venerdì 18 novembre 2016

Ragazze di mare








La lettera continuava per un'altra pagina, con una grafia più frettolosa.
Prima di ricominciare a leggere, Francesca pensò alla fortuna della vecchia zia del marito nell'avere una casa di proprietà e una buona pensione e alla sfortuna della Signorina Rosa. Cercando di ricordare i tratti salienti di quella donna insignificante, le apparvero delle immagini sfuocate che diventarono sempre più nitide.
Francesca, da piccola, aprendo la porta del negozio sente le urla dei genitori di Marta, i quali stavano litigando perché era sparito un paio di guanti. Zia Rosa diceva che era stata lei a prenderli mentre Francesca sapeva che era stata Marta a sottrarli dal negozio.
“E' vero che la mia amica un po' se ne approfittava della bontà della zia -pensò Francesca- ma è altrettanto vero che la nipote spesso l'abbracciava e la sbaciucchiava”
Questo pensiero le fece riaffiorare il ricordo dell'invidia che aveva sentito vedendole vicine; forse perché sua madre, con la scusa di soffrire di una malattia polmonare, non le dimostrava mai il suo affetto.
Poi a Francesca tornarono in mente le parole della madre mentre l'aiutava a fare lo zaino per gita in montagna
- Non lasciare mai il gruppo, è facile perdersi e cadere in un burrone.
La montagna a Francesca non interessava un granché, ma era contenta di andare in gita, voleva sapere cosa si provava a dormire fuori casa. La prima notte si era sentita un po' smarrita nella tenda gelida, ma poi si era divertita scherzando e ridendo con le amiche fino all'alba. Aveva un vago ricordo delle ragazze di Milano e a ripensarci bene le aveva rimosse perché non le erano state per niente simpatiche.
Quella lettera, come ognuna delle tante che aveva ricevuto da sua madre per oltre vent'anni, la faceva rimbalzare nel passato. Dovete sapere che le missive della madre le procuravano sì allegria, ma anche il timore di venir a sapere cose che non le aveva mai detto, era come se la penna stilografica riuscisse a darle il coraggio di confessare alla figlia le sofferenze e frustrazioni che aveva. Ogni volta la grafia della madre aveva il potere di fermare il tempo e alterare la vita routinaria che con fatica Francesca si era costruita.
Si levò il cappotto e continuò a leggere la seconda parte:

I primi tempi, appena ti eri trasferita all'estero, mi hai scritto delle cartoline, io invece sono rimasta in silenzio. Ti chiederai perché non mi sono fatta viva prima? Perché solo adesso?
All'inizio ero presa da mille impegni di lavoro che mi portavano lontano e da storie d'amore complicate, adesso la cosa che mi ha maggiormente trattenuta è stata la paura di farmi vedere.
Sono arrivata presto all'appuntamento, ero emozionata. Mi sono seduta in una panchina, ma morivo dal freddo. Come tu sai bene sono molto impulsiva, quindi sono andata a comprarmi uno scialle di lana in un negozio vicino.
Si è avvicinato un uomo distinto e abbiamo cominciato a parlare. Mi ha fatto tanti complimenti. Mi ha detto che avevo molto gusto nel vestire e che gli piacevano da morire le mie scarpe. Erano delle ballerine verdi, con una grande fibbia. Me le sono messe appena è cominciato a piovere per non rovinare quelle di pelle nera scamosciata a tacco alto che indossavo prima. Ne porto sempre un paio di riserva in borsa.
Mentre quell'uomo parlava, ho preso dalla mia borsetta lo specchietto e il rossetto e facendo finta di ritoccarmi il trucco, ogni tanto guardavo verso il fondo della piazza per vedere se sbucavi.
Ti ricordi il giorno che ti ho insegnato a truccarti?

Francesca lasciò la lettera sopra il tavolo e andò a prepararsi una tazza di tè; dopo, nel sedersi di nuovo, le vennero in mente i consigli che Marta da adolescente le dava.
- Prima una linea non troppo evidente con la matita nera nella parte bassa del contorno dell'occhio, un'altra ben decisa nelle parte bassa della palpebre e poi l'ombretto sfumato sopra. Per ultimo il mascara nelle ciglia e il rossetto nelle labbra.
Poi pensò ai particolari del volto di Marta, il giorno in cui si erano riviste dopo tanti anni. Era lei, ma non era lei.
“Meno male che Marta si è alzata dalla panchina e mi ha chiamato, si disse.
Poi continuò a leggere.

La prima cosa che mi sono rifatta è stato il naso. Appeno ho guadagnato i primi soldi, mi sono recata nella miglior clinica di Milano.
Dopo qualche anno è toccato al seno, sono stata una delle prime donne nel nostro paese a sottoporsi a un intervento chirurgico, ma ne è valsa la pena, mi piacciono molto le mie nuove tette.
Verso i quaranta anni mi sono fatta tirare su le palpebre e ho cominciato con le punture di botox sulle labbra.
La maggior parte degli interventi chirurgici li ho fatti dopo i cinquanta. Non mi ricordo quanti.
Non voglio dire la mia età a nessuno. A quell'uomo della panchina gli ho detto che ne avevo quarantacinque.
Lavoro con i ritmi di una ragazza giovane, mi sento piena di energia, forse perché ho convinto me stessa di essere una quarantenne.
Non so se puoi immaginare il piacere che mi ha fatto incontrarti, ma anche la difficoltà che ho avuto a farmi vedere da te.
Hai avuto la delicatezza di non dire niente del mio nuovo volto, ma nei tuoi occhi, quando mi cercavi, nel luogo dell'appuntamento, ho notato stupore.
Poi, sedute nella terrazza del caffè, mi sono rilassata e non ho pensato più a come mi vedevi. Mi sarebbe piaciuto essere rimasta un altro po' con te, ma sarà per un'altra volta. Nel salutarci, mi hai detto una cosa che mi ha colpito e non ha smesso di gironzolarmi in testa in tutti questi giorni.
Francesca cercò di ricordare le parole che aveva pronunciato:
- Marta, abbiamo entrambe sessanta anni. Dobbiamo essere orgogliose della nostra età e della nostra vita, anche se non è esattamente come avremmo voluto che fosse, è l'unica cosa che abbiamo.
Andò in cucina a prendere un altro po' di tè, si levò le scarpe e mise il suo disco preferito di Miles Davis. Dopo qualche minuto seguitò a leggere: 
 
Indovina cosa fa il mio ultimo fidanzato? E' un chirurgo plastico. Ti fa ridere?
Ho rivisto l'uomo della panchina l'indomani del nostro incontro. Mi complico sempre la vita con storie d'amore parallele, perché? Forse perché assomiglio più di quello che pensavo a zia Rosa.
Ieri sera ho trovato in soffitta un piccolo baule con delle lettere da cui ho capito che mia zia aveva avuto una storia d'amore con un commesso viaggiatore ed era rimasta incinta. Il giovanotto era sparito e il figlio del notaio ruppe il fidanzamento. Per nascondere la gravidanza suo padre la fece andare da una parente in campagna.
Non ho ben capito cosa ne fu del neonato, ma a pensarci bene un'idea me la sono fatta. Poi zia Rosa cadde in depressione, dalla quale non si riprese mai più. Ti ricordi quando mi veniva a prendere a scuola ? Camminava con lentezza e sembrava assente, solamente quando mi prendeva la mano i suoi occhi si illuminavano. Vedo ancora i suoi bei capelli raccolti in una crocchia spettinata, mentre si gira e mi sorride.
Ieri sono andata dal mio parrucchiere, il migliore della zona, e sai cosa gli ho detto a voce alta, perché lo sentissero le altre donne?
- Ho sessanta anni!
Allora tutte mi hanno detto che non ci credevano. Mi ha fatto un sacco di bene sentirmelo dire.
Scusa se ti ho annoiata con tutte le mie storie.
Spero di vederti la prossima volta che ritornerò nella tua città
Un abbraccio
Marta

Vi chiederete cosa pensò Francesca dopo aver letto la lunga lettera dell'amica.
Prima si domandò per quale motivo Marta le avesse raccontato la storia di zia Rosa, poi si chiese cosa nascondeva quella lettera.
Rilesse di nuovo l'ultima parte e capì quello che in un primo momento aveva già sospettato.
- E se Marta fosse la figlia della Signorina Rosa?
Se così fosse, perché l'aveva fatto sapere, anche se in forma mascherata, proprio a lei? Era una delle sue solite bugie? Si domandò Francesca.
Le sembrava una storia troppo drammatica per essere vera ma, confrontando i loro volti, scoprì che entrambe erano di carnagione olivastra, avevano capelli ondulati e  gli occhi color nocciola scuri e penetranti.
Francesca rifletté lentamente e si disse che era inutile continuare a pensare che la vita era stata ingiusta con la Signorina Rosa: E' vero che le cose potevano essere andate diversamente, ma almeno c'era stata una cosa positiva in tutta quella vicenda: Marta e zia Rosa avevano vissuto sotto lo stesso tetto e si erano volute bene.
Rilesse ancora una volta le ultime righe e le piacque pensare che la sua amica si fosse finalmente liberata.
Fu allora che Francesca cominciò a ridere, immaginando il volto stupito delle donne che si trovavano nel salone di bellezza, mentre sentivano Marta dire la sua età. Dopo guardò l'orologio di cucina e si affrettò a prendere le sue cose per uscire. Spense la musica e lasciò la lettera sul tavolo dello studiolo. Era quasi in ritardo.
Mentre pedalava verso il lavoro, ancora rideva pensando alla faccia del parrucchiere nel sentire Marta per la prima volta dire una cosa vera.

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