lunedì 17 giugno 2024

Leggendo Le nostre eruzioni

 


Mentre leggevo un breve frammento di Nietzsche, mi sono accorta di non sapere quasi niente dell’autore. Il liceo che ho frequentato in Spagna, prevedeva un corso di filosofia al quarto anno. Il mio insegnante era un uomo piuttosto bizzarro, di naso aquilino dove appoggiavano i suoi occhiali rotondi in corno chiaro che alzava ogni poco a modo di tic. Era tale la sua distrazione che arrivava spesso in ritardo o non si presentava. Le lezioni si svolgevano all’ultima ora, quando tutti gli studenti erano stanchi e demotivati. Il professore con la sua voce rauca, cercava di spiegarci il pensiero dei filosofi più importanti tra l’ottocento e il novecento, ma ricordo ben poco di quelle sonnolenti lezioni.

Rileggendo le frasi, innumerevoli cose… forse dopo secoli, rompono improvvisamente alla luce, ho pensato che bastano poche coincidenze per appropriarsi di persone e fatti che non sospettavamo che esistessero. Come è successo quando sono venuta a sapere di Mariano Defaus Moragas, uno dei fratelli del mio bisnonno Francisco. Lui fuggì a Cuba nel 1873, ma nessuno della mia famiglia ne fu mai a conoscenza. Grazie a un messaggio di una sua discendente cubana si è aperto per me un nuovo mondo sulle mie radici.

L’autore riflette sulle nostre virtù (o difetti), che possono essere ancora nascoste e, se si ha tempo di aspettare, possono essere manifestate nei discendenti. Secondo lui da quando abbiamo un figlio possiamo comprendere meglio noi stessi. Negli ultimi tempi mi è capitato di scoprire qualcosa di me, gesti o modi di fare, nei miei discendenti: Helena, mia figlia, già da piccola amava invitare gli amichetti a casa e organizzare incontri con loro. Come di solito faccio io, mi piace riunire gente intorno a un tavolo. Alessandro, il secondogenito, si preoccupa per gli amici e parenti, cerca di aiutare quando sono in difficoltà, ascoltando i loro problemi, cercando loro un lavoro, si fa in due per dare un passaggio in macchina, ecc. In Giulio, il più grande dei nipotini, a volte, quando esce dall’asilo e offre ai bambini un pezzettino della merenda, vedo qualcosa di me; ricordo un giorno, quando da piccola, ho regalato tutte le pesche, che aveva raccolto mio padre da un albero dell’orto, ai bambini della strada. Il fatto che io sia testarda e diffidente sui cibi mai assaggiati prima o di sapore esotico (forse questo è veramente un difetto più che una virtù), l’ho ritrovato in Massimo, l’altro piccolo nipote. Bambino piuttosto tranquillo, si arrabbia solo quando insistiamo a fargli mangiare cose nuove o a lui non gradite. Ai mie genitori sarà successa la stessa cosa, mia madre avrà visto in me la sua oculatezza nelle spese quotidiane e mio padre avrà notato l’ansietà che sento, come succedeva a lui, ogni volta prima delle partenze.

Dalla similitudine finale “siamo tutti vulcani in via di sviluppo” mi vengono fuori le stesse domande di prima: Cosa c’è di nascosto dentro di noi? Quando verrà fuori?... E poi divagando, quante cose ancora abbiamo da scoprire sotto i nostri piedi? Da adolescente, leggendo il libro, Viaggio al centro della Terra di Giulio Verne, sono rimasta colpita da quello che potrebbe esserci in profondità. Poi per una serie di coincidenze, che non c’entrano con Giulio Verne ho indirizzato i miei studi verso la geologia e la paleontologia. Come i lenti, ma a volte rapidi e catastrofici, movimenti geologici, con l’impossibilità di sapere quando avranno luogo, anche la nostra vita è un susseguirsi di fatti, talvolta graduali e prevedibili, talvolta fulminei e stravolgenti, con le due uniche certezze che abbiamo, la nascita e la morte, il resto non lo sa nessuno. 





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