mercoledì 31 ottobre 2012

Innamoramenti nella metropolitana













Era molto tempo che non ritornavo a Barcelona. Avevo voglia di rivedere la città dove avevo vissuto a metà degli anni settanta, mentre studiavo all'università. Ero seduta sul treno, che mi portava dall'aeroporto a una piccola città della costa settentrionale, dove abitava una mia cara amica, quando ho riconosciuto una coppia di anziani del mio paese natale, la quale si è sistemata accanto a me. Erano la vecchia llevadora1 e suo marito.
Abbiamo fatto il viaggio insieme, che inaspettatamente è diventato molto lungo per un guasto alla linea elettrificata. Seduta sul  consumato vagone guardavo le nuove periferie della città che quasi non riconoscevo e   ascoltavo, prima con svogliatezza e poi con molta attenzione, la voce della vecchia levatrice, che  raccontava brandelli della sua vita, mentre suo marito dormicchiava. Quella che più mi aveva  colpito era stata  la storia del loro innamoramento agli inizi degli anni '30 nella nuova metropolitana di Barcellona,  da poco inaugurata.
Erano anni difficili, era appena nata la seconda Repubblica, la giovane levatrice aveva finito la scuola di ostetricia, lui era arrivato dall'Andalusia da pochi giorni. Era ospite di un fratello, il quale si riteneva molto fortunato per aver trovato un lavoro come muratore nella periferia della città.
Nel vagone in cui la levatrice era seduta con un libro in mano, si erano guardati. Lei aveva pensato che era un bel ragazzo. Lui in piedi, guardando la ragazza col libro in mano, avrebbe dato qualsiasi cosa per farsi leggere un racconto da lei. Subito si rattristò e si vergognò al pensiero di non saper leggere.
Scesero entrambi nella stessa stazione, insieme a un fiume di persone frettolose.
Dopo qualche minuto si trovarono facendo la coda all'Ufficio di collocamento. La Generalitat2 aveva organizzato degli sportelli straordinari per accogliere la valanga di richieste di lavoro.
Vedendola che stava quasi per svenire a causa della calca,  le offrì un po' d'acqua. La fece anche sedere per terre in un angolino, lei tirò fuori dalla borsetta il suo abanico3 il cui fruscio ripetitivo, la rasserenò.
Poi  le diede uno spicchio d'arancia. Il profumo fresco del frutto impregnò la pelle delle loro mani e la loro vita.
Poi  raccontò alla  llevadora che al suo paese faceva il barbiere, ma disse che ormai rimanevano pochi abitanti, solo donne e anziani. Gli uomini erano tutti emigrati verso il Nord.
Allora lei gli spiegò che sarebbe voluta andare a lavorare in un ospedale, per poter aiutare le donne con parti difficili.
Quel giorno non riuscirono ad arrivare davanti allo sportello, ma furono felici lo stesso. Presero la metropolitana insieme e non si lasciarono mai più.
Dopo un po', stanca di aspettare che il treno partisse, anche la vecchia levatrice si era addormentata ed io mentre guardavo il paesaggio urbano immobile e cambiato,  ho ricodato  che  qualche anno prima, una sera mentre i  nostri figli, allora bambini, dormivano e U. seduto sul divano rosso, guardava la televisione o forse leggeva un libro, ho cominciato a scrivere un racconto epistolare sul nostro innamoramento.
La lettera era composta da tanti brevi scritti, come se fosse un diario, dove si mescolavano emozioni lontane e recenti.
Nel corso degli anni avevo  più volte cambiato computer, per questo avevo smarrito il documento che conteneva il racconto e l'unica copia cartacea rimasta doveva essere nascosta da qualche parte in soffitta.
Nella lettera perduta ricordavo a U. le sensazioni che avevo avuto il giorno che ci siamo incontrati.
Mi vedevo seduta ad un tavolino della terrazza del cafè Zurich della Plaça Catalunya di Barcelona. Era un pomeriggio di novembre, a metà degli anni settanta.
Ancora non avevo scoperto l'effetto benefico delle infusioni, quindi prendevo una cioccolata calda. Mentre afferravo la tazza con le due mani ho visto spuntare, in fondo alla fila di tavolini, la figura snella di U.
Pensai che sicuramente non lo avrei mai più rivisto, questa sensazione carica di nostalgia mi riportò il ricordo di un treno in lontananza che spariva nella notte.
Aspettavo delle amiche, le quali erano in ritardo. Appena mi sono alzata per andare a telefonare, ho visto la sua testa nera e riccioluta che si avvicinava al mio tavolino.
Era con un ragazzo moro, non tanto alto, anche lui italiano, un aspirante poeta, molto chiacchierone, che vendeva le sue poesie d' amore per pochi spiccioli.
Le mie amiche si sono sedute con noi, nuove sedie sono state aggiunte via via che arrivavano altre persone conosciute, formando così un bel gruppo, allegro e chiassoso. Seduto accanto a me c'era sempre lui, i suoi occhi vispi mi guardavano, il suo naso grande ed elegante inspirava lentamente gli odori nuovi di quella città, le sue labbra carnose, scandendo poche parole, mi hanno fatto capire, un po' in francese e un po' in italiano, che mi invitava a Firenze, dove abitava con altri studenti.
Da non rivederlo mai più ad essere accolta nella sua casa c'era una bella differenza, pensai.
Quella sera abbiamo preso tutti insieme la metropolitana.
Nel vagone, gremito di gente che tornava a casa dal lavoro, lui mi guardava intensamente mentre mi diceva Ciao. Pensavo che quella parola volesse indicare un saluto di addio e temevo che lui sarebbe sceso alla fermata successiva. Fui felice quando le porte si aprirono e lui rimase sorridente di fronte a me con il braccio alzato, appeso nella maniglia. Cominciava così il nostro innamoramento nella linea due della metropolitana di Barcellona.
Il treno cominciò a muoversi verso la costa settentrionale. I due vecchietti dormivano con le teste appoggiate una sull'altro. Col sguardo rivolto al finestrino pensavo a tutte quelle storie intrecciate e sentivo un gran benessere, perché mi vedevo seduta su un altro treno, quello che correva portando via le nostre vite. Quel treno  aveva percorso una lunga strada,  aveva  visto nuove terre,  aveva  permesso a  molte  persone di salire, altre erano scese, ma noi due eravamo ancora seduti insieme nel nostro vagone guardando, a volte con timore, altre con allegria, ma sempre con voglia di andare avanti, nuovi paesaggi.

1levatrice
2Il Governo della Catalogna
3Ventaglio

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