venerdì 1 luglio 2022

L'appuntamento-Cap.4

 

Laura da quando aveva scoperto la doppia vita di Carlo aveva un pensiero fisso: Elisa.

- Come è possibile che una donna così superficiale come Elisa sia vezzeggiata e assecondata in tutto da mio marito. Come mai ogni giovedì Carlo va ancora a trovarla? Cosa ha Elisa che io non abbiaAdesso solo ci mancava Michele, un altro adulatore.

I primi anni aveva dato poca importanza alle visite settimanali che il marito faceva a Elisa. Ma da quando il suo matrimonio era entrato in crisi dava la colpa dell’accaduto  un po’ a Elisa. Ma poi si pentiva e si sforzava di cacciare via quei pensieri. Per convincersi di non essere gelosa ogni tanto invitava Elisa a prendere un caffè e non si lamentava quando la domenica Carlo le proponeva di uscire con Elisa e Michele. Un pomeriggio in cui le due coppie passeggiavano, Laura domandò a Elisa:

- Ti ricordi la donna con due borsoni strapieni che abbiamo incontrata l’altro giorno all’uscita del bar?

- Me la ricordo bene. Indossava un vestito un po’ trasandato, ma si vedeva che era stata una bella donna, rispose Elisa.

- Ne sono rimasta colpita. Dopo che tu sei scappata in ufficio, io ho gironzolato per le stradine del centro, a un certo punto mi sono quasi persa, disse con un sorrisetto.

Laura nascondeva a tutti che si disorientava e perdeva. Cominciava a sudare quando non riconosceva le strade. Soffriva sentendosi smarrita. Guidava poco, solo andava in macchina nei posti dove conosceva bene la strada da percorrere. Aveva letto che si trattava di una sorta di dislessia geografica.

- Anche a me intrigano le persone senza fissa dimora, disse Michele.

- Invece io non ne voglio sapere. Ho avuto tanti guai nella vita che non ci penso nemmeno di mettermi nei panni degli altri, concluse Elisa.

- In un giardinetto pubblico ho rivisto la donna. Era a sedere su una panchina. Quando mi sono avvicinata si stava raccogliendo le ciocche di capelli grigi in una piccola crocchia. Da una borsa ha tirato fuori un libriccino. Mi sono seduta accanto a lei a leggere il giornale. Poi le ho detto: si sta bene oggi al sole.

La donna mi ha sorriso e ha cominciato a parlare della sua vita, come se mi conoscesse da sempre.

- Dai raccontaci la sua storia, disse Carlo.

Laura non era abituata a raccontare aneddoti e ci mise qualche secondo a parlare:

Era rimasta vedova pochi giorni dopo aver compiuto sessantacinque anni, il marito soffriva di cuore da parecchio tempo, ma quella morte era stata inaspettata. Lei sospettava che il marito avesse ingoiato una scatola di tranquillanti, ne trovò una vuota qualche giorno dopo, nascosta nel cassetto del comodino. Non era del tutto convinta della sua supposizione, ma quando venne a sapere che il marito era pieno di debiti, capì il suo gesto estremo, anche se i dottori parlavano di infarto fulminante.

In pochi mesi perse tutto: la casa fu ipotecata e poi pignorata e i conti in banca prosciugati. La donna non aveva mai lavorato. Lei aveva fiducia in lui e gli aveva dato carta bianca sui pochi soldi che aveva ereditato dalla sua famiglia.

Essendo molto pigra e priva di entusiasmo per quello che succedeva fuori, si alzava dal letto tardi. A volte rimaneva a lungo incantata davanti alla televisione in camicia da notte, altre si sedeva in poltrona a leggere un libro. Non avendo avuto figli aveva poco da fare in casa. La mattina sbrigava le faccende domestiche. Nel primo pomeriggio stirava, mentre guardava una serie televisiva e poi un altra ancora; la sera preparava una bella cenetta e aspettava seduta sul divano il marito che lavorava fuori città.

Usciva solo a comprare la frutta e la verdura dal fruttivendolo vicino. Il marito l'accompagnava al supermercato in macchina, una volta alla settimana per la grande spesa. Il pane lo congelava per averlo fresco tutti i giorni.

Non era infelice, la routine le dava sicurezza, le sue giornate erano scandite dai programmi televisivi, amava soprattutto i film d’amore e le telenovele.

Appena morto il marito e perso l'appartamento si era trasferita dalla sorella in una città vicina. Da subito aveva capito che non era ben accolta dal cognato. Dopo pochi mesi inventò la storia che una amica d'infanzia, vedova da poco, le aveva chiesto di andare a stare da lei.

Prese il treno e se ne andò lontano. Verso sud dove il clima era più mite. Ogni tanto chiamava la sorella per rassicurarla. Finiti i pochi risparmi cominciò a passare la notte nel dormitorio comunale. Ogni mattina doveva lasciare la brandina per ritornarci la sera e dormirci un'altra notte. Faceva la doccia nei bagni pubblici. Trascorreva la maggior parte del tempo all'aperto. Le volte che riusciva a lasciare da qualche parte custodite le sue borse, andava in biblioteca a prendere un libro in prestito.

Quando le riaffiorava la tristezza e lo sconforto, cercava di reagire pensando che tra qualche mese le sarebbe arrivata la pensione, quella delle casalinghe, con la quale avrebbe potuto affittare una stanza.

Elisa guardando l’orologio, salutò in fretta e furia Carlo e Laura. A metà strada, la chiamò Michele, dicendo che aveva avuto un imprevisto e che non poteva raggiungerla. Elisa si sedete nella terrazza di un bar. Prese un succo di mirtilli e un tramezzino.

- Erano anni che non mi sedevo fuori a mangiare, si disse Elisa, ricordando che da adolescente non ordinava mai niente quando andava con le sue amiche a mangiare fuori, prendeva un bicchiere d’acqua e poco altro.

Fu difficile diagnosticarle la malattia, a quei tempi non si sapeva cosa fosse l’anoressia e poi ancora più difficile tenerla sotto controllo. Elisa sapeva che quella malattia l’avrebbe accompagnata tutta la vita. Come gli alcolisti che non possono bere nemmeno un goccio di alcol, lei non poteva digiunare. Doveva seguire gli orari dei pasti e non saltarne nemmeno uno. Doveva mangiare anche se non aveva fame.

Quella sera mentre Carlo e Laura ritornavano a casa parlarono poco. Laura pensava alla risposta che aveva dato alla donna senza fissa dimora quando le aveva domandato: Cosa fa lei nella vita?

- Sono infermiera. Mi piace il lavoro in ospedale, ma ho avuto un periodo difficile. Non vorrei augurare a nessuno l’angoscia che sentivo quando la sera tornavo a casa stanca e lui non c’era. Andavo a letto dalla disperazione. Prendevo sonniferi. Lui ritornava a casa a notte fonda. Non parlavamo quasi più, appena ci guardavamo e non facevamo l’amore da mesi. Lui per anni ogni giovedì ha continuato ad andare a trovare la vedova del suo miglior amico, chissà cosa si dicevano o facevano. Ero disperata e cercavo di lottare per salvare il nostro matrimonio. Ma a un certo punto non ho avuto più forze di combattere e sono sprofondata in una depressione. Dopo lunghe vicissitudini, che non le sto a raccontare, adesso stiamo cercando di ricominciare da capo.

La terza volta che Laura invitò Elisa al bar a fare uno spuntino, le sembrò meno lagnosa.

Laura di solito prendeva un caffè macchiato, Elisa una tazza di tè verde.

Elisa non smetteva di parlare del suo lavoro noioso, Laura la ascoltava.

A un certo punto Laura ebbe il coraggio di domandarle di cosa parlavano ogni giovedì lei e Carlo.

- Carlo mi raccontava soprattutto dell’albergo, io invece parlavo di cose senza importanza, il più delle volte mi lamentavo. Lui mi ascoltava, povero Carlo.

- E di me, ne parlava?

- Quasi mai, lui parlava sempre degli ospiti dell’albergo. Non penserai mica che tra di noi ci sia stata una relazione. Ti garantisco che Carlo è stato sempre per me un amico.

Laura si sentì sollevata.

Ritornando a casa, Laura era di buon umore e mentre preparava la cena ebbe un’idea audace. Raccontò a Carlo che forse aveva trovato l’ inquilina per la loro vicina di casa, un’anziana signora che da tempo voleva offrire una camera a una persona fidata, in cambio di un piccolo aiuto domestico. Carlo non fu per niente sorpreso dell’altruismo della moglie e l’assecondò con entusiasmo.

Laura provò a chiamare la sua dirimpettaia, ma dovette lasciarle un messaggio nella segreteria telefonica. L’anziana signora era piuttosto sorda, alzava il volume del televisore e non sentiva mai né il suono del telefono, né tanto meno il campanello. Le lasciò detto che sarebbe andata da lei l'indomani.

Quella stessa sera Elisa mise in ordine il salotto e si sedette a leggere un libro. Si alzò e mise il disco Kind of blue di Miles Davis, ma dopo la prima canzone lo tolse. Ne prese un altro, Ascenseur pour l’échafaud, e lo ascoltò chiudendo gli occhi. Le venne in mente il film che aveva visto di recente con Michele in una piccola sala di Essai. Aveva letto che Davis per quel film abbozzò poche e rudimentali sequenze armoniche nella camera del proprio hotel a Parigi.

- Nelle camere degli alberghi succede di tutto, si disse pensando al musicista e ai personaggi bizzarri dell’hotel Placido.

Poi pensò a Laura. L’aveva considerata sempre una donna insignificante, a tal punto che non si era mai interessata alla sua vita, ma negli ultimi tempi cominciava ad apprezzare quella donna gentile che ogni tanto la chiamava per un caffè. Si rese conto che Laura era più interessante quando non c’era Carlo.

Prima di andare a letto chiamò Michele e fissarono per vedersi l’indomani.

Il giorno dopo Elisa si svegliò presto e uscì di casa per andare a fare una passeggiata, prima di vedersi con Michele. Mentre camminava rifletteva su quanto era cambiata la sua vita in poche settimane.

Michele arrivò puntuale. Elisa aveva preparato una bella colazione, ma non tirò fuori la macchinetta del caffè di Fabio. Preparò un vassoio con due tazze e due piattini di un azzurro intenso, una teiera fumante, due bicchieri colmi di spremuta di arance e la crostata di marmellata di ficchi che aveva comprato quella mattina nella pasticceria sotto casa.

Elisa prima di sedersi andò verso il giradischi e rimise il disco della sera prima.

- Questo era uno dei dischi preferiti di mio figlio.

- Ma dove è adesso tuo figlio? Io ti riempio la testa parlandoti dei miei figli e nipotini. Tu invece non mi parli mai di tuo figlio, la sera del teatro mi hai accennato dell’incidente, ma non so nient’altro.

Michele si schiarì la voce:

- Forse le cose sarebbero andate diversamente se non fosse stato figlio unico. Mia moglie non ne ha voluti altri. A tre mesi dal parto lei è ritornata al lavoro, il piccolo è stato allevato da una tata che abitava con noi. Fin dall’inizio a scuola andava male e noi non lo abbiamo mai accettato. Mia moglie ed io eravamo stati sempre buoni studenti e non riuscivamo a capire le sue difficoltà. I nostri rispettivi lavori ci impegnavano molto, io a quel tempo ero direttore di una grossa azienda, lei giudice della Corte d’appello. Eravamo poco presenti, abbiamo assunto una donna che si occupava della casa e di nostro figlio. Lo accompagnava a scuola e lo andava a riprendere.

Quando alle scuole medie ha cominciato a collezionare insufficienze abbiamo cercato degli insegnanti che venivano a casa il pomeriggio. Ma più gli stavamo addosso più peggiorava la situazione. Alla superiori ha cambiato diverse scuole e ripetuto due anni. Ha smesso di frequentare il Liceo pochi mesi prima dell’esame di Maturità. Lì lo abbiamo perduto. Ha cominciato a frequentare brutte compagnie ed è andato via di casa. Noi due ci vergognavamo di lui e non sapevamo cosa fare. Lui ha sempre rifiutato il nostro goffo aiuto. Non voleva i nostri soldi, ma ogni tanto ci telefonava. Eravamo disperati, fino a quando abbiamo saputo che era andato a stare in una comunità fondata da un guru indiano, vicino al mare. Eravamo un po’ sollevati che avesse trovato un appoggio spirituale. Ma continuava a non volerci vedere. Un giorno, lui e un altro della comunità ebbero un grave incidente stradale. Nostro figlio si salvò ma perse la mobilità delle gambe.

Il nostro matrimonio era da tempo finito, ma non lo volevamo ammettere perché ci mancava la forza per affrontare una separazione. Volevamo solo riportare nostro figlio a casa. Lui non ha più voluto ritornare da noi. Un anno fa ho proposto a mia moglie di cominciare le pratiche per il divorzio e di traslocare altrove. Lei non ne voleva sapere, ma alla fine ha accettato.

Michele riprese fiato:

- Una volta al mese andiamo insieme a trovare nostro figlio. Ieri ci siamo andati. Lui ci ha chiesto di portargli la sua collezione di dischi. Poi quando stavamo andando via ci ha pregato di rimanere a cena. E’ stata la prima volta. Per questo abbiamo fatto tardi e non c’è l’ho fatta a venire da te.

- Quanta sofferenza. Ma è un buon segno che vi abbia chiesto di rimanere a cena, disse Elisa.

- Speriamo che sia un buon segno. Non ha voluto niente altro che i suoi dischi.

Carlo la domenica mattina andò con Laura dall’anziana vicina. La quale subito accolse la proposta di conoscere la donna senza fissa dimora.

Laura corse a cercarla per darle la buona notizia.

Carlo si sedette a prendere il caffè che le aveva offerto la dirimpettaia, mentre l’anziana signora cominciava a raccontargli la sua storia.

Carlo, da quando Elisa aveva conosciuto Michele, cominciò a trovare delle scuse per rimandare l’appuntamento del giovedì. Le visite di Carlo a casa di Elisa continuarono a diradare sempre di più. Elisa non ci fece troppo caso.

Le due coppie dopo il periodo iniziale di entusiasmo e di affiatamento, cominciarono a vedersi di meno.

Un giorno Elisa invitò Carlo a casa sua, con la scusa di farle sentire un disco di Miles Davis inedito.

Carlo arrivò prima delle cinque.

Mentre lui prendeva il caffè e lei la sua solita tazza di tè, Elisa le domandò:

- E’ stato mio marito a chiederti di venire da me ogni giovedì?

- No, Fabio solo mi si è raccomandato di avere cura di te.

- Ero sicura che tu gli avevi promesso qualcosa.

- Macché, non gli ho promesso niente. Già dal primo appuntamento mi sono reso conto che mi faceva bene parlare con te e che sareste stata tu ad avere cura di me.





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