Nei giorni in cui Mariano non era impegnato a lavorare in farmacia, andava a passeggiare per il centro della città per poi recarsi in Plaza de Armas. Le strade erano affollate di gente che andava e veniva, a piedi, a cavallo, sui muli o sui carri, ovunque c'erano venditori ambulanti che urlando offrivano la sua merce: dolci, frutta, polli, uova, polpi, ecc.
Ogni settimana che
passava Mariano sentiva di poter fidarsi di più di Felipe e un
giorno cominciò a parlargli delle sue angosce:
- Da un lato
sono contento di essere a Cuba, dall'altro vorrei fuggire per tornare
in Spagna.
- Vedrai che piano piano ti adatterai a L'Avana, ma
per molto tempo continuerai a sentire la mancanza della tua famiglia
e della tua terra. So cosa si prova ad essere sradicati
all'improvviso, quando ancora si è un ragazzo, disse Felipe.
-
Il signor Sarrá mi ha accennato delle tue disavventure, ma quando è
che sei arrivato a L'Avana?
- È meglio che te lo racconti
dall'inizio, disse Felipe.
- Ti ascolto volentieri.
-
Quando avevo dodici anni fui strappato alla mia famiglia e deportato
in una zona della costa sulla foce del fiume Congo; passai molti
giorni rinchiuso in una prigione su un'isola di cui non ho mai saputo
il nome. Poi sono stato venduto a un negriero. Ho fatto un viaggio
lunghissimo, durante il quale siamo stati ammassati e incatenati
nella stiva della nave e alcuni dei miei compagni di sventura sono
morti. Ci trattavano come animali, ci davano poco acqua e cibo. Ho
resistito miracolosamente bevendo le mie urine. A Cuba, sono stato
comprato da un proprietario terriero che possedeva una grande
piantagione di tabacco, vicino a Viñales ... Il mio padrone era
molto ambizioso, continuava a ingrandirsi e a comprare manodopera ai
mercanti di schiavi, voleva accumulare una gran fortuna. Aveva
lasciato il suo villaggio sulla costa catalana molti anni prima,
povero in canna e si era messo in testa di tornare ricco, per farsi
ammirare da tutti. Ma suo figlio maggiore era molto diverso, mi
insegnò a leggere e scrivere di nascosto. Quando il padrone morì,
il figlio vendette la sua parte di proprietà al fratello e mi diede
la libertà. Ci trasferimmo insieme a L'Avana nel 1870, lui sposò
una bella mulatta e mi pagò gli studi primari in una scuola
clandestina, visto che a noi neri non era permesso di studiare; mi
pagò anche un indennizzo per tutti gli anni di schiavitù. Fu lui a
presentarmi il signor Sarrá, i due erano molto amici e parlavano
catalano tra loro. Pensavano che io capissi solo lo spagnolo, ma io
ascoltavo e imparavo sempre nuove parole della vostra lingua. In quel
periodo, leggendo e ascoltando i due catalani, ho iniziato a capire
la situazione politica di Cuba. Con i soldi che mi ha dato il figlio
del mio ex padrone ho comprato una carrozza e due cavalli ed eccomi
qua.
- È incredibile che tu sappia così tante cose e che
addirittura conosca il catalano, ne sono emozionato.
Al ritorno Mariano
gli disse:
- Grazie Felipe, da quanto ti frequento non ho più
l’idea fissa di ritornare in Spagna. Nonostante quello che hai
sofferto sei gentile con tutti, al
tuo fianco le mie angosce
svaniscono.
- La mia filosofia di vita è di apprezzare
ciò che ho e di non sentirmi infelice per tutto ciò che gli altri
hanno più di me, ma allo stesso tempo vorrei che non ci fossero così
tante disuguaglianze. Mi circondo di persone che amano la vita e sto
lontano dai conflitti e da tutti coloro che sono egoisti e malvagi.
-
Tu parli di stare lontano dai conflitti, ma da quello che mi dici sei
un simpatizzante di Carlos Manuel de Céspedes: andresti a combattere
per una causa nobile come quella dei separatisti?
- Appoggio
la causa di Céspedes,
ma vorrei che lui raggiungesse il suo obiettivo di forma pacifica.
Hai letto il suo emozionante discorso dell'ottobre 1868, in cui
proclamava la libertà per tutti gli schiavi?
- No, ma mi
piacerebbe farlo.
- Te lo porterò.
In quel periodo
Mariano cominciò a dormire di più e all’alba non si svegliava di
soprassalto. Il ricordo dell’appuntamento del lunedì lo
allontanava dai suoi pensieri cupi e quando all'imbrunire vedeva
apparire nella Plaza de Armas la carrozza di Felipe, era
felice sentendo la sua voce che diceva:
- Dai vieni,
andiamo a fare un giro.
Un giorno Felipe gli portò il Manifesto
del grido di Yara, quella stessa sera Mariano lo lesse
attentamente e il lunedì successivo disse a Felipe:
- Mi è parso di
capire che tra i principali obiettivi indicati nel documento vi siano
il raggiungimento della totale indipendenza dalla Spagna e la
graduale abolizione della schiavitù in cambio di un indennizzo da
concedere via via ai proprietari terrieri. È molto nobile da parte
di Céspedes aver dato un'immediata applicazione pratica alla
dichiarazione, concedendo la libertà ai suoi schiavi e invitandoli a
unirsi alla lotta su un piano di completa uguaglianza con i bianchi,
ma le sue idee pacifiche sono scomparse. Mi sembra che il testo non
lasci dubbi sul fatto che gli obiettivi debbano essere perseguiti
attraverso la guerra. Temo che i poveri schiavi saranno quelli che
soffriranno di più e che sarà difficile per Céspedes raggiungere
nella sua lotta la completa uguaglianza tra bianchi e neri.
-
Questo è esattamente quello che temo io. Sono passati più di cinque
anni dalla rivolta di Céspedes. Ci sono stati molti morti, ma la
maggior parte erano e continueranno a essere di pelle nera, disse
Felipe.
- Mi piacerebbe sapere di più su Céspedes.
-
Mariano, per conoscerlo forse dovresti leggere le sue poesie, te ne
voglio recitare una che mi piace in particolare:
Forse
il destino che costruiamo
è quella pietra spinta in salita
Dove
la parola scivola di nuovo
Ai piedi del prossimo poeta
Forse
ciò che realizziamo spingendo la pietra
È
l'eterno decifrare del passo
dimenticato
Dove troveremo le chiavi precise
Così che un
giorno la roccia prenderà il suo posto sulla cima.
- Nemmeno io capisco come un poeta abbia potuto prendere le armi. Tutti dicono che è una causa nobile, certo che lo è, ma io continuo a pensare, come te, che debba essere raggiunta in modo non violento, disse Mariano.
-
Spero che in futuro si possa raggiungere, replicò Felipe.
Mariano
si sentiva sempre più a suo agio con Felipe, lo considerava un
amico. Nessuno sapeva l'età esatta del cocchiere, forse non aveva
ancora compiuto vent'anni, ma la sua saggezza era quella di un uomo
che aveva vissuto molto. Felipe era intelligente e determinato, ma
umile allo stesso tempo. Infondeva a Mariano fiducia e serenità
perché percepiva il suo interesse per tutti gli esseri umani, ma,
come aveva promesso al farmacista, quella volta non gli confessò che
era un fuggiasco.
I giorni, le settimane e i mesi passavano
velocemente, senza che Mariano si rendesse conto che stava per
arrivare l'anno 1874, lui non si era ancora abituato al caldo
inverno dei tropici. Trascorse le feste di Natale in casa del
farmacista. La sera del 31 dicembre, si incontrò con Felipe in Plaza
de Armas e per la prima volta i due amici parlarono
d’amore.
- Hai una ragazza? Spero di non essere stato
indiscreto con questa domanda.
- Beh, ci sarebbe una ragazza,
Maria, ma non è ancora la mia fidanzata.
- Io invece ho
Olivia, la sua pelle è nera come il carbone, adesso si trova in una
piantagione di Viñales. Purtroppo è ancora una schiava, ma spero
che presto diventerà libera. Non ti piacciono le donne cubane?
-
Le donne cubane mi mettono suggestione. Per adesso mi sto scrivendo
con María, la cameriera della Señora Valls, una ricca donna
catalana che viaggiava col marito sulla mia stessa nave. Maria
assomiglia un po' a mia sorella maggiore, hanno lo stesso nome, è
molto carina e ha un buon carattere. Mi scrive che si sente sola,
circondata da vasti terreni agricoli e da allevamenti di bestiame e
che non va molto d'accordo con la sua bisbetica padrona. Vorrei
andare a trovarla, vive in una fattoria a Soroa, a sud-ovest
de L'Avana.
- In primavera ti accompagnerò alla fattoria dei
signori Valls. E un altro giorno possiamo andare a Viñales, sto
cercando di comprare Olivia al figlio del mio ex padrone. Finora non
ci sono riuscito, sebbene abbia trovato un uomo bianco come
intermediario, non c'è niente da fare, non vogliono vendermi
Olivia.
I due amici salutarono il nuovo anno, dall'altra parte
della baia, fumando una sigaretta e guardando il mare e la città in
lontananza.
All'inizio di marzo Felipe sparì, la sua carrozza
non si vide più in Plaza de Armas. Mariano ci rimase male e
cominciò a chiedere di lui agli altri cocchieri, ma nessuno di loro
seppe dargli alcuna risposta. Temette che avesse avuto un incidente,
ma presto si rese conto che la sua scomparsa era collegata alla morte
di Céspedes, avvenuta il 27 febbraio 1874.
- Non devi
preoccuparti per Felipe, lui sta bene e presto si metterà in
contatto con te. Lui sa cosa fa. Secondo me ha fatto bene a sparire,
visto che, a causa delle sue idee politiche, all'Avana era in
pericolo, disse il signor Sarrá.
- Felipe non mi ha mai
svelato quali erano i suoi piani, ma credo che adesso, dopo la caduta
di Céspedes, lui cercherà di combattere pacificamente per la
libertà di Cuba, disse Mariano.
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