Francisca era seduta sulla vecchia sedia sdraio nella
terrazza della casa di campagna. Il marito era andato a fare un giro
in bicicletta. I figli, ormai grandi, non seguivano più i genitori
il fine settimana o durante le vacanze. Aveva finito un libro e non
ne voleva cominciare un altro per continuare a godere la storia appena letta. Pensò che poteva controllare la posta elettronica, quindi rispondere i messaggi o scrivere nuove mail, seduta al tavolino del
giardino, all'ombra del noce, ma si rese conto che aveva
dimenticato il carica-batterie del computer portatile in città:
- Peccato! Oggi il giardino è bellissimo, tutto il
prato tappezzato da piccole margheritine, che avrebbero fatto di
sfondo ai mie scritti. Andrò a prendere carta e penna e scriverò
a mano, come nei vecchi tempi. Disse a se stessa.
La campagna intorno alla casa si stava svegliando, gli uccellini avevano un gran daffare in quella mattina di maggio, in lontananza si sentivano le campane che annunciavano la prima messa nel vicino paese.
Andò in camera da letto a cercare della carta per scrivere. In fondo all'ultimo cassetto le apparvero le lettere di sua madre.
Andò in camera da letto a cercare della carta per scrivere. In fondo all'ultimo cassetto le apparvero le lettere di sua madre.
Portò il plico di lettere in giardino, si sedette
sotto il grande albero e cominciò a leggerne alcune. Le più antiche erano
del 1977, anno in cui Francisca era partita dal suo paese.
Le missive dalla sua terra le arrivavano ogni settimana.
La madre, con una bella calligrafia, le raccontava gli avvenimenti
più importanti della famiglia e volte le parlava di
alcuni abitanti del paese. Le buste un po' ingiallite, alcune senza
francobollo, perché erano stati staccati per regalarli a un vicino
di casa collezionista filatelico, sembravano che aspettassero di
essere di nuovo aperte.
Alla fine degli anni novanta la corrispondenza cartacea tra madre
e figlia era piano piano diminuita perché diventata quasi esclusivamente
telefonica, salvo alcune rare cartoline inviate a Natale o a Pasqua. Una
delle ultime lettere, datata nel 1995, scritta in una carta rosa con delle
fragoline come frontespizio, era molto diversa dalle altre.
Di solito quando la madre scriveva una lettera lo faceva seduta in
cucina, raccontando i piccoli aneddoti o i grandi avvenimenti della loro vita quotidiana, ma parlava poco di se stessa. Invece la lettera delle
fragoline era colma di pensieri intimi e cominciava
così:
Cara Figlia:
Sono seduta sulla spiaggia guardando il mare, penso
sempre intensamente a voi da quando siete partiti, sento nostalgia
dei giorni passati insieme, ma soprattutto mi mancano tanto i vostri
bambini. Mi sento sola nella nostra grande casa, tuo padre lavora
tutto il giorno e io non smetto di rimuginare sui problemi
famigliari.
Fino a qualche minuto fa i mie pensieri erano
concentrati sulla famiglia di zia Lola. Non ti ho mai raccontato che
zio Pepe, suo marito, non mi può soffrire. Lui non mi ha mai
perdonato il fatto che io non avessi accettato la richiesta di
matrimonio di Juaquín. suo fratello.
Juaquín era il giovane medico di Santa Tecla, quel piccolo paese che dista poco dal nostro. Lo ricordi? Lui era sempre
gentile e affettuoso con tutti. Aveva una gran passione per il suo
lavoro ed spesso si dimenticava di guardarsi allo specchio. I suoi
capelli ribelli e i suoi indumenti fuori moda, gli davano un'aria
svanita. Tutti mi dicevano che era un buon partito, ma io non ero
sicura di amarlo. Pepe diventò, dopo la morte precoce di suo
fratello, l'unico erede di una famiglia benestante, ma un po' strana.
Oltre che gli anziani genitori, nella casa della famiglia Tordera,
così venivano chiamati, vivevano quattro bizzarri zii celibi.
La gente mormorava che fossero molto avari, forse perché avevano
comprato in paese molte case e tanti ettari di terra e non si sapeva
bene con quali soldi. I più maliziosi dicevano che anticamente
erano stati gli strozzini del paese. Lola, la sorella piccola di tuo
padre, sposandosi con Pepe, sacrificò tutta la sua gioventù
badando, uno alla volta, i quattro vecchietti.
Ma adesso Lola ha una bella casa, invece io no. Di
questo ne sono un po' invidiosa.
Mi sento imprigionata, non ho mai potuto fuggire di
questa nostra vecchia dimora.
Vorrei avere avuto una vita diversa, forse per
questo, nonostante il dolore che ho sentito alla tua partenza, ora
sono contenta e orgogliosa di te, per il coraggio che hai avuto nel
lasciare la nostra terra.
Quando sei andata via sono stata molto male,
piangevo tutti giorni. Una sera vennero a trovarmi i tuoi zii,
ricordo che Pepe, invece di consolarmi, mi fece un gran male,
dicendomi che se tu eri scappata via, abbandonando i genitori, era
tutta colpa mia.
- Tu non hai carattere, mi diceva.
Lui faceva sparire in me l'allegria di avere dei
figli che lottavano per aprirsi spazio nella vita. Mi schiacciava
sempre, facendomi sentire che la mia vita era tutta sbagliata.
No ti ho mai detto che alla fine degli anni'50, ho
sofferto molto, dopo aver scoperto di aver una rara malattia autoimmune. Anche in quell'occasione Pepe mi umiliava dicendomi che era tutta
colpa mia, che ero troppo magra, che mi ero trascurata e soprattutto
mi ripeteva che solo sapevo fare infelice gli altri. Ero incinta di
tuo fratello, tu avevi appena un anno, mi ricordo che la levatrice
del paese, mi diede il coraggio per affrontare la malattia, la nuova
gravidanza e il parto.
Guardando il mare vedo la mia vita scorrere, avanti
e indietro, cose fatte bene e cose fatte male.
Vorrei essere stata come mia sorella, lei ha un buon
cuore, aiuta sempre gli altri, non è invidiosa come me e sempre è
contenta di quello che ha.
Il via vai delle onde mi ricorda ossessivamente che
ho trascorso tutta la mia vita nella casa secolare dei miei
trisnonni, eppure da giovane, volevo andare a vivere altrove. Spesso
mi vedevo mentre preparavo il baule e le grandi valige per il
trasloco. Invece mi innamorai di tuo padre, che era del nostro
paese. Lui mi faceva la corte, era bello, ma povero. Il giorno che
l'ho visto ballare con un'altra, ho deciso che lo avrei sposato,
anche se il mio sognato trasloco era in pericolo.
Tuo padre ed io, quando ci siamo fidanzati,
speravamo, che dopo il matrimonio, saremo andati ad abitare da soli
in una casetta, con un piccolo giardino e un pergolato,
proprietà di tuo nonno paterno. Ma le cose si sono complicate,
qualcuno della famiglia ha fatto cambiare idea a mio futuro suocero.
Forse c'è stata la zampina di zio Pepe. No l'ho mai saputo.
Penso che avrei potuto cucinare per voi dei piatti
migliori.
Vorrei tanto poter ritornare al giorno nel quale
siete arrivati, te lo dico con tutto il cuore, vorrei essere stata
migliore, più affettuosa e più brava, sia come madre che come
nonna.
In questi giorni di vacanza ti ho visto sempre presa
dai bambini. Penso che non hai mai tempo per te stessa, ma ti sento
felice e si vede che stai volentieri con i tuoi figli. Io invece,
quando voi eravate piccoli, mi sentivo ingolfata di emozioni, di
rabbia, di fallimento, di malattia, di dolore e soprattutto di
fatica. Non riuscivo quasi a galleggiare. Volevo solo che passassero
gli anni velocemente per vedervi già cresciuti.
Adesso mi sento più tranquilla dopo averti scritto.
Il mare è calmo, come ora lo è il mio spirito, la
spiaggia è deserta, come a volte lo è il mio cuore. La schiuma
bianca, che mi bagna i piedi, mi accarezza e mi sussurra, che lei
non è la stessa acqua di prima, che tutto cambia, anche se noi
rimaniamo nello stesso posto. Questo pensiero mi fa capire che in
questi anni le cose intorno a me sono mutate, e che forse dovrei
accontentarmi dei piccoli traslochi. Si, voglio passare questi
ultimi anni accanto a tuo padre, accettando la mia vita, che non è
stata come sognavo, ma che dopo tutto adesso non è così male.
Scrivimi ma non citare questa mia lettera. Ti auguro tutta la felicità di questo mondo.
Scrivimi ma non citare questa mia lettera. Ti auguro tutta la felicità di questo mondo.
Un abbraccio
Tua madre
Appena finita la lettura, Francisca accarezzò la
lettera, la mise tra le pagine del libro che aveva in borsa e pensò che sua madre aveva ragione, se la vita non ci ha regalato dei cambiamenti o noi non siamo riusciti ad aggrapparsi alle nuove opportunità, bisognava accontentarsi dei piccoli traslochi.
Nessun commento:
Posta un commento