giovedì 3 luglio 2014

Nessuno scrive alla professoressa












Avevo cinquantacinque anni, quando pensai che in tutti quegli anni d'insegnamento nessuno dei miei studenti mi aveva mai scritto una lettera, un po' ne ero dispiaciuta. Quel pensiero, in quella mattina grigia, mi era venuto in mente ricordando Laura, i viaggi che facevamo insieme in macchina e la lettera che le aveva scritto un suo vecchio alunno.
Molti anni prima avevo vinto un concorso per insegnare alle scuole superiori, allora avevo circa trent'anni. Ricordo che all'inizio avevo timore ad insegnare in una lingua che non padroneggiavo completamente, ma il bel rapporto che nacque con gli studenti fece svanire in breve le mie paure. Dopo alcuni anni, ci furono dei tagli nel bilancio statale con la conseguenza che, essendo una delle ultime in graduatoria, dovetti lasciare la mia cattedra a Firenze per andare a insegnare nel Mugello.
Subito ho fatto amicizia con alcuni colleghi, pendolari come me. Tutte le mattine ci trovavamo in un punto di Via Faentina, dove sotto un grande albero, lasciavamo parcheggiate le auto. Poi salivamo tutti su un'unica vettura che, a rotazione, ciascuno di noi metteva a disposizione degli altri. Ogni giorno percorrevamo la strada da Firenze a Borgo San Lorenzo, spesso chiacchierando e ridendo e, nonostante la levataccia, quei viaggi mi piacevano. Un collega di italiano, il "professore poeta", così veniva chiamato da tutti, era sempre malinconico, ma grazie a lui ho apprezzato l'intensità dei colori delle campagne autunnali che traversavamo.
Due volte la settimana, cominciavo le lezioni alle dieci e mi trovavo a viaggiare solo con Laura, la quale, ogni mercoledì, prendeva la sua macchina, in quei giorni mi alzavo contenta perché mi piaceva percorrere la strada con lei. Aveva qualche anno più di me, un figlio adulto, un marito innamorato e una gran passione per la storia e la filosofia, materie che insegnava nel nostro Liceo. La macchina di Laura era vecchia ma robusta, la sua guida era rilassante, in quell' abitacolo caldo ci siamo raccontate brandelli della nostra vita. Laura era molto premurosa, spesso mi portava, per le mie esperienze di laboratorio, dei limoni e pane ammuffiti.
Ricordo la volta in cui, mentre guidavo concentrata la mia piccola utilitaria bianca, attenta a non finire sul ghiaccio accumulato al bordo della strada, Laura mi disse che voleva leggermi una lettera di un suo allievo di qualche anno prima, che si era trasferito negli Stati Uniti.
Era una lettera bellissima, che cominciava così:

Cara Professoressa mi ricordo ancora di lei.............

Ne rimasi folgorata e contagiata dal piacere che Laura aveva provato nel riceverla e nel rileggermela.
Forse era stata una coincidenza, ma il caso aveva voluto che qualche giorno dopo quei nostalgici ricordi dei viaggi con Laura, una mia alunna mi scrivesse una lettera. Ma partiamo dall'inizio:
Una mattina, nell'aula della seconda G della scuola fiorentina dove lavoravo da un po' di anni, ho visto Elena triste, seduta da sola all'ultimo banco. Quel giorno quando siamo andati nel laboratorio di Biologia, per preparare e osservare ce cellule dell'epidermide della cipolla, lei è rimasta seduta nella sua postazione iniziale, quasi senza guardare nel microscopio i vetrini da osservare.
Era da qualche settimana che avevo notato il suo disinteresse durante le mie lezioni,  mi aveva colpito perché per tutto l'anno precedente era stata una delle più entusiaste della classe, soprattutto quando andavamo in laboratorio. Elena non era la stessa di sempre.
Così all'uscita della lezione le ho parlato. Sembrava che non aspettasse altro, ha cominciato a chiacchierare, prima serenamente, dopo impazientemente chiedendo il mio aiuto. Voleva cambiare scuola, non si trovava bene nella classe, pensava di essersi sbagliata nella scelta del Liceo e desiderava andare in un Liceo Artistico. Qualche giorno dopo sono venuta a sapere, che anche altre alunne della classe erano scoraggiate e insoddisfatte questo mi aveva colpito e rattristito.
Dopo qualche settimana i genitori di Elena hanno deciso di lasciarle cambiare scuola. La perdita di un' alunna è stato sempre un gran dispiacere per me, ma in quell'occasione ho voluto pensare che trasferirsi in un'altra scuola sarebbe stato la miglior cosa per lei.
La mattina del sabato in cui Elena se ne sarebbe andata via, mi sono svegliata con un pensiero fisso. Dovevo fare qualcosa per la seconda G, avrei dovuto trasmettere a tutta la classe, non sapevo ancora come, la bellezza della vita, indurre ad apprezzare che il dono più grande che tutti abbiamo è quello di essere nati e far capire che con tenacia e umiltà si possono superare tutti gli ostacoli che vai via ci si presentano, questo sarebbe stato anche il mio saluto a Elena.
In quei giorni stavo spiegando un argomento di genetica, in particolare la trasmissione dei geni dei gruppi sanguigni. Quella mattina mentre facevo colazione, sorseggiando un tè caldo e leggendo il giornale, mi è tornato in mente, un racconto che avevo scritto alcuni mesi prima.
Lo scritto parlava della mia nascita prematura a causa del sangue Rh negativo di mia madre e quello positivo di mio padre e finiva dicendo che ringraziavo un libro di Biologia per avermi fatto capire che ero una donna felice perché ero nata o meglio perché avevo lottato per poter nascere e ci ero riuscita.
In quel momento ho pensato istintivamente che scienze e narrativa potevano essere un buon abbinamento.
Dopo aver introdotto l'argomento di genetica sull'ampliamento delle leggi di Mendel, ho detto alle mie allieve che gli ultimi minuti di lezione, sarebbero stati dedicati alla lettura di quel racconto, basato appunto sui gruppi sanguigni.
Ero un po' emozionata, era la prima volta che leggevo un mio scritto a una classe.
Nell'aula c'era uno strano silenzio, sentivo la mia voce, con la mia caratteristica inflessione catalana.
Dopo qualche giorno mi è arrivata una lettera di Elena che diceva:

Cara Professoressa:
E' da più di un anno che ci conosciamo e penso che il rapporto che si è instaurato, per quanto bello è genuino, è sempre un legame tra insegnate e alunno che non permette a nessuno dei due di conoscersi totalmente, spesso a causa di “cliché gerarchici”.
Oggi, però siamo riuscite a conoscere una grande verità, che lei è riuscita a trasmetterci anche commuovendoci: la vita è un meraviglioso regalo ed essendo unica va vissuta al meglio. Ci ha inoltre dimostrato che lei nutre una vera passione per la sua materia, cosa non scontata per molti professori, facendoci vedere come la scienza è comunque presente nel vivere quotidiano.
Non saprei cosa aggiungere se non grazie di cuore per tutto ciò che mi ha insegnato e trasmesso.
Elena

Da quel giorno non potevo più dire, nessuno scrive alla professoressa.








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