domenica 29 aprile 2012

Laura e le cipolle












L'altra sera mentre tagliavo una cipolla per il soffritto di un risotto agli asparagi che volevo preparare per cena, ho sentito scendere delle lacrime lungo il viso. Mentre piangevo ricordavo il giorno in cui la mia amica Laura mi portò delle cipolle.
I ricordi che affioravano lentamente appartenevano al 1995. Fino ad allora avevo lavorato a Firenze come insegnante di scienze naturali nella scuola superiore, ma in quegli anni ci furono dei tagli nel bilancio statale, con la conseguenza che dovetti lasciare la mia cattedra in città per andare a insegnare nel Mugello.
Ho subito fatto amicizia con alcuni colleghi pendolari come me. Tutte le mattine ci trovavamo in un punto di Via Faentina, dove, sotto un grande albero, lasciavamo parcheggiate le auto. Poi salivamo tutti su un'unica macchina che, a rotazione, ciascuno di noi metteva a disposizione degli altri. Ogni giorno percorrevamo la strada da Firenze a Borgo San Lorenzo, spesso chiacchierando e ridendo e, nonostante la levataccia, quei viaggi mi piacevano. Giorgio, il professore poeta, era sempre malinconico, ma grazie a lui ho apprezzato l'intensità dei colori delle campagne autunnali che attraversavamo.
Due volte la settimana cominciavo le lezioni alle dieci e mi trovavo a viaggiare solo con Laura, che, ogni mercoledì, prendeva la macchina; in quei giorni mi alzavo contenta perché mi piaceva percorrere la strada con lei. Aveva qualche anno più di me, un figlio adulto, un marito innamorato e una gran passione per la storia e la filosofia, materie che insegnava nel nostro Liceo. La macchina di Laura era vecchia ma robusta, la sua guida era rilassante, in quell'abitacolo caldo ci siamo raccontate brandelli della nostra vita. Laura era molto premurosa, spesso mi portava, per le mie esperienze di laboratorio, cipolle e limoni ammuffiti.
Ricordo una volta, mentre guidavo la mia piccola utilitaria bianca Laura mi  mostrò il mazzo di cipolle fresche che mi aveva portato e mi disse che le sarebbe piaciuto che la sua vita fosse come una pianta di cipolla. Avrebbe desiderato avere una tenera parte esterna a contatto con le altre persone e una consistente e stratificata zona interiore che perdurasse nel tempo.
Quel giorno le cipolline di Laura mi portarono fortuna. Era la prima volta che in laboratorio facevo osservare le cellule dell'epitelio della cipolla al microscopio. I miei alunni presero con le pinze un pezzettino del sottile velo bianco posto tra due strati del bulbo e dopo averlo sistemato al microscopio rimasero affascinati dalla nitida visione delle cellule, che sembravano dei mattoncini attaccati uno all'altro. Anch'io ero emozionata pensando a quelle cellule quiescenti, che erano ancora in grado di collaborare  fra loro per far rivivere tutta la pianta.
L' associazione delle parole cipolla e vita l'avevo già sentito da piccola, quando un giorno mia madre regalò ad Anita, la llevadora1  , la quale  era venuta  a casa nostra a farle una puntura, un manat de cebas 2.
Anita era così contenta che cominciò ad elencare con enfasi tutte le proprietà delle cipolle. Dopo ci raccontò la storia di quel bulbo, che aveva sfamato e salvato la vita a tanta povera gente. Mentre andava via estrasse un libricino dalla sua borsa e si mise a leggere la prima strofa della poesia di Miguel Hernandez “nanas de cebolla”3
La cebolla es escarcha
cerrada y pobre.
Escarcha de tus días
y de mis noches.
Hambre y cebolla,
hielo negro y escarcha
grande y redonda.
4
Mi sono asciugata le lacrime e ho finito di preparare la cena. Quella sera eravamo mio marito ed io da soli, dato che i nostri figli ventenni erano, una a Madrid a studiare e l'altro in palestra. Mentre  mangiavamo il  risotto agli asparagi  e sorsegiavamo un buon vino ho iniziato a raccontargli la storia delle cipolle di Laura  e  lui  subito ha cominciato a ridere perchè si era ricordato del giorno in cui Laura chiamò  e non essendo io in casa  gli domando:

 -  Avete bisogno di limoni ammuffiti?  C'e ne ho diversi in frigo. Ve li posso portare.
La risata di lui mi contagiò e ho sentito scendere di nuovo le lacrime sul viso.
1 La levatrice
2 Un mazzo di cipolle
3 Nina nana di cipolla
4 La cipolla è brina, chiusa e povera. Brina dei tuoi giorni e delle mie notti. Fame e cipolla, ghiaccio nero e brina grande e rotonda.







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