera
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