Da quando Mariano frequentava Isabel, pensava meno a Maria, la ragazza catalana che aveva conosciuto sulla nave e aveva perso l'abitudine di sedersi fuori dalla farmacia ad aspettare con ansia l'arrivo del postino. Finché una mattina gli arrivò la lettera che da tanto attendeva. Strappò la busta e tirò fuori con impazienza i due fogli di carta velina. Lesse le prime righe con impazienza e apprese che Maria era stata molto male, si fermò e sospirò, ma poi, continuando a leggere, gli mancò il respiro e dovette sedersi.
La signora Valls fu la prima della fattoria
ad essere contagiata e morì prima dell'arrivo del medico. Maria si
ammalò qualche giorno dopo e trascorse diverse settimane tra la
vita e la
morte. Dopo aver seppellito
la moglie nella parte più appartata del giardino, il signor Valls si
prese cura di Maria, di
giorno e di notte, e
non volle
che nessun altro si occupasse di lei. La
curò con grande premura
e per fortuna
piano piano la ragazza
si riprese.
Quando Maria fu completamente guarita, il signor
Valls e Alfredo, il maggiordomo, si ammalarono uno dopo l'altro. I
due uomini avevano vissuto sotto lo stesso tetto lunghi
anni, prima in Catalogna e poi a Cuba. Alfredo aveva visto nascere il
suo padrone e gli era molto affezionato, avrebbe dato la vita per
lui. Nonostante gli evidenti sintomi di febbre e itterizia, Alfredo
si prendeva cura del suo padrone, fino a quando un
giorno crollò.
Alfredo delirava e
tremava, da quanto era alta
la
febbre e
da allora
Maria cominciò
a occuparsi di entrambi.
Di notte passava ore e ore al
capezzale dei due uomini, mettendo stracci bagnati sulla loro fronte,
dando loro acqua e sussurrando che presto sarebbero guariti. Maria
pregava perché ciò accadesse. Durante il giorno si riposava per
qualche ora, lasciando i due malati nelle mani di un servitore che
era uscito indenne della malattia.
Il signor Valls, dopo una
settimana di febbre alta, cominciò a stare meglio, ma dovette
rimanere a letto ancora per qualche giorno, perché era molto debole
e la sua pelle era così gialla che non si sapeva se sarebbe vissuto,
ma alla fine si salvò. Alfredo, come la maggior parte della servitù,
non ebbe la stessa fortuna, morì tra le braccia di Ramón Valls, che
volle seppellirlo accanto a Eulalia, sua moglie, pur sapendo che lei
lo detestava.
La febbre gialla causò molte
morti, soprattutto nelle piantagioni dove gli schiavi vivevano in
baracche affollate. Per più di due secoli (dal XVII al XIX) la
febbre gialla è stata una malattia misteriosa che ha colpito le aree
tropicali dell'America e dell'Africa causando epidemie devastanti.
Nessuno sapeva da dove venisse quella peste, né come curarla.
Ci
vollero alcuni anni prima che le Università iniziassero a occuparsi
della pandemia. Tra il 1883 e il 1897, diversi scienziati pensarono
di aver identificato l'agente che causava la malattia, ma le loro
teorie non trovarono consenso. Qualche anno dopo, un gruppo di
chirurghi e microbiologi cubani iniziò a lavorare su un'ipotesi: le
zanzare fungevano da ospite intermedio al parassita della febbre
gialla. All'inizio del XX secolo, diverse ricerche cercarono di
individuare la causa della trasmissione, ma con metodi discutibili:
alcuni medici e volontari, che si lasciarono inoculare i germi della
malattia, diedero la loro salute e la loro vita per la scienza, e
solo molti anni dopo si scoprì che quel parassita era un virus.
Dopo
l'epidemia, la fattoria dei Valls cadde in disgrazia e i pochi servi
e braccianti che si salvarono fuggirono. Molti capi di bestiame,
cavalli, mucche, buoi e tori, furono rubati, alcuni morirono, altri
scapparono. Anche Maria avrebbe potuto lasciare la fattoria, ma non
ebbe il coraggio di farlo. Ogni tanto sentiva l’impulso di andare a
cercare Mariano all'Avana, ma alla fine decise di rimanere lì, per
aiutare il signor Valls che era rimasto solo. Maria, la ragazza
gracile, che al suo arrivo a Cuba aveva paura di tutto, si occupò di
tirare su l'allevamento di bestiame dei Valls.
I mesi passarono.
Ramón Valls si riprese completamente e con l'aiuto di Maria iniziò
a occuparsi delle faccende della fattoria. Comprarono altri bovini,
cavalli, mucche, buoi, maiali, ecc., assunsero un nuovo cuoco, una
manciata di domestici e una pattuglia di braccianti e rimisero in
funzione la fattoria.
In quei giorni, il signor Valls non
smetteva di ringraziare Maria, le diceva che era stata il suo angelo
salvatore. Provava tenerezza e amore per quella ragazza fedele che
aveva salvato la sua vita e la sua fattoria. Poche settimane dopo le
chiese di diventare sua moglie. Dopo la morte della signora Valls,
Maria si affezionò a Ramon Valls. Il fatto che si fossero presi cura
l'uno dell'altra, nei giorni in cui la febbre gialla li aveva
colpiti, li unì fortemente. Erano felici come due bambini a cui è
stata data la libertà dopo una punizione, si sentivano a loro agio
senza l'irascibile e impertinente signora Valls, che non aveva mai
sopportato di vivere a Cuba e che si arrabbiava e litigava con tutti.
Maria accettò senza esitazione la proposta di matrimonio del suo
padrone.
Mariano lesse tre volte
l'ultima parte della lettera, cercando di cogliere un barlume di
speranza, ma senza successo.
...mi sentivo
debole, ma dovevo resistere perché il personale della
fattoria cadeva malato, uno
dopo l’altro. Non ti puoi
immaginare quanto sia stato orribile, non sapevamo dove seppellire i
morti. Ma ora, grazie a Dio, tutto è finito. La lettera in cui mi
chiedevi di essere tua moglie l'ho ricevuta solo
qualche giorno fa, mi lusinga sapere che io sia
importante per te, ma ho deciso di sposare Ramón Valls
e non credo che se l’ avessi ricevuta
prima non sarebbe cambiato niente.
Ramón è stato molto buono con me, gli sono molto grata e sto
cominciando ad amarlo. Anche io sulla nave mi sono
sentita attratta da te, ma dopo siamo stati troppo
tempo lontani. Ti ho aspettato per cinque
lunghi anni, ma tutto è cambiato dopo la
febbre gialla. Vorrei che tu venissi alla
fattoria, Ramón sa che ci scriviamo e sarebbe
contento di offrirti la nostra ospitalità. È una
brava persona. Spero che tu stia bene e che riesca a
realizzare i tuoi progetti.
Mi ricorderò sempre
di te.
Maria Plana Tarradas
Mariano stette due giorni a pensare prima di rispondere a María, e quando lo fece le promise che a guerra finita avrebbe noleggiato un carro e due cavalli per andare a trovarla, ma non poteva farlo in quel momento, perché la situazione politica a Cuba stava peggiorando, invece di migliorare.
-
Sto perdendo le persone che amo di più. Ci ho messo troppo tempo ad
andare alla
ricerca di
María, avrei dovuto farlo
prima,
si disse sconsolato.
Tuttavia, dopo qualche settimana, riprese
coraggio e decise che era giunto il momento di ritornare
in Catalogna.
- Devo prepararmi
bene per il mio ritorno a casa,
si
disse con convinzione, anche se temeva di essere arrestato al suo
arrivo in Spagna.
Nel 1876, la terza guerra carlista
si era conclusa,
ma in realtà, fino all'inizio del 1878, i combattimenti continuarono
in Catalogna, soprattutto attraverso una sanguinosa guerriglia che
causò centinaia di morti in
entrambe le parti. Di conseguenza, Mariano dovette rimandare di un
altro anno la sua partenza.
Continuò a lavorare in farmacia,
ma a
malincuore,
poiché non andava molto d'accordo con Pep, il nipote di José Sarrá.
Mariano sentiva
la mancanza del suo ex benefattore e amico, che alla fine del 1876
dovette tornare a Barcellona per occuparsi di
Emilia, la
moglie,
gravemente malata, ma fu lui, e non Emilia,
a morire d'infarto qualche mese dopo. Prima della
morte di
José Sarrá, Mariano gli scrisse alcune lettere, ma non gli accennò
mai
al
cattivo
carattere del nipote, perché non voleva
metterlo in imbarazzo.
Pep era un uomo giovane e intelligente ma
molto agitato,
dormiva poco e lavorava di notte alla ricerca di rimedi per le
malattie tropicali. Girava
sempre in
camice bianco e non
si levava mai i suoi occhiali
da
miope,
era
bravo
come chimico farmaceutico, ma era
una una frana nei rapporti umani,
era scontroso e sempre
imbronciato
con tutti. Urlava e non aveva pazienza con nessuno, gli piaceva solo
fare esperimenti nel suo laboratorio o pulire le gabbie dei suoi
uccellini. Mariano a volte lo osservava e non riusciva a capire come
mai
un
uomo così affettuoso con i suoi canarini potesse essere
scontroso
con i suoi dipendenti. Era uno scapolone
che si arrabbiava ogni
mattina con
la cuoca, donna mulatta servizievole e piacevole.
Mariano spesso
sentiva
i rimproveri che
Pep
faceva
alla
cuoca:
- Non capisco come mai tu non
riesca a sfornare per bene le pagnotte e a servirmi un paio di fette
di pane col pomodoro. Ti viene una schifezza e non dare la colpa alla
farina o all'acqua dell'Avana, è solo che tu fai il pane
malvolentieri.
Poi si calmava e le diceva senza urlare:
-
Te lo dico da settimane, mettiti d'impegno, ma tu non mi ascolti.
Il
nipote del signor Sarrá aveva cambiato la cuoca varie volte, ma era
sempre insoddisfatto e si lamentava con tutte.
- Povere cuoche,
che pazienza dobbiamo avere tutti con questo brontolone! si diceva
Mariano ogni volta che sentiva la voce stridula del farmacista.
Pep
parlava a Mariano in catalano e non lo sgridava mai; era soprattutto
con i domestici che tirava fuori il suo brutto carattere.
Un
giorno in farmacia Mariano sentì un cliente, un uomo di Reus, dire a
Pep che stava cercando un contabile. Mariano non ci pensò due volte
e il giorno dopo si recò al magazzino del commerciante catalano, che
acquistava tessuti in Catalogna e li rivendeva a Cuba, per parlargli.
All'inizio del 1878, ottenne il lavoro nell'ufficio del
signore di Reus e prese in affitto una piccola stanza in via San
Ignacio.
Dopo alcune vicissitudini, riuscì a lasciare la
farmacia, ma Pep gli fece capire che era molto seccato che lui se ne
andasse.
- Che faccia tosta che hai! È così che ci ripaghi di
tutto quello che i Sarrá hanno fatto per te, se esci da quella porta
non potrai più varcarla, gli urlò Pep.
Mariano se ne andò sconvolto
dalle parole del farmacista, dimenticando di aver nascosto le sue
monete d'argento in una trave del retrobottega. Gli ci vollero alcuni
mesi per recuperarle e dovette pagare un servitore, poiché Pep aveva
ordinato ai domestici di non farlo entrare per nessun motivo.
Il
panciuto uomo di Reus si rivelò anche lui un brontolone, ma Mariano
resistette diversi mesi lavorando nel suo ufficio, poiché non voleva
ammettere in alcun modo di aver commesso un errore lasciando la
farmacia. Maria continuò a scrivergli lettere e lo invitò più
volte alla fattoria, ma Mariano seguitò a rimandare la visita.
Il
Re Alfonso XII, figlio di Isabella II, regnò in Spagna dopo il
fallimento della Repubblica e nel 1878 pose definitivamente fine alla
guerriglia carlista. Anche a Cuba il conflitto tra la
madrepatria e i separatisti rimase stagnante per alcuni anni. Infine,
nel febbraio del 1878, venne firmato un laconico patto tra spagnoli
e separatisti, stremati dal conflitto, un accordo inutile che non
risolveva nulla e concedeva ben poco alla causa dei ribelli.
Indignato e disilluso, Maceo rese noto il suo dissenso nella protesta
di Baraguá, ma dopo un breve tentativo abortito di riprendere la
guerra nel 1879 (la cosiddetta Piccola Guerra), sia lui che Gómez
scomparvero in un esilio prolungato.
Mariano,
approfittando del periodo di pace in entrambi i Paesi, pensò
che fosse
arrivato il momento giusto per lasciare il suo lavoro di contabile e
tornare in Spagna, ma le cose andarono diversamente. Mariano
aspettava che Miguel e il capitano tornassero all'Avana per
imbarcarsi sulla loro nave, ma una mattina Pedro si presentò
nell'ufficio in cui Mariano lavorava per offrirgli la possibilità di
entrare nell'azienda commerciale che aveva fondato anni prima con i
suoi fratelli. Gli disse che c'era bisogno di lui perché Pablo,
il
fratello maggiore si era ammalato, un ictus gli
aveva
paralizzato il
lato
destro del corpo.
- Pepe e io sappiamo solo fare
i commessi, quindi
abbiamo
bisogno di te.
Pablo era quello che si era sempre occupato
dell'acquisto delle merci e della contabilità. Mariano non poteva
lasciarsi sfuggire quell'opportunità, così rimandò di nuovo il suo
viaggio a Barcellona e si trasferì a vivere in via Mercaderes,
accanto al negozio dei tre fratelli. Era soddisfatto, poteva
finalmente dedicarsi al
commercio
delle sementi.
Telegrafò a Miguel di portargli dei semi dalla
Spagna. Quando Miguel e il capitano
arrivarono all'Avana, fu una grande gioia per lui abbracciarli e
scaricare la merce che aveva ordinato. Pagò i sacchi di semi con le
sue monete d'argento e li vendette immediatamente. In seguito
commerciò anche con
patate da semina e a poco a poco il negozio dei fratelli Barcelona
cominciò a prosperare.
Nel 1880 ricevette una lettera
di
Felipe.
Il
postino la portò in
negozio una mattina di primavera. Non la aprì subito,
aveva paura, ricordava ancora la delusione che aveva provato quando
aveva letto la lettera tanto attesa di Maria. La sera, da solo, aprì
la busta e cominciò a leggerla.
Felipe gli
diceva
che era
nascosto in campagna, che non poteva dirgli
dove, ma
gli
parlò
con entusiasmo di José Martí.
...è
arrivato il momento,
abbiamo trovato
l’uomo di cui
avevamo bisogno. José Martí, semplice, generoso e intelligente,
poeta, visionario e intellettuale (ha studiato a Cuba e in Spagna), è
diventato una figura patriottica per tutti noi che vogliamo una Cuba
libera. Si dedica totalmente alla causa della resistenza pacifica,
scrive, parla, fa petizioni e organizza l'indipendenza di Cuba... Io
lo aiuto e credo in lui. Spero che con
lui non si
arrivi mai più a
prendere
le armi...
Mi
farò vivo presto, se
tutto va bene verrà
a prenderti una
carrozza a
due cavalli,
la sera del primo sabato di luna piena.
Un abbraccio.
Felipe
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