A settembre quasi sempre mi compro
uno zaino o una
cartella o delle
matite colorate o un astuccio nuovo, è un rito che ho cominciato da
piccola. E' come un nuovo oggetto
utile riuscisse a attirare l'
forza, l'ottimismo
e l' entusiasmo,
necessari a me per cominciare il nuovo corso. L'anno scorso
mi ero regalata uno zaino rosso e un thermos per
il tè verde.
In ogni piano della
scuola c'è un corridoio grande e largo con
diverse aule sul lato sinistro, invece sulla destra ci sono dei
grandi finestroni che danno su un ampio
cortile. Le aule si affacciano sul fiume, inoltre quelle del terzo e quarto piano hanno una vista panoramica
della città medievale.
A volte mentre m'incammino verso l'aula penso alle
origini di quel palazzo, che nel cinquecento, dopo
essere stato distrutto, fu adibito a convento, poi
nell'Ottocento ospitò un istituto scolastico, il Reale Istituto
Superiore di Magistero Femminile e durante il breve periodo di Firenze Capitale (1865-1871), ospitò il Ministero della Marina.
Passo dopo passo
penso che è una grande fortuna avere immensi corridoi, dove sono
sistemati dei lunghi tavoli, destinati a
studenti e professori per la lettura, lo studio o altre attività scolastica.
In ogni piano ai due
estremi dei corridoi centrali ce
ne sono altri due più stretti, in quello
di destra ci sono
aule in entrambi i lati ed è piuttosto lungo, quello di sinistra è
più corto e con meno spazi per la
didattica.
Una mattina mentre attraversavo
il corridoio del terzo piano col mio zaino rosso, durante la ricreazione, ho notato, appoggiata sulla parete, una ragazza dai tratti
tipici del Centro America: faccia larga,
bassettina e di corporatura un po' tozza. Ma la cosa che più mi colpi fu la sua
espressione triste e spaesata. Era sola e
mangiava concentrata un
grande panino, avvolto con carta
di giornale. Mi sono avvicinata e le ho detto:
Dopo pochi giorni parlai con la professoressa di lettere
di Catalina, così si chiamava la ragazza centroamericana. La docente
mi disse che qualche giorno prima aveva avuto un colloquio con la
madre della ragazza, una donna giovane che si era fatta una vita in
Italia lavorando duramente come badante. Aveva richiamato in Italia
la figlia, perché le voleva dare una vita migliore, dopo averla
lasciata per diversi anni nel suo paese di origine con la nonna. La
madre non aveva né tempo né voglia per stare dietro Catalina, era
come se le volesse dare un' opportunità ma senza nessun tipo
di aiuto, giustificava la sua rigidità, dicendo che aveva da
lavorare sodo per mantenere altri figli, avuti da una relazione con un
uomo italiano.
Quindi
Catalina era veramente lasciata a se stessa, solo noi professori
potevamo aiutarla.
Da quel giorno durante la ricreazione andavo a cercarla e le davo
consigli e suggerimenti per affrontare le lezioni.
Insieme alla docente di italiano ho presentato al Consiglio di classe di
Catalina, un piccolo progetto per poter aiutare la ragazza, un paio di ore la settimana. Però non è stato
possibile farlo, perché mi fu detto che non potevamo allontanarla
dall'aula, perché avrebbe perduto troppe ore di lezione, questa era la
normativa. Formalmente non faceva una piega, ma se Catalina non
capiva niente di quello che spiegavano i professori, come avrebbe
fatto? Inoltre la ragazza de El Salvador, oltre le carenze
linguistiche, aveva notevoli lacune di base in tutte le materie. Ne
parlai anche con la dirigente, ma lei mi ribadì la stessa cosa: non si poteva fare perdere delle lezioni agli alunni, era un loro
diritto.
Io continuavo a pensare che sarebbe stato meglio seguirla
individualmente fuori dell'aula, ma purtroppo le mie ore libere non
coincidevano con nessuna delle ore dei professori disponibile a farmi
stare dentro la classe accanto a Catalina.
Alcuni professori hanno veramente aiutato Catalina, altri, la maggior parte, erano e sono ancora convinti di averle concesso il massimo, dandole l'opportunità di
frequentare un corso d'italiano pomeridiano. Questi ultimi durante tutto l'anno scolastico hanno continuato a dire :
-
E' una ragazza che non ha voglia di fare nulla e capisce ben poco.
-
Vorrei veder cosa avresti fatto tu, in un paese nuovo, senza parlare la lingua,
rispondevo io.
Quei
corridoi per Catalina ogni giorno sono diventati più tristi,
solo faceva un mezzo sorriso quando mangiava da sola il suo panino.
Alla
fine dell'anno Catalina fu bocciata, ma la madre le diede una seconda
opportunità, la fece iscrivere di nuovo in prima, ma in un indirizzo
meno impegnativo, sempre nella stessa scuola. Purtroppo i nuovi docenti, salvo qualche eccezione, furono ancora meno sensibili e collaborativi e Catalina a
metà anno, dopo la prima pagella disastrosa, fu rimandata in Centro america dalla nonna.
Quando
ogni mattina passo dal corridoio del terzo piano penso a
Catalina, a tutto quello che noi professori non abbiamo fatto per lei
e alla vita che potrebbe aver avuto in Italia con una istruzione
adeguata. Mi consolo pensando che forse è ritornata nella vecchia
scuola e che durante la ricreazione, mentre mangia il suo panino, ride con le compagne di classe.
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