A Maurizio piaceva stare da solo. Le poche volte che usciva non parlava con nessuno, ma si fermava ad ascoltare il mondo che brulicava. Si sedeva su una panchina di piazza D’Azeglio e guardava con aria timida e impacciata i bambini giocare e la gente passare.
Maurizio era un uomo robusto, ma essendo alto mascherava bene il suo corpo grassoccio. Il suo cranio era privo di capelli, lucido come un uovo. Era paffuto e di carnagione chiara. Dietro ai suoi occhiali da miope, che si aggiustava ogni tanto, aveva uno sguardo melancolico. Parlava poco, ma sapeva ascoltare.
Dalla morte precoce dei genitori abitava da solo. Era andato in pensione da qualche anno e trascorreva lunghe giornate a casa. Ogni tre ore si tagliava un sigaro a metà, lo accendeva e si sedeva sulla poltrona a divorare romanzi storici, la sua grande passione. I sigari erano accompagnati da una tazzina di caffè. Indossava quasi sempre gli stessi abiti, d’inverno un maglione di lana beige e pantaloni di velluto a coste marroni, d’estate una maglietta bianca e pantaloni di cotone grigio.
A
Maurizio piaceva cucinare e anche mangiare. Usciva la mattina del
lunedì e del mercoledì a comprare il pane e il giornale, buttava
la spazzatura e faceva una piccola passeggiata intorno alla piazza.
Il venerdì andava a fare la spesa al mercato di Sant’Ambrogio.
Comprava quello che gli occorreva, ma la spesa più grande la faceva
dal suo macellaio di fiduccia, prendeva sempre carne macinata,
filetti di manzo, spezzatino, cotolette di agnello e un po’ di
rosticciana.
- Più tempo ci vuole a cucinare un piatto, più
buono viene! Si ripeteva ogni volta che iniziava a preparare lo
stufato di cinghiale, che era la sua specialità.
Aveva
una cucina
ben attrezzata e molto
ordinata.
Dietro
alla porta
erano appesi
diversi
grembiuli
da cuoco
professionista.
Ne
sceglieva uno
per ogni occasione. Aveva
nel sottoscala un congelatore dove conservava ogni ben di
Dio.
Maurizio
aveva
lavorato come contabile in
un
importante
maglificio. Non essendosi
mai sposato e non avendo praticamente amici,
quando
andò
in
pensione cominciò a isolarsi
sempre
di più.
Non
aveva
contati con nessuno,
salvo
chiamare
ogni
tanto
Luisa, una delle sue vecchie colleghe d'ufficio.
Luisa aveva
una vita abbastanza
complicata. Abitava
con la
madre,
donna malaticcia
e piuttosto
depressa.
Era
da anni
separata, ma
il suo
ex marito, essendo
uno scansafatiche,
ogni
volta che
si
metteva nei guai le
chiedeva aiuto.
Luisa,
per Maurizio,
era più
che
una amica,
ma
non
si
era mai deciso
a
esternare
i
sui sentimenti.
Sebbene
Luisa
fosse
attratta dalla
vita parsimoniosa e routinaria di Maurizio, ne biasimava
la mancanza di
vitalità
e
coraggio.
Maurizio
aveva
cominciato a invitare
Luisa a pranzo,
insieme
ad Anna,
la
sorella di Luisa e Franco, il
marito di Anna,
ogni
prima domenica del
mese.
Maurizio
apparecchiava
la tavola e serviva appetitose prelibatezze con grande cura.
-
Il
buon cibo bisogna
assaporarlo
lentamente, facendo
delle pause
tra un piatto e l'altro, consigliava
il
padrone di casa ai
commensali.
Erano passati più di cinque
anni da quando era
iniziato quel rito della
domenica.
Nessuno
era
mai
mancato
all’appuntamento,
finché
un giorno Maurizio
ebbe un attacco di gotta e
il
dottore gli proibì
di mangiare carne.
Maurizio
chiamò Luisa, per
raccontarle
della sua malattia e
lamentarsi
della
dieta che doveva fare.
- Devi
seguire i consigli del medico. Promettimi che lo farai, gli disse
Luisa con voce preoccupata.
- Ci proverò, ma che ne sarà del nostro appuntamento della prima domenica del mese? Disse lui.
- Possiamo continuare a vederci come prima, se d’ora in avanti i piatti che cucinerai saranno a base di verdure. Altrimenti non contare su di me. Ti posso insegnare a preparare ricette vegetariane. Vieni da me quando vuoi, anche domani, se vuoi. Gli rispose Luisa.
Maurizio, di per sé debole e indeciso, non riuscì a cominciare la dieta senza carne e rimandava di giorno in giorno la visita a casa di Luisa. Tuttavia, ogni prima domenica del mese, continuò a preparare succulenti arrosti e stufati, apparecchiando per un unico commensale.
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