L'articolo della terza pagina del giornale El Diario
de Barcelona, cominciava così: Ayer un payés encontró, en
un bosque a pocos pasos de un pueblo de la costa, el cuerpo sin vida
de un niño de siete años. Solamente la autopsia podrá revelar la
causa de su muerte, sin embargo el forense ha descubierto señales de
violencia y de estrangulamiento en el cuerpo de la víctima. La
guardia civil está buscando al responsable de este acto atroz.
1
Delfina era sconvolta dopo aver letto quelle poche righe, mentre era seduta nello stanzino verde.
Delfina era sconvolta dopo aver letto quelle poche righe, mentre era seduta nello stanzino verde.
Lo
stanzino verde era l'unico luogo della casa dove la piccola Delfina
poteva stare realmente da sola. La vecchia dimora dove era nata, era
molto grande, ma al piano superiore dove c'erano le camere da letto,
non le era mai permesso di andare durante il giorno, perché sua
madre voleva che tutto rimanesse in ordine e ben pulito. La famiglia
trascorreva le lunghe serate invernali nella grande cucina che si
affacciava sul cortile; quando Delfina finiva di cenare, rimaneva
seduta a tavola e osservava gli adulti mentre parlavano a voce alta
quasi sempre per lamentarsi, talvolta della semina che si doveva
posticipare per la pioggia incessante, altre volte dei pochi soldi
che avevano a disposizione, ma sempre emergeva un sentimento di
malcontento verso il gobierno franquista; Delfina dopo un po' si alzava senza farsi
notare e si rifugiava nello stanzino verde.
La
comuna, così veniva
chiamato lo stanzino verde perché nelle vecchie case, anche in
quelle dove abitavano più famiglie, c'era un unico gabinetto ed era
comune a tutti gli abitanti del caseggiato, era ampia e dipinta di
verde, sia le pareti, che il soffitto e la porta avevano una bella
tonalità di verde mare; in fondo il sedile d'appoggio che occupava
tutto il muro era di legno chiaro con un coperchio circolare. Si
accedeva dal cortile e all'entrata c'era un piccolo disimpegno dove
attaccato al muro c'era un attaccapanni con un angolo rotto che era
appartenuto alla bisnonna, molto utile per appendere le giacche e i
cappelli troppo ingombranti ed infine una vecchia sedia impagliata
dove a lei piaceva sedersi. Ai due lati della sedia c'erano riviste
vecchie e giornali ammucchiati. La madre per tenere lo stanzino ben
pulito usava varechina e soda caustica, che da quelle parti veniva
chiamata sal fumant,
quindi l'odore non era sempre del tutto piacevole, ma a Delfina non
dava fastidio. Le piaceva lasciare i grandi in cucina, uscire nel
patio, sedersi nello stanzino, guardare il cielo e permettere alla
sua mente di viaggiare senza essere disturbata.
Durante
i mesi più rigidi d'inverno quando sentiva freddo alle gambe provava
a chiudere la porta, ma entravano lo stesso spifferi gelidi, quindi
la spalancava di nuovo e assaporava l'aria pungente. A forza di
rifugiarsi in quello stanzino, il freddo e la pioggia non la
scoraggiavano più e ci rimaneva a lungo, soprattutto quando gli
argomenti di discussione intrapresi dai grandi intorno al tavolo di
cucina erano litigiosi e colmi di ansia. Alla fine qualcuno si
accorgeva della sua assenza e allora la chiamavano.
- Delfina, torna a la cuina2
La
facevano rientrare e le ordinavano di lavarsi le mani in un bagnetto
con doccia che si trovava all'entrata della cucina.
Altre
volte, prima dell’ora di cena, si intrufolava nelle camere da
letto, soprattutto in quella del nonno, il quale le permetteva di
guardare e toccare gli oggetti contenuti nei suoi cassetti. Ma appena
la madre se ne accorgeva la sgridava e la mandava a giocare nel patio
o nella strada.
Era
una famiglia contadina da molte generazioni: i campi del nonno erano
a poca distanza dal paese e tutti collaboravano nella raccolta degli
ortaggi, anche la madre, seppur malvolentieri, si recava quasi ogni
giorno nella campagna che desiderava non dover più calpestare. Le
sarebbe piaciuto fuggire da quel paesino della costa catalana, ma a
quei tempi le donne dovevano obbedire ai genitori, quindi dopo
essersi sposata le toccò rimanere nella casa dei suoi antenati.
Contando pure il nonno materno, erano in sei ad abitare in quella
dimora, nonostante le modifiche subite negli ultimi anni, le sue
grosse mura erano rimaste immutate dal settecento.
Ogni uno
aveva i propri orari per recarsi nello
stanzino verde, ma dopo cena c'era un lasso di tempo nel quale
nessuno ci entrava; prima di andare a letto talvolta c'era la coda.
In
quell' intervallo di tempo, mentre la madre lavava i piatti della cena
e la sorella maggiore li asciugava, all'inizio entrambe ridendo e
scherzando ma subito dopo discutendo e litigando, perché la sorella
voleva sempre avere l'ultima parola, il fratello, due anni più
piccolo di Delfina, giocava per terra con i suoi soldatini o ne
faceva una delle sue nascosto in qualche angolino e il padre insieme
al nonno erano appena usciti per andare a giocare a carte in un caffè
vicino, lei scappava nello stanzino verde.
Una
sera scrutando il cielo e guardando intensamente la luna, Delfina
pensò per la prima volta ad un ragazzino che l' aveva colpita il
giorno prima; era molto attratta da quell' esile bambino bruno che
aveva visto per prima volta in chiesa e aveva scoperto che abitava
nella parte opposta del paese. I suoi orizzonti piano piano
cominciavano ad ampliarsi.
L'impagliatura
della sedia dove appoggiavano le sue gambe era calda, ma l'aria
notturna che entrava dalla la porta socchiusa era fredda.
Quelle
sensazioni contrastanti stimolavano in lei il piacere di pensare alla
sua vita presente e futura: caldo e freddo, felicità e dolore,
allegria e tristezza.
Le
stelle le ricordavano l'immensità di quel mondo che stava appena
iniziando a scoprire.
Delfina dopo quella sera, durante la quale aveva letto del povero bambino
trovato nel bosco, ogni volta che andava nello stanzino verde
continuava a cercare ulteriori notizie sull'accaduto e così facendo
i suoi occhi un giorno erano caduti sui annunci necrologi;
quasi come per gioco cercava d'immaginare la storia di quelle donne e
uomini defunti. Piangeva, non tanto per la morte di quelle persone
sconosciute, bensì per quelle morti che sarebbero arrivate
inesorabilmente dopo qualche anno nella sua famiglia. Mentre le
lacrime scendevano sul suo viso, le gambe le tremavano dal freddo e
le cosce a contatto con la sedia le irradiavano un po' di calore,
rivolgeva il suo sguardo verso il cielo, chiedendo insistentemente a
qualcuno, forse a quel Dio che tutti nominavano:
- Perque
ens morim tots 3?
Poi
immaginava delle storie nelle quali era lei stessa il
personaggio principale, ma dopo l’attenzione si spostava su altri avvenimenti.
Il giorno prima il
bambino bruno, elegantemente vestito che tanto le piaceva, si era fermato a
giocare con lei nella piazza di fronte la chiesa, mentre i suoi
parlavano col prete.
Entrambi
i genitori del bambino erano maestri di una scuola che era stata
all’avanguardia nell'epoca della seconda Repubblica. Nel periodo
franquista era diventato un Istituto privato
laico che doveva seguire le indicazioni del regime, ma che in parte
cercava di conservare l'impronta pedagogica dell'inizio del secolo.
I
maestri riferivano al prete che un loro scolaro in
lacrime aveva raccontato in classe che mentre attraversava un
boschetto, per recarsi a scuola, aveva trovato il quaderno del loro
compagno, che era sparito da giorni.
Sul
quaderno, in alcuni temi svolti dal bambino, si parlava delle grandi
gentilezze, carezze e altre dimostrazioni di affetto a cui lui era
soggetto da parte del mozo4,
che lavorava nella tenuta agricola, di cui la famiglia era mezzadra.
Forse i maestri avrebbero potuto salvare quel
bambino se avessero letto con attenzione il quaderno, ma purtroppo dopo poco si venne a sapere che era stato ammazzato dal
mozo, dopo aver abusato di lui.
Tutto il paese ne parlava. Delfina non capiva bene cosa significassero quella parole, abusare, ma doveva essere qualcosa di molto grave, dato che la madre si raccomandava a lei di non dare mai confidenza a nessuno, perché molte persone che sembrano gentili e buone nascondono, in realtà, il male.
Tutto il paese ne parlava. Delfina non capiva bene cosa significassero quella parole, abusare, ma doveva essere qualcosa di molto grave, dato che la madre si raccomandava a lei di non dare mai confidenza a nessuno, perché molte persone che sembrano gentili e buone nascondono, in realtà, il male.
-Perque
algunes persones son tan dolentes5?
allora si chiedeva.
Poi
guardando le stelle pensava che il male non poteva convivere dentro tutte le persona, altrimenti come sarebbe mai potuto esistere
quell’universo così bello?
Di
nuovo la voce della madre risuonava nello oscuro cortile.
- Delfina, torna a la cuina.
La bambina lasciava tutti i suoi pensieri nello stanzino verde, spegneva la luce
e ritornava nella calda cucina piena di voci e di vita.
1 Il
corpo senza vita di un bambino di sette anni è stato trovato ieri
in un boschetto da un contadino del luogo. Solo l’autopsia potrà
accertare le cause della morte, ma il medico legale ha già
riscontrato segni di violenza e di soffocamento sul corpo della
giovane vittima. La polizia sta cercando il responsabile di tale
atrocità.
2 Delfina
rientra in cucina
3 Perché
tutti dobbiamo morire?
4 Bracciante e tutto fare nelle aziende agricole
5 Perché
alcune persone sono così cattive?