L'altro giorno,
mentre tornavo a casa dalla scuola dove lavoro, ho perso un
pedale delle bicicletta. Mi sono fermata per cercare il bullone che
era caduto, ma essendo sparito sotto una macchina, sono dovuta
tornare a casa con un pedale solo.
Dovevo essere molto buffa agli
occhi dei passanti, mentre mi spingevo facendo una mezza pedalata con
un solo piede. In una stradina, dove di solito non passo, ho visto un
negozio artigianale di minuscoli articoli di legno, ho guardato la
vetrina piena di piccoli oggetti colorati: composizioni mobili,
orologi a pendolo, giocattoli,
ecc.
Mi sono guardata riflessa sul vetro
della porta e mi è parso di vedere che alcuni piccoli tasselli di
legno colorato della vetrina si arrampicavano lungo il mio corpo,
oscillando verso la testa. Ho avuto la sensazione che ogni pezzettino
di legno che si stava muovendo rappresentasse una delle tante cose
che volevo fare quel pomeriggio. Alcuni listelli si incrociavano,
altri viaggiavano insieme, pochi si respingevano e molti cambiavano
direzione continuamente.
La voglia di andare in palestra,
rappresentava il primo legnetto scalatore che si muoveva deciso, il
secondo, più incerto, raffigurava il bisogno di correggere i compiti
dei miei alunni. A poca distanza seguiva il terzo, con un movimento
altalenante, che corrispondeva alla necessità di fare la spesa al
supermercato. Tanti altri pezzi di
legno schizzavano. Il desiderio di telefonare a Lou, una mia cara
amica, era raffigurato dal legnetto più lento, ma continuo. Mentre i pezzettini colorati si
intersecavano e mescolavano, pensavo al perché di quei pensieri
accavalcati.
Specchiandomi
in quella bella vetrina mi è venuto in mente l'altro pomeriggio in cui i miei neuroni si sono intrecciati:
Leggevo un libro
seduta sul divano, mentre ascoltavo la radio e subito mi é venuta voglia di preparare un tè. Poi ho pensato alle lezioni del giorno dopo a cui avevo lavorato un attimo prima e
contemporaneamente alla cena che bisognava preparare. Di colpo mi
sono venuti in mente i miei figli ventenni, che erano in Spagna a
studiare. Che voglia avevo di rivederli. Osservavo, sopra il tavolo,
il giornale che avevo comprato e non avevo ancora letto. Forse in
quel periodo mio marito lavorava troppo, mi sono detta. Lo avrei voluto
abbracciare in quel momento. Respiravo e mi ripetevo:
-
Una cosa alla volta.
Mi sono fermata, ho posato il libro, ho chiuso gli occhi mentre ascoltavo la musica
lenta che emetteva la radio. Ho alzato le palpebre lentamente e ho pensavo ai panni che avrei
stirati la sera, dopo aver parlato al telefono con mio padre
novantenne, che ancora viveva nella vecchia casa secolare in un paese
della costa catalana. Quanto avrei dato per stargli più vicino! Avrei guardato vecchie fotografie con lui. Gli avrei chiesto di nuovo
perché Anita, la llevadora del paese, mi teneva in
braccio il giorno del mio battesimo e perché mia madre non c'era
nelle fotografie. Sì, i miei pensieri quel pomeriggio proprio si stavano
affastellando.
Ho
ripreso la bicicletta e grazie alla strada leggermente in discesa
sono arrivata presto a casa. Mentre mangiavo una insalata ho pensato
al legnetto più pigro della vetrina, quello che si muoveva poco.
Subito ho
chiamato Lou. Le ho detto che avevo voglia di incontrarla, che
potevamo trovarci nella terrazza di un caffè all'aperto accanto al
supermercato e dopo aver fatto la spesa avremmo potuto
chiacchierare. Lei ha accettato volentieri di prender una tazza
di tè con me.
Mentre
andavo a prendere la macchina ho incontrato una signora molto
distinta che mi ha chiesto informazioni su una struttura geriatrica
vicina. Ho guardato il suo viso un po' smarrito e le ho detto che
l'avrei accompagnata. La signora camminava piano accanto a me, aveva
una postura rigida e instabile. Mi ha colpito che le sue belle mani
tremassero. Lungo la strada mi ha raccontato che voleva fare
ginnastica in quel centro, perché era malata di Parkinson. Mi ha
parlato anche delle cure che seguiva e io ho sentito molto tenerezza
per lei.
Qualche
ora prima mi lamentavo delle mie cellule nervose che a volte si
agitavano, ma erano pur sempre sane, pensai. Quelle della signora
distinta invece, avrebbero lentamente smesso di muoversi. Nell'ultima
fase della vita, la signora non avrebbe potuto né parlare, né
leggere, né scrivere, e sarebbe stata costretta a rimanere immobile
in un letto e io ne ero dispiaciuta.
Ho
accompagnato la signora fino al cancello, dove l'aspettava
un'assistente sociale e sono salita in macchina verso il
supermercato. Dopo aver fatto la spesa, ho incontrato Lou nel solito
caffè e subito ci siamo sedute a un tavolino nella terrazza,
dove altre persone allegramente trascorrevano il pomeriggio. Abbiamo
parlato a lungo della nostra quotidianità prendendo una tazza di tè.
-
Tra un po' devo andare a fare la cena, mi ha detto lei dopo mezz'ora
che parlavamo fitto fitto.
-
Anch'io dovrei andare, altrimenti i surgelati arriveranno sciolti, le
ho detto io.
Mentre
tornavo a casa pensavo a come ero stata bene a chiacchierare con la
mia amica, forse erano stati i legnetti colorati quelli che mi avevano dato l'impulso per chiamare Lou; poi a casa mentre
sistemavo la spesa in cucina mi è venuta in mente la
signora malata di Parkinson e piano piano ho cominciato ad apprezzare tutti i gesti, movimenti, pensieri, fatiche, avversità, piccoli piaceri e dispiaceri della la vita di tutti giorni.
llevadora - ostetrica
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