martedì 29 ottobre 2013

Lo stanzino verde


L'articolo della terza pagina del giornale El Diario de Barcelona, cominciava così: Ayer un payés encontró, en un bosque a pocos pasos de un pueblo de la costa, el cuerpo sin vida de un niño de siete años. Solamente la autopsia podrá revelar la causa de su muerte, sin embargo el forense ha descubierto señales de violencia y de estrangulamiento en el cuerpo de la víctima. La guardia civil está buscando al responsable de este acto atroz. 1 
Delfina era sconvolta dopo aver letto quelle poche righe, mentre era seduta nello stanzino verde.
Lo stanzino verde era l'unico luogo della casa dove la piccola Delfina poteva stare realmente da sola. La vecchia dimora dove era nata, era molto grande, ma al piano superiore dove c'erano le camere da letto, non le era mai permesso di andare durante il giorno, perché sua madre voleva che tutto rimanesse in ordine e ben pulito. La famiglia trascorreva le lunghe serate invernali nella grande cucina che si affacciava sul cortile; quando  Delfina finiva di cenare, rimaneva seduta a tavola e osservava gli adulti mentre parlavano a voce alta quasi sempre per lamentarsi, talvolta della semina che si doveva posticipare per la pioggia incessante, altre volte dei pochi soldi che avevano a disposizione, ma sempre emergeva un sentimento di malcontento verso il gobierno franquista; Delfina dopo un po' si alzava senza farsi notare e si rifugiava nello stanzino verde.
La comuna, così veniva chiamato lo stanzino verde perché nelle vecchie case, anche in quelle dove abitavano più famiglie, c'era un unico gabinetto ed era comune a tutti gli abitanti del caseggiato, era ampia e dipinta di verde, sia le pareti, che il soffitto e la porta avevano una bella tonalità di verde mare; in fondo il sedile d'appoggio che occupava tutto il muro era di legno chiaro con un coperchio circolare. Si accedeva dal cortile e all'entrata c'era un piccolo disimpegno dove attaccato al muro c'era un attaccapanni con un angolo rotto che era appartenuto alla bisnonna, molto utile per appendere le giacche e i cappelli troppo ingombranti ed infine una vecchia sedia impagliata dove a lei piaceva sedersi. Ai due lati della sedia c'erano riviste vecchie e giornali ammucchiati. La madre per tenere lo stanzino ben pulito usava varechina e soda caustica, che da quelle parti veniva chiamata sal fumant, quindi l'odore non era sempre del tutto piacevole, ma a  Delfina non dava fastidio. Le piaceva lasciare i grandi in cucina, uscire nel patio, sedersi nello stanzino, guardare il cielo e permettere alla sua mente di viaggiare senza essere disturbata.
Durante i mesi più rigidi d'inverno quando sentiva freddo alle gambe provava a chiudere la porta, ma entravano lo stesso spifferi gelidi, quindi la spalancava di nuovo e assaporava l'aria pungente. A forza di rifugiarsi in quello stanzino, il freddo e la pioggia non la scoraggiavano più e ci rimaneva a lungo, soprattutto quando gli argomenti di discussione intrapresi dai grandi intorno al tavolo di cucina erano litigiosi e colmi di ansia. Alla fine qualcuno si accorgeva della sua assenza e allora la chiamavano.
- Delfina, torna a la cuina2
La facevano rientrare e le ordinavano di lavarsi le mani in un bagnetto con doccia che si trovava all'entrata della cucina.
Altre volte, prima dell’ora di cena, si intrufolava nelle camere da letto, soprattutto in quella del nonno, il quale le permetteva di guardare e toccare gli oggetti contenuti nei suoi cassetti. Ma appena la madre se ne accorgeva la sgridava e la mandava a giocare nel patio o nella strada.
Era una famiglia contadina da molte generazioni: i campi del nonno erano a poca distanza dal paese e tutti collaboravano nella raccolta degli ortaggi, anche la madre, seppur malvolentieri, si recava quasi ogni giorno nella campagna che desiderava non dover più calpestare. Le sarebbe piaciuto fuggire da quel paesino della costa catalana, ma a quei tempi le donne dovevano obbedire ai genitori, quindi dopo essersi sposata le toccò rimanere nella casa dei suoi antenati. Contando pure il nonno materno, erano in sei ad abitare in quella dimora, nonostante le modifiche subite negli ultimi anni, le sue grosse mura erano rimaste immutate dal settecento.
Ogni uno aveva i propri orari per recarsi nello stanzino verde, ma dopo cena c'era un lasso di tempo nel quale nessuno ci entrava; prima di andare a letto talvolta c'era la coda.
In quell' intervallo di tempo, mentre la madre lavava i piatti della cena e la sorella maggiore li asciugava, all'inizio entrambe ridendo e scherzando ma subito dopo discutendo e litigando, perché la sorella voleva sempre avere l'ultima parola, il fratello, due anni più piccolo di Delfina, giocava per terra con i suoi soldatini o ne faceva una delle sue nascosto in qualche angolino e il padre insieme al nonno erano appena usciti per andare a giocare a carte in un caffè vicino, lei scappava nello stanzino verde.
Una sera scrutando il cielo e guardando intensamente la luna, Delfina pensò per la prima volta ad un ragazzino che l' aveva colpita il giorno prima; era molto attratta da quell' esile bambino bruno che aveva visto per prima volta in chiesa e aveva scoperto che abitava nella parte opposta del paese. I suoi orizzonti piano piano cominciavano ad ampliarsi.
L'impagliatura della sedia dove appoggiavano le sue gambe era calda, ma l'aria notturna che entrava dalla la porta socchiusa era fredda.
Quelle sensazioni contrastanti stimolavano in lei il piacere di pensare alla sua vita presente e futura: caldo e freddo, felicità e dolore, allegria e tristezza.
Le stelle le ricordavano l'immensità di quel mondo che stava appena iniziando a scoprire.
Delfina dopo quella sera, durante la quale aveva letto del povero bambino trovato nel bosco, ogni volta che andava nello stanzino verde continuava a cercare ulteriori notizie sull'accaduto e così facendo i suoi occhi un giorno erano caduti sui annunci necrologi; quasi come per gioco cercava d'immaginare la storia di quelle donne e uomini defunti. Piangeva, non tanto per la morte di quelle persone sconosciute, bensì per quelle morti che sarebbero arrivate inesorabilmente dopo qualche anno nella sua famiglia. Mentre le lacrime scendevano sul suo viso, le gambe le tremavano dal freddo e le cosce a contatto con la sedia le irradiavano un po' di calore, rivolgeva il suo sguardo verso il cielo, chiedendo insistentemente a qualcuno, forse a quel Dio che tutti nominavano:
- Perque ens morim tots 3?
Poi immaginava delle storie nelle quali era lei stessa il personaggio principale, ma dopo l’attenzione si spostava su altri avvenimenti.
Il giorno prima il bambino bruno, elegantemente vestito che tanto le piaceva, si era  fermato a giocare con lei nella piazza di fronte la chiesa, mentre i suoi  parlavano col prete.
Entrambi i genitori del bambino erano maestri di una scuola che era stata all’avanguardia nell'epoca della seconda Repubblica. Nel periodo franquista era diventato un Istituto privato laico che doveva seguire le indicazioni del regime, ma che in parte cercava di conservare l'impronta pedagogica dell'inizio del secolo.
I maestri riferivano al prete che  un loro scolaro in lacrime aveva raccontato in classe che mentre attraversava un boschetto, per recarsi a scuola, aveva trovato il quaderno del loro compagno, che  era sparito da giorni.
Sul quaderno, in alcuni temi svolti dal bambino, si parlava delle grandi gentilezze, carezze e altre dimostrazioni di affetto a cui lui era soggetto da parte del mozo4, che lavorava nella tenuta agricola, di cui la famiglia era mezzadra.
Forse i maestri avrebbero potuto salvare quel bambino se avessero letto con attenzione il  quaderno, ma purtroppo dopo poco si venne a sapere che era stato ammazzato dal mozo, dopo aver abusato di lui.
Tutto il paese ne parlava. Delfina non capiva bene cosa significassero quella parole, abusare, ma doveva essere qualcosa di molto grave, dato che la madre si raccomandava a lei di non dare mai confidenza a nessuno, perché molte persone che sembrano gentili e buone nascondono, in realtà, il male.
-Perque algunes persones son tan dolentes5? allora si chiedeva.
Poi guardando le stelle pensava che il male non poteva convivere dentro tutte le persona, altrimenti come sarebbe mai potuto esistere quell’universo così bello?
Di nuovo la voce della madre risuonava nello oscuro cortile.
- Delfina, torna a la cuina.
La bambina lasciava tutti i suoi pensieri nello stanzino verde, spegneva la luce e ritornava nella calda cucina piena di voci e di vita.

1  Il corpo senza vita di un bambino di sette anni è stato trovato ieri in un boschetto da un contadino del luogo. Solo l’autopsia potrà accertare le cause della morte, ma il medico legale ha già riscontrato segni di violenza e di soffocamento sul corpo della giovane vittima. La polizia sta cercando il responsabile di tale atrocità.
2  Delfina  rientra in cucina
Perché tutti dobbiamo morire?
Bracciante e tutto fare nelle aziende agricole
Perché alcune persone sono così cattive?

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