Carla
si era alzata tardi quel giorno.  Avrebbe dovuto lavorare, ma una sua
compagna le aveva chiesto di cambiare il turno, quindi era libera
tre giorni di fila. Le piaceva  il lavoro che  faceva, si sentiva soddisfatta, ma quando arrivava   il fine
settimana era  scoraggiata e molto stanca. Dimenticava o
meglio scansava tutto quello che avrebbe voluto fare: uscire col
marito, andare a vedere una mostra o un film, chiamare un'amica,
passeggiare lungo il fiume o girare tra le bancarelle del mercato.
Quella mattina sbrigò le  faccende  indispensabili in pochi minuti e
ordinò la spesa attraverso  Internet.
Il
primo giorno  era stata per lei una liberazione restare a letto  fino
a tardi a leggere un libro, perché quando Pietro, suo marito,  era
in casa si sentiva in colpa e  non lo faceva. L'indomani aveva perso
l'entusiasmo iniziale, inoltre non riusciva a concentrarsi  sulla
lettura  e quel non decidersi ad  alzarsi  era diventato per lei  un
incubo.
-
Almeno combinassi qualcosa, invece  di stare a rimuginare sotto le
coperte. Pensava. 
Si
fece forza e scese dal letto, ma sempre in camicia da notte
passava  ogni tanto, dalla poltrona al divano e viceversa. Non era
riuscita  a farsi la doccia a un'ora decente, quindi verso
mezzogiorno e mezzo si  era vestita in fretta e furia ed era uscita
ancora con i cappelli bagnati, per andare a prendere  il giornale. 
Il
marito tutti i giorni rientrava a casa col giornale, adesso che era
partito Carla si era   obbligata a comprarlo perché la sua lettura
l'avrebbe avvicinata al mondo e poi  perché  sapeva che quando suo
figlio  andava a trovarla, la prima cosa che  cercava  in casa era il
giornale. 
Era
parecchio tempo che sognava  di stare qualche giorno da sola,  senza
marito e figli. Da un anno i ragazzi erano andati a vivere per conto
proprio e  Pietro  aveva intrapreso un breve viaggio. Era felice per
lui, ma forse era anche un po' gelosa, ma non voleva riconoscerlo.
Anzi era stata lei a insistere perché Pietro si decidesse a 
partire.
-
Perché non mi so godere le giornate libere?  Riesco solo  ad
occuparmi  delle altre persone, di me stessa non ne sono capace. Mi
tormento pensando a quello che potrei fare e poi quando ho la
possibilità di agire rimango a letto immobile.  Ho tutto, ma  vedo il vuoto  se mi guardo indietro. Come mai? Si domandava Carla. 
Quel
sabato si sentiva in trappola e non sapeva come scrollarsi di dosso
le ansie e le paure. Lasciò indietro il giornalaio e ritornò
lentamente a casa senza guardare niente e nessuno,  ma a un certo
punto le venne in mente  il mazzo di chiavi: 
-
Devo andare a farne  una copia, per  lasciarla nascosta da qualche
parte in cantina,  ho paura di rimanere prima o poi chiusa  fuori di
casa. Disse tra sé e sé, mentre si incamminava verso  il 
ferramenta del quartiere.
Nel negozio c'erano diverse persone. Carla si mise in fila ad
aspettare. Quando le toccò  il turno era  purtroppo l'ora di
chiusura,  il commesso le  fece sapere  che  ci voleva troppo  per 
fare la chiave della porta blindata,  quindi  la invitò a ritornare
nel pomeriggio.
Per
strada vide una donna di mezza età che trascinava due borse
strapiene. Era    magra e ben proporzionata, nonostante una certa
trascuratezza era ancora bella. 
-
 Chissà cosa le era successo?  Cosa è stata la vita negli ultimi mesi per quella persona? E per me che ho tutto?  Si domandò  penseriosa.
La
donna delle borse si sedette in una panchina di piazza San Ambrogio e
appoggiò il suo ingombrante bagaglio per terra. Muovendo
delicatamente le sue ditta  raccolse  le ciocche di cappelli grigio-biondastri,
che le erano scivolate via dal fermaglio, in una piccola crocchia,
poi da una borsa tirò fuori un libriccino.
Carla
 era incuriosita da quella donna e si sedette nella stessa panchina a
leggere il giornale.  
-
E' stato un inverno molto freddo, pensò Carla guardando la pelle 
screpolata del viso e le mani coperte da geloni della donna accanto. 
Dopo
qualche minuto Carla ruppe il silenzio dicendo:
-
Come si sta bene oggi al sole.
La
donna sorrise e cominciò a parlare con Carla, come se la conoscesse
da tutta la vita. Lodò la fortuna di poter stare all'aria aperta e
dopo aver respirato profondamente un paio di volte le raccontò la
sua storia.
Carla
fu colpita dalle parole di Anastasia, così si chiamava quella strana
donna.
Anastasia
era rimasta vedova pochi giorni dopo aver compiuto sessanta anni, il
marito  soffriva di cuore  da parecchio tempo, ma  quella morte era 
stata inaspettata.  La donna sospettava che il marito  avesse
ingoiato diverse pasticche per  dormire,  ne trovò una boccetta
vuota, qualche giorno dopo, nascosta nel cassetto del comodino, tra
le cose di lui. Non era del tutto convinta della sua
supposizione,  ma quando venne a sapere che il marito era pieno di
debiti, capì  il suo gesto estremo, anche se i dottori parlavano di
infarto fulminante.
In
pochi messi perse tutto: la casa fu ipotecata e poi pignorata, i
conti in banca prosciugati. Anastasia non aveva mai lavorato in tutta
la vita, dipendeva dal marito sia economicamente che
psicologicamente. Lui si occupava di tutto,  lei lo amava  e aveva
fiducia in lui, quindi gli aveva dato carta bianca su tutto.
Anastasia,  ogni mattina, essendo molto pigra e senza entusiasmo per 
quello che succedeva fuori delle loro quattro mura, rimaneva in
camicia da notte fino a mezzogiorno davanti al televisore. Non avendo
figli sbrigava velocemente le faccende domestiche nel primo
pomeriggio, puliva, lavava, stirava mentre guardava un programma
televisivo e poi un altro ancora; la sera preparava una bella cenetta
 e aspettava seduta  sul divano il marito, il quale rientrava
piuttosto tardi perché lavorava fuori  città
Anastasia
usciva poco di casa, solo per  comprare verdure fresche da un
fruttivendolo vicino, per la grande spesa il marito l'accompagnava 
al supermercato in macchina, una volta alla settimana. A comparsi  i
vestiti, la biancheria e altri  articoli per la casa, andava sempre
col marito in un centro commerciale  vicino.
Non
si sentiva infelice, la routine  le dava sicurezza, le sue giornate
erano scandite dai programmi televisivi, soprattutto le telenovelle
erano quelle che  maggiormente la   allontanavano dalla realtà.
Appena
morto il marito e perso l'appartamento si  era trasferita dalla
sorella, ma  da subito  aveva capito che non era ben accolta dal
cognato, quindi dopo pochi  mesi inventò la storia che  una amica
d'infanzia, la quale era rimasta vedova da poco, le aveva chiesto di
andare a vivere con lei per  farle compagnia. La sorella credette
alle sue parole, anche perché Anastasia la chiamava una volta la
settimana e le diceva che  era contenta della nuova sistemazione. Fu
allora che cominciò a passare la notte nel dormitorio popolare del
comune, quello per i senza tetto. Ogni  mattina doveva lasciare la
brandina  per poter  rientrare di nuovo verso le sette di sera e
dormire un'altra notte.  Faceva la doccia nei bagni pubblici e 
passava la maggior parte del tempo all'aperto. 
-
Stare fuori è la cosa più bella della mia nuova vita, insieme al
fatto di poter decidere da sola  il da fare e dove andare. Disse 
Anastasia con soddisfazione.
Restarono
qualche minuto in silenzio, poi domandò a Carla quale  fosse il suo
mestiere:
-
Sono infermiera. Mi piace il  mio lavoro in ospedale, ma ultimamente
mi sento stremata. Volevo restare da sola questi giorni di festa, ma
adesso che è partito mio marito mi sento smarrita, non riesco a
reagire, rimango chiusa in casa e  non faccio altro che rimuginare 
per  tutto il giorno. Non so cosa mi succeda.
-
La posso capire. Anch'io mi sentivo persa la prima volta che mi sono
trovata da sola, ma questo non era niente in confronto a quello che
ho sentito il primo giorno  in cui ho dormito nel ricovero popolare.
Ogni tanto  mi ritorna lo sconforto, ma cerco di reagire pensando che
tra qualche mese mi arriverà la pensione minima, che insieme  alla
piccola indennità, che  adesso lo stato mi passa,  potrò pagare 
una stanza in affitto.
-
Spero che presto  riesca ad avere un vero tetto, Anastasia. Che bel
nome che ha, da dove viene? Le domandò  Carla.
Mentre
 la donna  le raccontava che era stato suo padre a chiamarla in quel
modo perché aveva letto la storia dello Zar di Russia, Nicola II,
in Carla  nasceva un progetto   bizzarro,  che  se  fosse riuscito,  sarebbe 
stato  veramente geniale.
Dopo
poco si salutarono e Carla si  incamminò  verso via  San Giuseppe, ma a
un certo punto, voltò a destra.
Mentre i suoi piedi si muovevano non  pensava più al mazzo di chiavi
da far copiare,   bensì  alla donna che aveva incontrato prima.
L'ansia in lei era sparita e  nella sua testa maturava l'idea di andare a parlare con la sua
dirimpettaia, una  simpatica signora anziana, che  viveva da  sola 
in un enorme  appartamento e che qualche giorno prima le aveva detto
che  voleva affittare una camera a una persona  fidata. 
Senza sapere nemmeno lei il perché aveva imbucato quelle strade del centro, invece di tornare a casa, cominciò a gironzolare per la città; quanto sentì fame mangiò un tramezzino e bevette un bicchiere di birra seduta in un tavolino di un caffè, mentre guardava la gente che passava.
Senza sapere nemmeno lei il perché aveva imbucato quelle strade del centro, invece di tornare a casa, cominciò a gironzolare per la città; quanto sentì fame mangiò un tramezzino e bevette un bicchiere di birra seduta in un tavolino di un caffè, mentre guardava la gente che passava.
-
E' tanto che non passeggio da sola per la  città, pensò.
Rientrando,
la prima cosa che fece fu chiamare il marito, al quale raccontò 
l'incontro  che aveva fatto quella mattina e  nel  congedarlo gli
disse che  lo amava  e che non vedeva l'ora di riabbracciarlo, poi
inviò un messaggino ai figli per invitarli a  pranzo il giorno
successivo; alla fine  si sedette sul divano e sorrise soddisfatta di
come era andata quella giornata.
La
sera mise in ordine la casa, dopo cucinò con piacere dei  ricchi
piatti  per  i suoi  figli e alla fine della serata si sedette a
leggere un libro, ascoltando un disco di Charlie Parker.  
Ogni
tanto alzava la testa dal libro e pensava che era la prima volta si
era sforzata a guardarsi dal di fuori, per capirsi.
Dopo
cena  Carla chiamò la vicina, ma dovette lasciarle un messaggio
nella segreteria telefonica, perché, essendo questa  piuttosto
sorda, la sera  alzava il volume del televisore, quindi non sentiva 
mai il suono del telefono o del campanello. Le lasciò detto  che
sarebbe andata a trovarla l'indomani verso le undici e che aveva una
bella sorpresa per  lei.
Il
giorno dopo si svegliò presto e  vedendo la bella giornata uscì di
casa per andare a fare una passeggiata lungo il fiume. Mentre
camminava guardava la gente, gli alberi e le case e per prima volta  si rese conto che la sua esistenza era ricca, non solo in benessere materiale ma anche in affetti, incontri, avvenimenti, progetti e lavoro.

 
 
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