martedì 4 settembre 2018

Elba e Piera


















Essere seduta sul letto, vedendo dalla finestra il mare in lontananza, era una delizia per Lucia, le bastava questo per essere felice.
Era arrivata nell'isola qualche giorni prima, dietro l'invito di Elisa, un' amica di vecchia data.
- Siete sempre benvenuti tu e tuo marito. Il mare a fine estate è bellissimo. Da domani la casa non sarà più affollata, c'è una stanza libera tutta per voi! Vi aspettiamo, poi aggiunse l'amica con una voce convincente, io ci rimarrò fino i primi di settembre. Dai vieni!
All'inizio Lucia non era del tutto decisa perché un po' le dispiaceva lasciare il marito in città, ma d'altronde lui desiderava a tutti costi cominciare i lavori di ristrutturazione dell'appartamento dove sarebbe andato a vivere il figlio, quindi non sembrava per niente convinto di partire al mare con lei; poi pensò che c'erano mille motivi per andarci: 
- La città è rovente e deserta d'agosto, loro sono indaffarati durante tutta la giornata,  le mie amiche sono in ferie, non posso nemmeno andare a trovare nostra figlia, perché è partita per un  viaggio nel sudest asiatico; allora sarà bene partire, si disse quasi convinta.
Ma poi quello che aveva veramente spinto Lucia ad andarci era stato il ricordo del suo primo viaggio all'isola nel lontano 1989.
Aveva  poco più di trenta anni, era incinta della sua primogenita. Era la seconda gravidanza, il primo bambino era morto nove giorni dopo la nascita per una anomalia cromosomica. Marito e moglie avevano cercato di accettare quella disgrazia, ci erano riusciti ma un po' di sfiducia e sensi di colpa erano rimasti in Lucia, ogni tanto le tornava in mente il giorno in cui lei aveva convinto il marito ad avere un figlio. Lei si sforzava di pensare in positivo, ma l'immagine del primo  bambino prematuro nell'incubatrice non la lasciava.
Anche se tutto sembrava a posto, nel fondo aveva timore che anche quella volta qualcosa andasse storto, forse per questo quell'estate aveva deciso di non intraprendere viaggi lunghi, voleva che l'attesa fosse serena. Anche in quell'occasione l'aveva chiamata Elisa, invitandola a trascorrere una settimana nell'isola.
Il marito di Lucia doveva recarsi a un Convegno a Budapest, lei sarebbe rimasta in città e il fine settimana avrebbe fatto una capatina in campagna, ma nessuno prevedeva quella grande afa a fine agosto, quindi, appena il marito fu partito, lei cominciò a desiderare impazientemente di vedere il mare, per questo preparò una piccola valigia e uscì di casa. Andò alla stazione e prese il treno per Piombino, dato che nel pomeriggio non c'erano dei treni diretti, dovette cambiare a Pisa. I finestrini abbassati, un po' lasciavano passare l'aria in movimento, ma appena il treno si fermava la canicola attanagliava i vagoni.
Lucia portava con sé un libro e un quaderno, quindi leggendo e scrivendo il viaggio non le sembrò troppo lungo. Arrivata a Piombino perse per un pelo la nave per Rio Marina. Chiamò l'amica ma non la trovò in casa. Le rispose il padre di Elisa e le consigliò di prendere la nave successiva, quella per Cavo, un paese a pochi chilometri da Rio Marina. Lui si offri di andare a prenderla.
Sali sul traghetto e si mise a sedere sul ponte per sentire l'odore del mare. Il padre di Elisa era già sul molo ad aspettarla quando la nave attraccò; mentre lui guidava, le raccontò della sua passione per la natura, prima parlandole dei filoni metalliferi e della grande ricchezza mineralogica dell'isola, poi mostrandole dal finestrino la morfologia della costa, le rocce e le spiagge nere.
- Lo sapevi che il plutone del Monte Capanne è il progenitore di tutto l'Arcipelago Toscano che, affiorando in superficie, ha provocato lo scivolamento verso oriente di rocce sedimentarie che hanno dato origine alle pianure della zona centrale dell'Isola d'Elba?
Lui era nato all'Elba e conosceva l'isola a menadito, ma quel giorno Lucia capi il motivo per il quale, qualche anno prima, si era iscritto, nonostante l'età e il suo lavoro impegnativo, alla facoltà di Geologia di Pisa.
Quando arrivò a casa, nel piazzale terrazzato, c'erano ad aspettarla tre donne: Elisa, la madre e la sorella, in cucina invece trafficava la vecchia zia. Ci fu un gran via vai in quei giorni, chi partiva, chi arrivava. Di solito gli uomini, il babbo, il cognato e lo zio di Elisa, erano quelli che si muovevano di più, le donne rimanevano in quel paradiso mesi interi.
Lucia con la sua pancetta si sentiva a suo agio, coccolata da tutti in quella casa. La mattina si preparava un panino e andava al mare con Elisa. Scendevano attraverso un viottolo molto ripido in mezzo a un boschetto per arrivare alla caletta tra le rocce. L'acqua era cristallina e la spiaggia era quasi deserta. Gli alberi e gli scogli alti, facevano ombra, quindi le amiche potevano leggere e mangiare al fresco senza bisogno dell'ombrellone, bastava solo spostarsi. La sera Lucia si dava un gran da fare in cucina per aiutare le donne a dare da mangiare a tutta quella tribù. I due bambini della sorella di Elisa erano accuditi, soprattutto il pomeriggio, dai nonni.
Questo allora colpì Lucia, non era abituata a vedere nonni così premurosi. Il sabato mattina arrivò il marito di Lucia, con un sacco di regali ungheresi per tutti, poi nel primo pomeriggio partirono i genitori e la zia dell'amica per un viaggio in Francia. Dopo due giorni cambiò il tempo, cominciò a piovere e a rinfrescare, per questo Lucia e il marito decisero di anticipare la partenza.
Ritornò all'Elba altre volte. Lei e suo marito affittarono durante alcuni anni, insieme a degli amici con i rispettivi figlioletti, una quindicina di giorni a luglio, una villetta sotto la casa di Elisa. Era sempre un paradiso quella parte di costa, ma le belle sensazioni che Lucia aveva tanto apprezzato la prima volta, erano quasi svanite, anche perché le vacanze con i bambini piccoli erano molto più faticose.
Le venne in mente un pomeriggio nel quale, dopo essere sbarcati, dovettero aprire la casa, sistemare i letti, andare a fare la spesa, preparare la cena, fare il bagno ai bambini e in fine farli addormentare. Lei e il marito si coricarono esausti, lui quella volta si addormentò subito, invece a lei venne un gran mal di testa. A un certo punto si alzò dal letto e appoggiò la testa sulle mattonelle bianche della cucina per trovare un po' di conforto; in quel momento invidiò l'aiuto, che i nonni davano alla sorella di Elisa a badare i nipoti, ma poi ricordò anche le giornate tranquille insieme al marito e figli, senza discussioni e intromissioni famigliari.
Lasciò correre i ricordi e si concentrò sugli orari dei mezzi pubblici da prendere. Scoprì che, come trent'anni prima, per Piombino c'erano pochi treni. L'unico diretto partiva alle 5.35 del mattino, era anche il più comodo per poter prendere la nave verso Rio Marina.
- Mamma mia che levataccia dovrò fare! Disse Lucia, quella domenica, mentre pranzava con marito e figlio.
- Ti accompagno io alla stazione in macchina domani, poi torno a letto. Disse il figlio veramente deciso.
- Ma sei impazzito, posso prendere un taxi, non voglio farti alzare così presto, disse Lucia.
-Io mi riaddormento senza problemi. L'altro giorno, quando eravate in campagna, all'alba ho accompagnato un'amica all'aeroporto, poi mi sono rinfilato nel letto. Ti voglio portare io, non se ne parli più.
- Grazie per la tua premura, ma mi dispiace scomodarti.
- Io approfitterei del grande favore che lui vuole farti, disse sorridendo  il marito.
Quella notte Lucia dormì a spizzichi e bocconi, ma quando suonò la sveglia si sentì riposata. Fu commossa nel veder che suo figlio si era alzato senza esitare, mentre invece lei stava per dirgli:
- Rimane a letto, io chiamo un tassi.
A quell'ora non c'era nessuno per strada, quindi arrivarono presto alla stazione, il figlio volle accompagnare la madre fino alla biglietteria, vedendo che gironzolava gente poco raccomandabile.
Lucia fu colpita da una ragazza con accento brasiliano, appoggiata su una parete dell'entrata principale; voleva a tutti costi svincolarsi da un ragazzo con i capelli biondi tinti, che le stava a dosso.
- Lasciami, non voglio stare con te, urlava la ragazza a squarcia gola.
Il biondo continuava a importunarla, per fortuna la ragazza riuscì a liberarsi e correndo andò verso l'androne, dove cominciavano a transitare alcuni viaggiatori.
Lucia salutò il figlio e salì sul treno che era già posizionato sul binario numero tre. Il vagone era  gelido e quasi deserto, Lucia si coprì con una foulard e tirò fuori dallo zaino un libro. Ogni tanto alzava la testa e guardava dal finestrino. Accanto a Lucia c'era una donna abbigliata in maniera strana, pantaloni jeans corti, infradito e giacca vento arancione col cappuccio. Quella donna incappucciata all'inizio dormiva, ma verso Empoli si svegliò e disse a Lucia che era diretta a Piombino, dove aveva comprato una casa e che quella mattina aspettava l'arrivo dei mobili.
- A Piombino tirano dietro le case. Nessuno vuole andare a viverci, ma a me piace guardare dalle finestre e vedere l'ambiente decadente del porto. Poi il mare li vicino è bello.
- Forse ha fatto un buon affare, ma la cosa più importante e che a lei si senta bene in quella casa, disse Lucia.
La conversazione fini li. Dopo essersi assopita per un'altra mezz'ora quella donna bizzarra si alzò e si avvicinò all'orecchio di Lucia e le disse:
- Guarda che gentaglia che c'è in giro, bisogna mandala via dall'Italia, poi fece un gesto con la mano diretto a quei poveretti che passavano per il corridoio.
Anche Lucia aveva notato quel via vai di uomini e donne di colore, le ragazze era vestite in modo appariscente, addirittura volgare, alcuni ragazzi erano curati nel vestire, ma la maggior parte erano un po' trasandati.
Anche lei aveva capito che rientravano da una notte di lavoro, le ragazze sicuramente erano costrette a prostituirsi, protette dai magnaccia di turno, alcuni di quei ragazzi vendevano il loro corpo, sia a uomini che a donne, altri forse spacciavano droghe.
Lucia non rispose alla donna, non ne valeva la pena, ma le fece capire che non aveva gradito il suo atteggiamento, quindi riprese il libro si mise a leggere.
Alla stazione di Pontedera scesero quasi tutti gli extracomunitari. Lucia notò, tra tutto quel popolo della notte, una ragazza cicciottella, che si tirava giù in continuazione gli angoli di un vestito rosso luccicante e molto scollato che appena le arrivava sotto il sedere, mentre la spingeva un ragazzo alto e musone.
- Che vita assurda e miserabile che sono costretti a fare ogni notte questi disgraziati, mentre la maggior di noi stiamo dormendo, pensò Lucia, quando il treno stava ripartendo.
Verso Pisa cominciò ad albeggiare, Lucia si immerse nella storia del libro e senza quasi rendersi conto, il treno era arrivato a Piombino.
La vicina di compartimento salutò sbrigativamente, il treno rimase fermo per un po', poi partì verso Piombino marittima. Lucia aveva solo dodici minuti per fare il biglietto e recarsi al mollo. Di corsa riuscì a fare tutto e salire sul traghetto.
L'aria era fresca, si sedette sul pontile e guardò il  mare  per tutto il tragitto. Quando si avvicinavano alla costa domandò a una signora che aveva un cane:
-Quel paesino che si vede a destra è Cavo?
La signora confermò e poi le disse che amava molto quell'isola e che nonostante abitasse in una cittadina di mare, vicino Viareggio, d'estate ci trascorreva diversi giorni.
A Lucia piaceva parlare con sconosciuti, soprattutto quando erano affabili, la signora col cane le raccontò che aveva due figli russi adottati, piuttosto discoli, ma dato che la nave stava attraccando si dovettero salutare in fretta e la storia dei ragazzi russi rimase a metà.
Elisa era al porto ad aspettarla. Con la macchina di Elisa raggiunsero la casa a pochi chilometri di Rio Marina.  Il giardino terrazzato non era cambiato molto, forse in verità era più curato, perché avevano assunto un giardiniere che  dava loro  una mano. Le persone che le vennero incontro, la madre, vedova da poco, la sorella e la nipote di Elisa erano le stesse di sempre, avevano qualche ruga e capello bianco in più, come del resto anche lei era invecchiata, ma la novità erano i bambini della nipote di Elisa. In tre decenni era nata una nuova generazione.
Quella mattina, e tutte quelle che seguirono, le amiche andarono al mare. Verso le tre del pomeriggio risalivano per dare il cambio alla sorella di Elisa, dato che non volevano lasciare sola la madre ultra novantenne, una donna in salute e autonoma, ma che  in quella casa, con tutti gli scalini e pericoli che c'erano, apprezzava la compagnia. Nella spiaggia c'era sempre una coppia di sessantenne, lei chiacchierona, lui taciturno ma sorridente, erano gli amici di Elisa. A volte si univano altre persone a chiacchiera sotto l'ombrellone. Mentre il gruppetto discorreva di svariati argomenti Lucia leggeva e leggeva. Facevano il bagno spesso, dato che nonostante fossero all'ombra l'aria era  torrida. Elisa un giorno le prestò la sua maschera e Lucia poté vedere i fondali rocciosi con banchi di pesci, alghe e altre creature marine. 
Quando verso l'ora di pranzo la maggior parte dei compagni di ombrellone saliva verso casa, le due amiche tiravano fuori il loro panino e si raccontavano di sé, soprattutto parlava Elisa, la quale in quel periodo era single. Una mattina mentre erano sedute a riva in procinto di fare un bagno, le disse all'amica:
- Ho avuto due grandi amori, purtroppo finiti male, non li rimpiango per niente. Adesso dopo tanti tempo che vivo da sola non credo che sarei capace di innamorarmi di nuovo.
- La vita porta molte sorprese, non si sa mai quello che ci aspetta. Ma è chiaro che se non frequenti  ambienti con persone nuove, non incontrerai nessun' uomo con cui dividere la tua vita, disse Lucia.
- Ogni tanto mi piacerebbe essere abbracciata ed avere compagnia a letto, ma non voglio convivere mai più con nessuno, sono troppo gelosa delle mie cose e poi forse mi toccherebbe fargli da badante, no ci penso nemmeno, rispose Elisa alzandosi e buttandosi in acqua.
- La soluzione c'è: ognuno a casa propria, disse Lucia, ma le sue parole si persero nell'aria perché l'amica era già sott'acqua.
Lucia visse fianco a fianco con i membri di quella grande famiglia per una settimana. I bambini, dal secondo giorno cominciarono a prendere confidenza con lei. Il più piccolo, aveva due anni e mezzo, era molto vispo e ogni giorno imparava una parola nuova.
- Piera, Piera, vieni a giocare con me.
- Non mi chiamo Piera, mi chiamo Lucia, gli ripeteva lentamente lei.
Ma lui non sentiva ragioni, la chiamava Piera e basta. 
Come la prima volta all'Elba Lucia si diede d'affare per aiutare a preparare la cena e insegnò alla donne di casa a fare delle grandi frittate di patate.
Una sera nonna e nipote discussero accesamente a tavola, sulla maniera di educare i figli, poi passarono a parlare della rete che dovevano mettere ai confini della proprietà per non fare passare i cinghiali, ma non erano d'accordo su niente. La mattina  dopo erano di nuovo amiche, come se niente fosse.
Lucia ricordò che anche lei, quando aveva i bambini piccoli andava a passare un paio di settimane al mare dai suoi genitori. Le stesse dinamiche, le solite discussioni e gli stessi malintesi.
- Bisogna sapere fare a meno della famiglia e volare ogni tanto verso lidi nuovi, anche se è più faticoso e dispendioso, pensò, ricordando, che a un certo punto lei e il marito avevano affittato un appartamento, per conto loro, al mare, non lontano dalla casa dei suoi; questi in un primo momento si erano offesi, ma piano piano si erano abituati alla nuova situazione, peraltro più comoda per tutti.
L'ultimo giorno all'Elba raccolsero dei fichi da due alberi pieni di frutti, uno era in basso vicino alla strada, l'altro aveva i rami sul piazzale.
Il bambino piccolo, mentre Lucia preparava i fichi da portare a suo marito, che ne andava pazzo, le disse:
- Ciao Lucia, oggi sono grande e ti chiamo Lucia, ieri ero piccolo e ti chiamavo Piera.
Lucia sentendo quelle parole si rese conto che in quei giorni all'Elba era  come se avesse preso i panni di Piera, un'altra donna,  riuscendo forse  a guardarsi  e a osservare dal di fuori la vita che trascorreva.
La sua valigia era già pronta. Nel primo pomeriggio le due amiche salutarono tutti e partirono verso il porto per imbarcarsi.
Sulla nave e poi in macchina chiacchierarono di tante cose ma soprattutto della morte recente del padre di Elisa, erano così impegnate a parlare che in un incrocio sbagliarono strada, ma dato che non avevano fretta, si misero a ridere davanti un cartello stradale. Si salutarono all'entrata della stazione di Livorno.
Dal finestrino dello scompartimento entrava la luce tenue del tramonto, ancora sufficiente per permettere Lucia di  leggere il suo libro, nel suo vagone c'erano pochi viaggiatori. Ogni tanto guardava lo zaino pieno di fichi e sorrideva. Il treno correva veloce per le campagne, era un diretto regionale, per questo da Pisa a Firenze non fece nessuna fermata. Fu all'imbrunire quando Lucia  smise di leggere e si lasciò cullare dalle oscillazioni ritmiche del treno. Mentre chiudeva gli occhi le apparse l'immagine di due donne affabili, erano vicino alla riva del mare, in procinto di fare il bagno, una disse di chiamarsi  Elba e  l'altra Piera.








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