La
lettera continuava per un'altra pagina, con una grafia più
frettolosa.
Prima
di ricominciare a leggere, Francesca pensò alla fortuna della
vecchia zia del marito nell'avere una casa di proprietà e una buona
pensione e alla sfortuna della Signorina Rosa. Cercando di ricordare
i tratti salienti di quella donna insignificante, le apparvero delle
immagini sfuocate che diventarono sempre più nitide.
Francesca,
da piccola, aprendo la porta del negozio sente le urla dei genitori
di Marta, i quali stavano litigando perché era sparito un paio di
guanti. Zia Rosa diceva che era stata lei a prenderli mentre
Francesca sapeva che era stata Marta a sottrarli dal negozio.
“E'
vero che la mia amica un po' se ne approfittava della bontà della
zia -pensò Francesca- ma è altrettanto vero che la nipote spesso
l'abbracciava e la sbaciucchiava”
Questo
pensiero le fece riaffiorare il ricordo dell'invidia che aveva
sentito vedendole vicine; forse perché sua madre, con la scusa di
soffrire di una malattia polmonare, non le dimostrava mai il suo
affetto.
Poi
a Francesca tornarono in mente le parole della madre mentre l'aiutava
a fare lo zaino per gita in montagna
-
Non lasciare mai il gruppo, è facile perdersi e cadere in un
burrone.
La
montagna a Francesca non interessava un granché, ma era contenta di
andare in gita, voleva sapere cosa si provava a dormire fuori casa.
La prima notte si era sentita un po' smarrita nella tenda gelida, ma
poi si era divertita scherzando e ridendo con le amiche fino
all'alba. Aveva un vago ricordo delle ragazze di Milano e a
ripensarci bene le aveva rimosse perché non le erano state per
niente simpatiche.
Quella
lettera, come ognuna delle tante che aveva ricevuto da sua madre per
oltre vent'anni, la faceva rimbalzare nel passato. Dovete sapere che
le missive della madre le procuravano sì allegria, ma anche il
timore di venir a sapere cose che non le aveva mai detto, era come
se la penna stilografica riuscisse a darle il coraggio di confessare
alla figlia le sofferenze e frustrazioni che aveva. Ogni volta la
grafia della madre aveva il potere di fermare il tempo e alterare la
vita routinaria che con fatica Francesca si era costruita.
Si levò il cappotto e continuò a leggere la seconda
parte:
I
primi tempi, appena ti eri trasferita all'estero, mi hai scritto
delle cartoline, io invece sono rimasta in silenzio. Ti chiederai
perché non mi sono fatta viva prima? Perché solo adesso?
All'inizio
ero presa da mille impegni di lavoro che mi portavano lontano e da
storie d'amore complicate, adesso la cosa che mi ha maggiormente
trattenuta è stata la paura di farmi vedere.
Sono
arrivata presto all'appuntamento, ero emozionata. Mi sono seduta in
una panchina, ma morivo dal freddo. Come tu sai bene sono molto
impulsiva, quindi sono andata a comprarmi uno scialle di lana in un
negozio vicino.
Si
è avvicinato un uomo distinto e abbiamo cominciato a parlare. Mi ha
fatto tanti complimenti. Mi ha detto che avevo molto gusto nel
vestire e che gli piacevano da morire le mie scarpe. Erano delle
ballerine verdi, con una grande fibbia. Me le sono messe appena è
cominciato a piovere per non rovinare quelle di pelle nera
scamosciata a tacco alto che indossavo prima. Ne porto sempre un paio
di riserva in borsa.
Mentre
quell'uomo parlava, ho preso dalla mia borsetta lo specchietto e il
rossetto e facendo finta di ritoccarmi il trucco, ogni tanto guardavo
verso il fondo della piazza per vedere se sbucavi.
Ti
ricordi il giorno che ti ho insegnato a truccarti?
Francesca
lasciò la lettera sopra il tavolo e andò a prepararsi una tazza di
tè; dopo, nel sedersi di nuovo, le vennero in mente i consigli che
Marta da adolescente le dava.
-
Prima una linea non troppo evidente con la matita nera nella parte
bassa del contorno dell'occhio, un'altra ben decisa nelle parte bassa
della palpebre e poi l'ombretto sfumato sopra. Per ultimo il mascara
nelle ciglia e il rossetto nelle labbra.
Poi
pensò ai particolari del volto di Marta, il giorno in cui si erano
riviste dopo tanti anni. Era lei, ma non era lei.
“Meno
male che Marta si è alzata dalla panchina e mi ha chiamato, si
disse.
Poi
continuò a leggere.
La
prima cosa che mi sono rifatta è stato il naso. Appeno ho guadagnato
i primi soldi, mi sono recata nella miglior clinica di Milano.
Dopo
qualche anno è toccato al seno, sono stata una delle prime donne nel
nostro paese a sottoporsi a un intervento chirurgico, ma ne è valsa
la pena, mi piacciono molto le mie nuove tette.
Verso
i quaranta anni mi sono fatta tirare su le palpebre e ho cominciato
con le punture di botox sulle labbra.
La
maggior parte degli interventi chirurgici li ho fatti dopo i
cinquanta. Non mi ricordo quanti.
Non
voglio dire la mia età a nessuno. A quell'uomo della panchina gli ho
detto che ne avevo quarantacinque.
Lavoro
con i ritmi di una ragazza giovane, mi sento piena di energia, forse
perché ho convinto me stessa di essere una quarantenne.
Non
so se puoi immaginare il piacere che mi ha fatto incontrarti, ma
anche la difficoltà che ho avuto a farmi vedere da te.
Hai
avuto la delicatezza di non dire niente del mio nuovo volto, ma nei
tuoi occhi, quando mi cercavi, nel luogo dell'appuntamento, ho notato
stupore.
Poi,
sedute nella terrazza del caffè, mi sono rilassata e non ho pensato
più a come mi vedevi. Mi sarebbe piaciuto essere rimasta un altro
po' con te, ma sarà per un'altra volta. Nel salutarci, mi hai
detto una cosa che mi ha colpito e non ha smesso di gironzolarmi in
testa in tutti questi giorni.
Francesca cercò di ricordare le parole che aveva
pronunciato:
-
Marta, abbiamo entrambe sessanta anni. Dobbiamo essere orgogliose
della nostra età e della nostra vita, anche se non è esattamente
come avremmo voluto che fosse, è l'unica cosa che abbiamo.
Andò
in cucina a prendere un altro po' di tè, si levò le scarpe e mise
il suo disco preferito di Miles Davis. Dopo qualche minuto seguitò
a leggere:
Indovina
cosa fa il mio ultimo fidanzato? E' un chirurgo plastico. Ti fa
ridere?
Ho
rivisto l'uomo della panchina l'indomani del nostro incontro. Mi
complico sempre la vita con storie d'amore parallele, perché? Forse
perché assomiglio più di quello che pensavo a zia Rosa.
Ieri
sera ho trovato in soffitta un piccolo baule con delle lettere da cui
ho capito che mia zia aveva avuto una storia d'amore con un commesso
viaggiatore ed era rimasta incinta. Il giovanotto era sparito e il
figlio del notaio ruppe il fidanzamento. Per nascondere la gravidanza
suo padre la fece andare da una parente in campagna.
Non
ho ben capito cosa ne fu del neonato, ma a pensarci bene un'idea me
la sono fatta. Poi zia Rosa cadde in depressione, dalla quale non si
riprese mai più. Ti ricordi quando mi veniva a prendere a scuola ?
Camminava con lentezza e sembrava assente, solamente quando mi
prendeva la mano i suoi occhi si illuminavano. Vedo ancora i suoi bei
capelli raccolti in una crocchia spettinata, mentre si gira e mi
sorride.
Ieri
sono andata dal mio parrucchiere, il migliore della zona, e sai cosa
gli ho detto a voce alta, perché lo sentissero le altre donne?
-
Ho sessanta anni!
Allora
tutte mi hanno detto che non ci credevano. Mi ha fatto un sacco di
bene sentirmelo dire.
Scusa
se ti ho annoiata con tutte le mie storie.
Spero
di vederti la prossima volta che ritornerò nella tua città
Un
abbraccio
Marta
Vi chiederete cosa pensò Francesca dopo aver letto la
lunga lettera dell'amica.
Prima si domandò per quale motivo Marta le avesse
raccontato la storia di zia Rosa, poi si chiese cosa nascondeva
quella lettera.
Rilesse di nuovo l'ultima parte e capì quello che in un
primo momento aveva già sospettato.
- E se Marta fosse la figlia della Signorina Rosa?
Se così fosse, perché l'aveva fatto sapere, anche se
in forma mascherata, proprio a lei? Era una delle sue solite bugie?
Si domandò Francesca.
Le sembrava una storia troppo drammatica per essere vera
ma, confrontando i loro volti, scoprì che entrambe erano di
carnagione olivastra, avevano capelli ondulati e gli occhi color nocciola scuri e penetranti.
Francesca rifletté lentamente e si disse che era
inutile continuare a pensare che la vita era stata ingiusta con la
Signorina Rosa: E' vero che le cose potevano essere andate
diversamente, ma almeno c'era stata una cosa positiva in tutta quella
vicenda: Marta e zia Rosa avevano vissuto sotto lo stesso tetto e
si erano volute bene.
Rilesse ancora una volta le ultime righe e le piacque
pensare che la sua amica si fosse finalmente liberata.
Fu allora che Francesca cominciò a ridere, immaginando
il volto stupito delle donne che si trovavano nel salone di bellezza,
mentre sentivano Marta dire la sua età. Dopo guardò l'orologio di
cucina e si affrettò a prendere le sue cose per uscire. Spense la
musica e lasciò la lettera sul tavolo dello studiolo. Era quasi in
ritardo.
Mentre pedalava verso il lavoro, ancora rideva pensando
alla faccia del parrucchiere nel sentire Marta per la prima volta
dire una cosa vera.
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